Dopo la morte atroce della ragazzina indagini e processo subiranno lungaggini, depistaggi e aggiustamenti ma pagheranno con l’ergastolo solo i due autori materiali del delitto, che comunque hanno goduto di benefici. Gli altri, magistrati compresi, la faranno franca. Tutto questo grazie all’intervento di Chi l’ha Visto che ha permesso di “spingere” sino alla verità. Ma si poteva fare di più, in nome di quella giustizia che dicono sia uguale per tutti.
Messina – Graziella Campagna nasce a Saponara, un piccolo paese in provincia di Messina, il 13 luglio del 1968. La sua è una famiglia numerosa, sono in sette tra fratelli e sorelle. Graziella abbandona presto gli studi per poter aiutare economicamente la famiglia.
La ragazza, appena diciassettenne, trova lavoro come aiuto lavandaia nella vicina Villafranca Tirrena. La paga è misera, solo 150.000 lire al mese. Lei accetta, perché la famiglia ha bisogno anche di quei pochi soldi per campare.
Dopo alcuni mesi di lavoro Graziella è intenta a raccogliere gli indumenti dei clienti per metterli in lavatrice. Dalla tasca di una camicia cade sul pavimento una carta d’identità. Quella camicia è di un assiduo cliente della lavanderia, tale ingegner Cannata.
Quello però è solo un nome posticcio. In realtà quell’uomo si chiama Gerlando Alberti junior, il nipote latitante del boss della mafia siciliana Gerlando Alberti che anni prima il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa aveva assicurato alla giustizia. Quel documento caduto per terra costerà la vita alla povera Graziella, colpevole di aver visto o meno le generalità e il volto di quel killer infame e senza scrupoli.
Uno dei fratelli di Graziella Campagna, Piero, fa il carabiniere e questo spaventa non poco Alberti e i suoi sodali latitanti. Il 12 dicembre 1985 la ragazzina, appena uscita dal negozio, si ferma ad aspettare l’autobus per rientrare a casa. La giovane scomparirà di li a poco, rapita dai suoi assassini, e non tornerà mai più in famiglia.
Inizialmente si pensa a una “fuitina” ma 2 giorni dopo il suo cadavere, sfigurato da 5 colpi di lupara, verrà ritrovato a Forte Campone, vicino Villafranca Tirrena. Le successive indagini, come lo stesso processo, proseguiranno a rilento e con fasi alterne.
Gerlando Alberti e il suo guardaspalle Giovanni Sutera verranno arrestati perché ritenuti i responsabili dell’omicidio. I due pregiudicati siederanno sul banco degli imputati nel 1988. Nel 1990 il giudice Marcello Mondello ritenne assai debole il movente che gravava su Alberti. In poche parole, secondo il magistrato, Alberti poteva non aver ucciso la ragazza sol perché quest’ultima era venuta a conoscenza della sua vera identità. Chissà perché allora l’avrebbe massacrata a fucilate con il suo complice?
Sei anni dopo, nel 1996, la trasmissione “Chi l’ha visto” riporterà il caso alla ribalta delle cronache. Contestualmente verranno indagati per favoreggiamento Franca Federico, titolare della lavanderia, suo marito, Francesco Romano, sua cognata Agata Cannistrà e suo fratello Giuseppe Federico.
Solo nel 2014 si arriverà alla condanna all’ergastolo di Alberti e Sutera mentre a Federico e Cannistrà verranno inflitti 2 anni di reclusione mentre gli altri due imputati verranno prosciolti.
Il 18 marzo 2009 la Corte di Cassazione respingerà il ricorso dei due imputati e confermerà la condanna definitiva all’ergastolo.
Piero Campagna non nasconde dolore e amarezza a trentasei anni, oggi, dal barbaro omicidio.
- Chi era Graziella Campagna, quali erano i suoi sogni?
