Purché si punti sull’occupazione in maniera seria dunque con investimenti e detassazioni per le imprese che intendono assumere lavoratori. Il nostro tasso di disoccupazione è fra i più alti d’Europa e i più colpiti sono i giovani e le donne. Lo slogan in voga negli anni ’70 non è altro che uno degli obiettivi previsti dall’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile Onu 2030. Il programma d’azione per le persone, il Pianeta e la prosperità, sottoscritto nel settembre 2015 dai Governi dai 193 Paesi membri.
Roma _ I numeri affermano che nel nostro Bel Paese il tasso di disoccupazione è tra i più alti dei Paesi europei. La cronaca degli ultimi tempi non fa che raccontarci situazioni di crisi occupazionale un po’ su tutto il territorio nazionale, con livelli più elevati nel Mezzogiorno. Ed anche questa non è una novità. Come non lo è, purtroppo, il fatto che a subirne le peggiori conseguenze sono i giovani e le donne.
Secondo le statistiche, nel luglio scorso, lavoravano con contratto regolare 6 persone su 10 tra i 15 e i 64 anni. Un aspetto molto interessante riguarda quello di considerare il tempo effettivo dedicato al lavoro e quante ore si lavora in media in Europa e nel mondo. L’indagine è stata effettuata dall’OCSE, Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.
Ebbene i dati ci informano che in Italia la media di ore lavorate nel 2020 è stata 1.558,7 annue, valutando sia i contratti full-time che part-time. La pandemia ha recitato un ruolo decisivo nel decremento rispetto al 2019, in cui le ore lavorate annue erano 1.714,7.
Confrontando le ultime tre crisi, quella finanziaria del 2009, quella del debito anni 2011-2014 e la recente della pandemia, l’Italia mediamente ha perso 250 ore lavorate. Nel 2008 si raggiungevano in media oltre 1.800 ore a persona.
A livello mondiale, al primo posto nel 2020 si è piazzato il Messico con una media ore lavorate all’anno di 2.124. Ma una certa vulgata giornalistica non ha rappresentato il messicano con sombrero in testa, intento a prepararsi alla siesta, della serie “voglia di lavorare saltami addosso“? Poi a seguire altri Paesi, tra cui Costa Rica e Corea del Sud.
Se si fa il confronto all’interno dell’Unione Europea, anche qui emergono molte sorprese. Il dato del 2020 riscontrato in Italia, 1.558,7 ore lavorate annue è superiore alla media delle 27 nazioni dell’UE, che si è fermata a 1.513 ore annue. In una classifica delle nazioni con meno ore lavorate ai primi posti troviamo la Norvegia, Danimarca e Germania.
Il dovere di cronaca ci impone di sottolineare che la media annuale delle ore lavorate è definita come il numero totale di ore effettivamente lavorate per anno diviso per il numero medio di persone occupate per anno.
Riguardano sia i lavoratori dipendenti che autonomi. E’ escluso dal conteggio il tempo non lavorato per festività, congedi, malattia, infortunio e inabilita, scuola o formazione e lavoro sospeso per motivi tecnici o economici.
C’è un aspetto che merita di essere preso in considerazione. Ovvero che i Paesi con un più basso numero di ore lavorate all’anno per occupati, a parte la collocazione geografica al centro nord dell’Europa, sono anche quelli con un Prodotto Interno Lordo più elevato e con un tasso di disoccupazione inferiore.
Inoltre con welfare state all’altezza delle esigenze della classe lavoratrice. Infine stando ai numeri lavorare meno ore aiuta a far lavorare più lavoratori e la ricchezza prodotta sembra non risentirne, anzi!
Dunque il famoso slogan degli anni ’70 “Lavorare meno, lavorare tutti“, è una possibilità molto concreta per offrire una possibile soluzione ad una grande e ingiusta disuguaglianza: la mancanza di un lavoro dignitoso e sicuro.
Quindi non uno slogan sopravvissuto agli anni ’70 del secolo scorso di qualche nostalgico estremista rivoluzionario, ma un obiettivo posto al numero 8 dell’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile ONU 2030. Ovvero il famoso programma d’azione per le persone, il Pianeta e la prosperità, sottoscritto nel settembre 2015 dai Governi dei 193 Paesi membri dell’ONU.