Pandemia o no le mamme di bambini piccoli hanno pagato il maggiore scotto alla disoccupazione. Lo ha detto anche Mario Draghi alle imprese: assumete più donne e giovani. Un imperativo categorico che non deve cadere nel vuoto. Siamo messi male rispetto alla media europea e il futuro non è affatto roseo.
Roma – Non si tratta di una gara di atletica leggera in preparazione delle prossime olimpiadi di Tokio, né di esibizioni circensi. Ma è il rapporto, dall’eloquente titolo “Le Equilibriste” presentato in occasione della festa della mamma il 10 maggio scorso da Save The Children, da cui emergono le difficoltà delle donne italiane, soprattutto delle mamme di figli piccoli.
L’opinione pubblica ha avuto modo, nel tempo, di apprezzare le meritorie iniziative di Save the Children, una ONG (Organizzazione Non Governativa) con status consultivo presso il Consiglio Economico e Sociale dell’ONU.
La sua mission è la tutela e la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza a partire dalle esigenze e aspirazioni delle comunità locali.
Per raggiungere l’obiettivo esercita influenza sulle autorità politiche ed istituzionali per porre al centro delle loro politiche i diritti dei minori adottando un approccio fondato sulla Convenzione ONU riguardante i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata dall’Italia nel 1991.
Cosa è emerso dal rapporto? Niente di veramente eclatante soltanto dati che hanno confermato situazioni constatabili da qualsiasi comune cittadino.
Chi non è a conoscenza nelle sue vicinanze o, peggio, nella propria famiglia di donne che hanno perso il lavoro durante la pandemia, con figli neonati o poco più grandi sulle proprie spalle? Solo che quando si conoscono i numeri generali del fenomeno, non si può che rimanere disorientati.
Nell’anno della pandemia le donne con figli minori sono state le più penalizzate: su 249mila che hanno perso il lavoro, ben 96mila hanno figli di età inferiore ai 5 anni in ragione di 4 donne su 5.
Dal rapporto emerge, dunque, il percorso ad ostacoli che sono costrette a fare le donne italiane: sono le meno giovani ad avere il primo figlio in Europa (31,3 anni), in un Paese dove il tasso di natalità ha raggiunto la non invidiabile percentuale di -3,8%.
Inoltre, aumenta il divario di genere tra occupati: papà all’87,8% e mamme al 57% e si acuisce il divario Nord-Sud: Trento e Bolzano in testa, Campania e Calabria in coda.
Save the Children, con l’intento di offrire un servizio di supporto per persone in difficoltà, ha attivato una help-chat sul suo sito, un servizio di sostegno, informazione e orientamento rivolto alle future neo mamme ed ai futuri neo papà.
Lodevole iniziativa che, in questo particolare momento di emergenza sanitaria in cui si sono amplificate timore e incertezza, potrà bene indirizzare chi chiede aiuto.
Tuttavia è il contesto generale a preoccupare non poco, perché non ci è piovuto addosso dal cielo con intenti punitivi ma è il frutto di precise scelte politiche. Urge, dunque, una seria politica per la famiglia, soprattutto per mamme single ed in difficoltà.
La Commissione Europea ha indicato come obiettivo minimo entro il 2030 per ciascun Paese membro almeno di dimezzare il divario di genere a livello occupazionale rispetto al 2019.
Una prova molto complicata da sostenere per l’Italia già prima della pandemia e che, nella situazione in cui siamo, rappresenta una vera e propria chimera.