“…Mia sorella era una ragazzina dolce – racconta il fratello – era timida, riservata, non aveva grilli per la testa ed era molto legata alla sua famiglia. Aveva scelto di non continuare gli studi per contribuire al bilancio familiare, dal momento che la nostra era una famiglia numerosa e i nostri genitori facevano immensi sacrifici per portarla avanti…
…si era trovata un lavoro a Villafranca Tirrena presso una lavanderia. Graziella alla fine della giornata aiutava, così come le altre sorelle, la mamma nelle faccende domestiche. Tutto il suo tempo libero lo dedicava alla nipotina di pochi mesi e alla sua passione per il ricamo tant’è che stava per completare il corredo per un futuro matrimonio, unico sogno della sua vita…”.
- Come è cambiata la sua vita e quella della sua famiglia dopo la morte di sua sorella?
“…Quel 12 dicembre del 1985, quando quei maledetti assassini e i loro protettori hanno ucciso Graziella – aggiunge Campagna – hanno distrutto completamente la mia famiglia. C’è crollato il mondo addosso, la nostra vita è stata completamente stravolta e non è più stata quella di prima. Mai avremmo potuto immaginare che ci accadesse una cosa del genere…
…Saponara è un paese molto tranquillo e di brava gente, l’omicidio di mia sorella ha sconvolto tutta la comunità del paese e dintorni. La mia famiglia da allora vive nel terrore ed è rimasta scossa, colpita dal segno della mafia. Graziella ci manca tanto e nonostante siano trascorsi 36 anni è come se fosse successo ieri…”.
- Sua sorella è stata una vittima innocente. Che cosa rappresenta per lei la mafia?
“…Graziella oltre a essere una vittima innocente della mafia è stata anche vittima della mala giustizia – aggiunge Campagna – un primo processo aggiustato e un secondo processo, durato più della sua vita, zeppo di depistaggi e omissioni. Cos’è per me la mafia? Intanto i mafiosi non sono niente, non danno nessun valore alla vita dunque non contano nulla. Sono morti che camminano senza alcuna speranza tranne che cambino condotta con il pentimento e la collaborazione con la giustizia ammettendo le loro colpe, unitamente ai loro complici…
…Nel caso di mia sorella i fiancheggiatori non sono stati puniti. Alcuni sostengono che la mafia abbia un codice d’onore ma questa è un’enorme falsità dimostrata dall’efferatezza dei crimini commessi nei confronti di bambini e adulti, uomini e donne. La cultura mafiosa proviene dal male invisibile che ci circonda, si sente nell’aria, acceca le menti e coinvolge persone di ogni risma. Entra nella politica, nelle istituzioni, nei tribunali, nella Chiesa, nella sanità, nello sport, nello spettacolo, nelle scuole. La mafia non è altro che il male che ci circonda e se non si conosce possiamo facilmente esserne influenzati…
…Cosa Nostra non potrà mai essere sconfitta dall’uomo, che può solo contrastarla schierandosi dalla parte della legalità. Possiamo invece essere certi che a breve la mafia sarà annientata e la certezza la troviamo nelle sacre scritture al capitolo 2 del libro del profeta Daniele, al versetto 44, che recita che la mafia sarà completamente distrutta insieme a quelli che ne fanno parte. Non lo dico io ma è scritturale, l’uomo mente il Creatore no. Nella vita bisogna fare una scelta: Gesù o Barabba. Dobbiamo scegliere da quale parte stare e attendere con pazienza. Impariamo dal primo uomo antimafia che è Gesù Cristo…”.
- Lei ha condotto un‘inchiesta privata e parallela per scoprire gli autori dell’atroce delitto. Se lei non fosse stato un carabiniere si sarebbe arrivati lo stesso alla verità?
