Continuiamo il nostro itinerario investigativo sulla scena del crimine. Parleremo ancora di esame autoptico rilevando l’estrema importanza della figura dell’anatomopatologo e, soprattutto, della sua analisi del cadavere.
IIa parte autopsia – Linee guida e sopralluogo
Nella puntata precedente ci siamo focalizzati sulle competenze che dovrebbero albergare nell’anatomopatologo o medico legale, ai fini di sostenere l’impianto d’indagine da parte della magistratura inquirente. La Medicina Legale mantiene intatta la vocazione originaria giuridico-forense e da sempre ha un forte e tradizionale rapporto con l’amministrazione della giustizia, coltivando lo studio del cadavere e conservando la propria fisionomia di “medicina del delitto”.
Ecco perché l’indagine medico-legale (evidence-based legal medicine) presuppone ormai una severa mentalità scientifica, cioè un’attitudine alla percezione del rilievo giuridico e giudiziario del fatto biologico e non più il mero esercizio interpretativo, anche se è garanzia l’eventuale eccellenza dell’interprete, riguardo la semplice origine del decesso.
E’ dunque la capacità di inquadramento delle oggettività dell’evento delittuoso con lo scopo di rendere evidente il significato probatorio delle evidenze non come avviene invece in clinica, riguardo la diagnostica, bensì per l’ambito giudiziario. Ne è conseguita dunque la necessità di una “metodologia” specifica inerente la tecnica autoptica, alla ricerca di dette evidenze probatorie.
Sottolineo questo aspetto poiché mi è accaduto di esaminare referti autoptici ove il protocollo seguito dal medico legale, benché seguito in forma mediamente diligente, ricalcava pesantemente il protocollo esperienziale standard, per intenderci quello regolato dall’attitudine diagnostica, laddove invece il focus avrebbe dovuto concentrarsi specificamente sulla dinamica precedente all’exitus.
Una relazione autoptica è composta solitamente da decine di pagine corredate da fotografie e via dicendo, ove c’è il rischio che elementi che potrebbero in Aula di Giustizia diventare essenziali, ossia in corso di dibattimento, quali ad esempio un apparente semplice graffio, scivolino in secondo piano rispetto al quadro generale del decesso.
Un graffio ha le sue dimensioni, ha una sua forma specifica, ha un suo “spessore” e una sua profondità, ha una sua localizzazione sul corpo della vittima, possiede una sua direzione e un verso (da un punto ad un altro o viceversa), ha una sua “età”. Da un semplice graffio si dovrebbe poter dedurre il mezzo che l’ha provocata, la direzione dell’ipotetico offensore (un cane o un gatto, unghie umane, un arbusto spinoso), il quando e il perché.
Voglio dire che se il consulente degli organi inquirenti, cui è deputata l’autopsia, liquida un apparente semplice graffio con la prima cosa che gli viene in testa (o è guidato dal Quesito del PM, vedi mio precedente articolo su Il Giornale Popolare) e già si sente soddisfatto, ad esempio scrive “unghiatura” anziché “unghiatura di cane” o “graffio indotto da un arbusto”, questo benedetto graffio o scompare dal ragionamento complessivo del magistrato o risulta fuorviante ai fini dell’indagine e del successivo dibattimento. Quel graffio, non ben valutato, potrà successivamente, anche inconsapevolmente, essere attribuito ad un soggetto rispetto ad un altro.
Ecco perché è fondamentale l’armonizzazione delle tecniche autoptiche all’obiettivo specifico e, a livello europeo, si sta puntando ad un nuovo quadro protocollare che si lasci definitivamente dietro le spalle la “precaria intuizione” o il semplice “criterio esperienziale“.
E’ obbligatorio quindi fare riferimento alle “linee guida” edite dal Consiglio d’Europa, in materia di autopsia giudiziaria, al fine di perseguire una “maggiore uniformità delle metodologie settoriali e dei verbali autoptici”.
Alla base c’è la seguente definizione: si intende per autopsia “l’esame dettagliato di un cadavere praticato da uno o più medici legali al fine di determinare la causa e le circostanze del decesso e/o ogni altra condizione suscettibile di avervi contribuito nonché, in particolari casi, al fine di stabilire l’identità del defunto”.
Il Consiglio d’Europa intende con questo “…Garantire in ogni Paese aderente la realizzazione uniforme di autopsie complete e minuziose, di assicurare la rapida trasmissione di rapporti organici ed omogenei da Paese a Paese anche per evitare la triste pratica della ripetizione dell’autopsia, di alimentare severi studi epidemiologici e statistici, di facilitare l’identificazione personale nel quadro di una collaborazione internazionale, di proteggere, con la prevenzione, i diritti fondamentali, civili e politici della persona…”.
… continua …