L’arretratezza economica del Mezzogiorno d’Italia è un dato di fatto atavico. Risale alla notte dei tempi, all’Unità d’Italia. Ora il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, di cui si parla ad ogni piè sospinto, spesso a vanvera, potrebbe essere un’occasione di rilancio. Ma sarà vera ripartenza?
Roma – Il PNRR, per chi non lo sapesse, è un documento in cui ogni Stato membro dell’Unione Europea illustra come intende utilizzare i fondi europei del Next Generation Eu. Ovvero quelle risorse finanziarie per lo sviluppo sostenibile e il rilancio dell’economia europea concesse dopo i disastri della pandemia.
Sviluppo sostenibile, rilancio dell’economia e transizione ecologica sono concetti entrati di prepotenza nel linguaggio mediatico, tanto da trasformarsi in refrain ripetuti a menadito da chiunque faccia dichiarazioni pubbliche. Finendo con lo svuotarli di ogni significato. Il Mezzogiorno e i rischi connessi alla realizzazione del PNRR, il ruolo del partenariato economico, sociale e territoriale, sono stati i temi del convegno, a cura di Confcommercio tenutosi a Bari, presso il Centro Congressi della Fiera del Levante.
Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, la più grande rappresentanza d’impresa in Italia, ha aperto l’incontro con un intervento significativo.
“…PNRR e sviluppo del Mezzogiorno – ha affermato Sangalli – sono talmente connessi che il successo del primo dipende dal secondo e viceversa. Se non riparte il Mezzogiorno non riparte il Paese, e il PNRR rischia di rimanere una lista di desiderata…”.
Secondo i dati a disposizione dell’Ufficio Studi di Confcommercio la decadenza del Sud è di tipo strutturale. Se guardiamo al decennio 1996-2007, il Pil era cresciuto più della media nazionale. Per poi crollare negli anni successivi, fino a raggiungere uno scarto di sei decimi di punto rispetto al Nord del Paese. In tempi recenti le conseguenze economiche della pandemia sono stati più devastanti nel Centro-Nord, perché più popolato da attività produttive che hanno subito lo stop per contenere il virus.
Confcommercio ritiene che per il Sud occorra valorizzare i punti di forza del territorio come il turismo, l’enogastronomia e i beni culturali, tutte risorse inestimabili. Per attuare questi propositi è necessario utilizzare con efficacia sia gli investimenti statali che quelli europei, ottimizzare il capitale umano e produttivo, investendo su giovani e imprese locali
Secondo gli esperti sono stati tre i fattori determinanti per il divario del Mezzogiorno. Questi sarebbero la produttività del lavoro e il tasso di occupazione, molto più alti al Nord, e il calo demografico. Il Nord ha visto un incremento del 9,3% in quanto a popolazione, mentre il Sud è sceso del 2%. È chiaro che se il lavoro latita, ci si sposta per cercarlo. Un fenomeno questo che impoverisce ancora di più il Mezzogiorno, a cui viene sottratto il cosiddetto capitale umano, costretto a dirigersi al Nord Italia all’estero.
Senza dubbio l’Italia di oggi è un Paese differente da quello precedente alla pandemia. Per molti aspetti più povero, più debole, più diviso tra territori, generazioni e ceti sociali. Non poteva essere altrimenti, vista la serquenza di crisi di ogni tipo che prosegue ormai da anni.
Una situazione come questa avrebbe bisogno di una classe politica lungimirante, di istituzioni locali all’altezza dell’arduo compito e di una società civile stimolata e non dormiente. La cronaca ci suggerisce che protagonisti di primo piano adeguati alla bisogna scarseggiano. Calano le tenebre. Si preannuncia una notte fonda!