Una società senza giovani è come una pianta senza linfa vitale. Però dobbiamo assicurare loro un futuro concreto spazzando via tutti gli ostacoli che hanno dovuto sopportare sino ad oggi. E certi vecchi dovrebbero farsi da parte, in tutti i settori, l’epoca dei baroni è finita.
Roma – Qualche settimana fa si sono tenuti i primi Stati Generali della natalità, un convegno organizzato dal Forum delle associazioni famigliari. Tra i relatori principali Mario Draghi e Papa Francesco. E’ stato un profluvio di parole, molte scontate, alcune interessanti.
Si è parlato dell’importanza della famiglia come nucleo fondante della società, della difficoltà di rimuovere gli ostacoli, materiali ed economici, che impediscono ai cittadini di avere figli, della scarsa tutela della figura femminile costretta a scegliere tra famiglia e lavoro.
E’ assodato, ormai, come il declino demografico iniziato da un decennio si sia acuito con la pandemia. E’ stato registrato dall’Istat, per il 2020, un record negativo di nascite (404 mila) rispetto ai decessi (746 mila). Un fatto mai verificatosi dal dopoguerra. E per il 2021 le previsioni sono ancora più fosche.
Il Governo in carica, per sostenere le famiglie che hanno figli e per quelle che li avranno, ha adottato l’assegno unico ai genitori. Questa misura epocale – Draghi docet – sarà destinata dal settimo mese di gravidanza della gestante fino ai 21 anni di età del figlio. Entrerà in forma-ponte da luglio per essere operativa da gennaio 2022.
Tuttavia il fenomeno non può essere ricondotto solo ad un mero fatto economico ma ha a che fare anche con la mancanza di sicurezza e stabilità. Inoltre crisi sistemiche e aumento delle disuguaglianze sociali e di opportunità completano il quadro di una situazione in cui é faticoso pensare al futuro.
In questo contesto sono sembrate di grande rilievo le parole di Papa Francesco: “Dov’è il nostro tesoro, il tesoro della nostra società? Nei figli o nella finanza? Che cosa ci attrae, la famiglia o il fatturato?“
Che l’Italia sia un Paese di vecchi non ce lo dicono solo i numeri. Ce lo gridano a squarciagola le migliaia di giovani, ad alta professionalità e competenza, che sono costretti a fuggire via per trovare un lavoro degno dei loro titoli di studio.
Un lavoro che nel Bel Paese è ostacolato da una fitta rete di relazioni nepotistiche perpetrate dai vecchi, dai baroni, spesso abbarbicati al loro potere e guai a chi lo tocca. E’ vero che gli anziani sono stati alla base delle società moderne ma sarebbe ora che si facessero da parte, o no?
Ben vengano le politiche a favore della natalità, della famiglia e quant’altro. Ma sarebbe più proficuo, forse, dare alle persone l’opportunità e la possibilità di esprimere il proprio talento senza ostacoli di alcun tipo. Va bene il sostegno alla famiglia, senza dimenticare, però, le degenerazioni e le vessazioni che possono manifestarsi al suo interno.
Senza cancellare dalla memoria che, come diceva Engels, “La moderna famiglia singola è fondata sulla schiavitù domestica della donna, manifesta o mascherata” e ancora, per citare Bukowski: “Il matrimonio, Dio, i figli, i parenti e il lavoro. Non ti rendi conto che qualsiasi idiota può vivere così e che la maggior parte lo fa?”.
Spesso ci sono stati individui che si sono trovati nella condizione di schiavitù e di idiozia. Pare non ne abbiano fatto un dramma.