Draghi e Putin al telefono rosso: linea calda

I due si sentiranno quanto prima e può darsi che Draghi riesca a spuntarla. Se cosi fosse la situazione si potrebbe ammorbidire dopo le provocazioni belle e buone di Biden e Zelens’kyj. L’aggressione è sempre un torto ma chi istiga all’odio non è da meno. Sul fronte interno fanno notizia, si fa per dire, riforma della Giustizia e proiezioni sui consensi che vendono in pole position il partito della Meloni, il leader più amato dagli italiani.

Roma – Lo slogan pubblicitario di alcuni anni fa ritorna alla ribalta: “una telefonata può allungare la vita”. Mario Draghi intende aprire cosi un canale di dialogo diretto con il Presidente russo per accelerare la via del dialogo. L’Italia si propone come garante per neutralità e sicurezza dell’Ucraina.

In attesa del colloquio telefonico fra Mario Draghi e Vladimir Putin, il Premier italiano deve fare i conti con il fronte interno al proprio Governo e sui malumori diffusi per via della proposta di aumento delle spese militari, che comunque non verranno poste all’ordine del giorno a breve.

Mario Draghi – Vladimir Putin

Intanto Sergio Mattarella torna sul tema Giustizia, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario del Consiglio Nazionale Forense. In un messaggio di saluto inviato alla presidente del CNF Maria Masi, il Capo dello Stato ha affermato che “…L’amministrazione della Giustizia, efficace e tempestiva, è una condizione essenziale per il successo del Pnrr…”.

Parole che il ministro della Giustizia Marta Cartabia condivide al punto che, nel suo discorso alla cerimonia di inaugurazione dell’organismo apicale istituzionale dell’Avvocatura, in tema di stretta attualità, ne evidenzia l’importanza:

“…La riforma del Consiglio Superiore della Magistratura è non solo necessaria ma non più procrastinabile, in quanto è volta a rafforzare la credibilità e l’autorevolezza di un organo costituzionale, come il Csm, sfregiato da scandali che hanno contribuito a far perdere la fiducia dei cittadini verso la giustizia e la magistratura…”.

Marta Cartabia e Sergio Mattarella

Parole dure e condivisibili. Continua dunque serrato il confronto con le forze politiche per arrivare ad un testo condiviso, in vista del rinnovo dell’assise di Palazzo dei Marescialli nel prossimo luglio. Però con il rinvio all’11 aprile il testo rischia di essere vanificato per poi arrivare tardi a causa dei diversi ostacoli ancora da superare.

Tra questi quello del sorteggio temperato, come soluzione per attenuare il peso delle correnti, la responsabilità civile dei magistrati ed il divieto per i Parlamentari di diventare membri togati del Csm.

Durante l’incontro a Montecitorio Cartabia ha avvertito i partiti sul rischio di incostituzionalità che riguarderebbe in particolare proprio il sorteggio temperato e quello della responsabilità civile. Un rischio che il Governo non intende correre, ma che non fanno demordere alcuni partiti dalla loro posizione.

Nel frattempo non si può che misurare la temperatura sul gradimento dei partiti. Le ultime rilevazioni vedono piazzarsi al primo posto Giorgia Meloni, che supera il Pd, guadagnando quasi due punti percentuali ed attestandosi al 21,5%.

I Dem rimangono sul podio ma al secondo posto, fermi al 20,7%. Il posto di terzo classificato spetta alla Lega, in discesa, con il 17%. Forza Italia è all’8,1%, anche in questo caso in discesa. La coalizione Azione/+Europa va al 3,6% e supera così la soglia del 3%. Rilevante il numero degli indecisi e di astensionisti (40,6%), che si mantiene molto elevato e da gennaio la percentuale è rimasta al di sopra del 40% in maniera stabile.

Il M5s, che non sta attraversando un buon periodo, vede in Conte la minaccia tangibile di una rottura con il Governo sul taglio delle spese militari, forse nel tentativo di risollevare le sorti del partito. Ma basterà?

In effetti i pentastellati non riescono a risalire la china nei sondaggi, segnando peraltro uno 0,9% in meno rispetto alla precedente rilevazione. Quanto ai leader il primo posto è riservato a Giorgia Meloni con un indice di gradimento pari a 37, seguita da Giuseppe Conte con 36. In discesa Matteo Salvini, attualmente a 24, in calo di tre punti e con il valore più basso dal 2016 ad oggi, dopo la nota vicenda della contestazione in Polonia.

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