Prima lo spianatoio, poi il coltello, sino alla fine

Una morte atroce per una donna che non voleva più saperne di quella relazione malata. Il delitto si è consumato davanti al figlioletto di sei mesi poi preso in custodia dai poliziotti. Il presunto assassino, dopo l’ennesimo alterco, avrebbe ucciso la compagna perchè la donna non gli avrebbe permesso di tenere in braccio il bimbo. Proseguono gli accertamenti.

Rimini – “…Adesso non potrà più parlare male di me…”. Cosi avrebbe gridato l’uomo dopo avere ammazzato la compagna con una cinquantina di fendenti sferrati con un coltello da cucina dopo averla tramortita con 17 colpi di mattarello. L’omicidio si sarebbe consumato davanti agli occhi terrorizzati del figlioletto di sei mesi poi affidato ad una casa-famiglia.

Simone Vultaggio con il volto insanguinato

Il grave fatto di sangue è accaduto lo sorso 25 giugno, intorno alle 9 del mattino, in via Rastelli 6, poco distante dal lungomare di Rimini. Sul pavimento della camera da letto i poliziotti della Squadra Mobile hanno ritrovato, in un lago di sangue e avvolta da un lenzuolo, Cristina Peroni, 33 anni, romana, massacrata sul volto, collo e corpo da decine di coltellate e colpi di mattarello.

A ridurla cosi i colpi sferrati con estrema violenza dal compagno Simone Benedetto Vultaggio, di 47 anni, operaio in un mobilificio di San Marino. L’uomo, rimasto accanto al figlio avuto dalla vittima, si è consegnato agli agenti che lo hanno subito trasferito in questura dove, al primo interrogatorio, si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Gli stessi poliziotti si prendevano cura del bambino, ancora impaurito, accertandosi che le sue condizioni di salute fossero buone. I due si erano conosciuti su un sito di incontri virtuali durante il lockdown pandemico circa un anno e mezzo fa.

Il cadavere della vittima viene trasferito in obitorio

Dopo il parto fra Cristina e Simone pare fossero sorti gravi problemi di relazione che il presunto assassino avrebbe addebitato alla donna “colpevole” di non fargli accudire il figlio come avrebbe voluto. Tre mesi prima della tragedia la donna era ritornata a Roma dove alloggiava in casa di parenti.

Simone però l’avrebbe convinta a tornare in casa per non stare distante dal piccolo e Cristina, una settimana prima di morire, aveva ceduto alle pressanti richieste del convivente. Fra i due però erano scoppiati di nuovo i litigi e sempre per lo stesso motivo, almeno cosi pare:

”… Il bambino piangeva – avrebbe raccontato Simone Vultaggio – ed io volevo prenderlo in braccio ma lei non ha voluto. Voglio vedere mio figlio… Voglio sapere come sta. Non ricordo altro…”.

La Squadra Mobile sotto casa del presunto assassino in via Rastelli 6 a Rimini

Pare che proprio al rifiuto della donna Vultaggio avrebbe afferrato un matterello con il quale avrebbe colpito la donna più volte per stordirla. Poi nelle sue mani si sarebbe materializzato un affilato coltello da filetto con il quale avrebbe sferrato alla donna una cinquantina di fendenti. Cristina, che avrebbe tentato inutilmente di difendersi, si sarebbe accasciata sul pavimento con la gola squarciata dalle coltellate e con il cranio fracassato dai terribili colpi di spianatoio.

Vultaggio, difeso dall’avvocato Alessandro Buzzoni, non ricorda però le fasi salienti del femminicidio addossando la colpa ai tranquillanti che prende per curare la sua insonnia. Ma i gravi indizi di colpevolezza e le parziali conferme del presunto assassino avrebbero convinto il Pm Luca Bertuzzi a formulare per l’uomo l’ipotesi di omicidio volontario aggravato con la richiesta della convalida del fermo e della permanenza in carcere, entrambi ottenuti dal Gip.

L’operaio, incensurato, pare fosse in cura da uno psicologo e seguito dal locale servizio di Igiene mentale. I suoi colleghi di lavoro lo definiscono come un uomo taciturno, riservato e che non si fidava di nessuno. Nel 2008 Vultaggio avrebbe subìto un’aggressione da parte di un buttafuori di un locale notturno ubicato sulla costa della nota località balneare.

Femminicidi 2022: una vittima ogni tre giorni

Sembra anche che il presunto assassino fosse titolare di porto d’armi, ora scaduto, e proprietario di alcune pistole che poi avrebbe ceduto. I vicini di casa avrebbero riferito agli inquirenti della vita travagliata della coppia che non faceva altro che litigare e l’intenzione di Cristina di chiudere quella relazione sentimentale ormai malata cronica:

“…Lui l’aveva aggredita e picchiata più volte – hanno raccontato alcuni vicini di casa – anche quando era incinta…Il giorno dell’omicidio, uscendo di casa con il volto ancora sporco di sangue, aveva gridato contro di noi: mio figlio sta bene e ora lei non potrà più parlare male di me…”.

Cristina pare non avesse mai sporto denuncia decidendo di andarsene per sempre. Non immaginava come.

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