“…Io, da fratello di Graziella e da carabiniere, allora in servizio, avevo tutto l’interesse a far emergere la verità e a collaborare con i miei colleghi – evidenzia Campagna – tutto quello che facevo lo riferivo puntualmente al comandante della stazione di Villafranca. Tra l’altro ho consegnato un’audio cassetta che conteneva notizie che davano un importante contributo alle indagini ma questa cassetta non è stata mai depositata in tribunale. Fortunatamente avevo conservato l’originale e nel momento in cui si è riaperto il processo l’ho depositata…
…Grazie a questa registrazione audio si è arrivati a scoprire elementi di rilievo che hanno poi portato alla condanna dei due assassini. È certo che a portare avanti la verità è stato l’avvocato Fabio Repici, senza il suo determinante contributo ogni prova da me raccolta sarebbe stata vana. Senza di lui non sarebbe emersa la verità e non sarebbe esistito un processo, un avvocato unico che nell’iter giudiziario della vicenda ha messo grande passione, impegno e lacrime. Grazie a Fabio Repici Graziella ha ottenuto giustizia...”.
- Giustizia giusta dunque per Graziella Campagna?
“…Graziella ha avuto giustizia solo in parte – continua il fratello Piero – perché sono stati condannati solo i due latitanti. Che fine hanno fatto coloro che proteggevano la loro latitanza? Non ha pagato nessuno. Non ha pagato l’imprenditore, non hanno pagato i magistrati che hanno aggiustato il processo. Gli errori sono stati tanti, non dimentichiamo che Alberti e Sutera, condannati in via definitiva, più volte sono usciti di prigione ottenendo benefici immeritati…
…Mi chiedo come possa il tribunale di Sorveglianza di Firenze mandare in libertà condizionale il carnefice di mia sorella senza che avesse mai collaborato con la giustizia, mai mostrato pentimento, mai saldato il suo debito con lo Stato. Eppure era libero da 4 anni e sarebbe bastato ancora un altro anno per far decadere tutti i reati. Grazie a un lavoro svolto dai colleghi di Firenze è stato arrestato ma la cosa più sconcertante è che per revocare quella libertà condizionale ci siamo dovuti rivolgere alla Rai. Un paradosso! Un cittadino non deve chiedere aiuto alle Tv per ottenere giustizia. Comunque se la giustizia terrena è imperfetta non lo è quella divina…”.
- C’è stato un momento in cui lei ha pensato di arrendersi o di farsi giustizia da solo?
“…Effettivamente c’è stato un momento in cui mi sono arreso – chiarisce Piero Campagna – è stato quando avevano insabbiato il primo processo e ci eravamo trovati un muro di cemento armato di fronte e avevamo perso le speranze. È chiaro che l’idea della vendetta mi ha sfiorato più volte, sfido chiunque si sia trovato nelle mie condizioni. Grazie a Dio indossavo una divisa e provenivo da una famiglia di sani principi e non potevo infangarla e in ogni caso non era il modo giusto per ottenere giustizia…
…Grazie all’affetto e al calore dei miei familiari ho trovato la forza di evitare di commettere un errore. La vendetta è di Dio, non appartiene all’uomo. Dobbiamo schierarci sempre alla parte della legalità e non dalla parte della mafia. Anche se lenta la giustizia terrena prima o poi arriva…”.
- Come sarebbe Graziella se oggi fosse qui con noi?
“…Se a Graziella non avessero spezzato la vita sicuramente oggi avrebbe avuto una bellissima famiglia – conclude Piero Campagna – sarebbe diventata un’ottima madre, un’ottima moglie, ma questo non gli è stato permesso. Con quale diritto le hanno tolto la vita? Eppure i suoi assassini hanno ottenuto diversi benefici dallo stato, vantaggi che non meritavano dal momento che non si sono mai pentiti e non hanno mai collaborato con la giustizia. Mi auguro che marciscano in galera. Se vogliono ottenere il perdono e la scarcerazione debbono collaborare con la giustizia e pentirsi realmente altrimenti che rimangano in prigione…”.