Se Draghi gira i tacchi finisce la pacchia

Il Premier ha detto la sua ai partiti dunque occhio vivo. In buona sostanza basterebbe un altro scivolone per chiudere la legislatura con Mario Draghi che ha accettato l’incarico per fare le cose e non per rimanere con le mani in mano. Ma la maggioranza, per nulla coesa, dice una cosa e ne fa un’altra. Quando durerà questa situazione?

Roma _ Mare forza 9 nella maggioranza. Draghi richiama i partiti al senso di responsabilità, facendo balenare l’ipotesi di dimissioni. Il Governo, infatti, è stato battuto per quattro volte nelle votazioni delle commissioni congiunte di Bilancio e Affari Costituzionali alla Camera durante l’esame delle modifiche al decreto Milleproroghe. E la cosa non ha fatto piacere al primo ministro.

Mario Draghi

In sostanza contro il parere dell’esecutivo sono passati gli emendamenti che prevedono il dietrofront sul tetto al contante e sull’Iva, così come sono state approvate norme sulle graduatorie della scuola e i test sugli animali. Il benvenuto a Draghi dal “parco giochi” della politica sembra un ceffone, ma è solo un avvertimento che, anche se arrivato in ritardo, potrà consentirgli di rivedere il comportamento tenuto sinora.

Esulta l’opposizione incarnata dalla Meloni mentre gli altri partiti si premurano di chiarire che non è in discussione la tenuta del Governo. Insomma la solita girandola di dichiarazioni dei leader di partito per giustificare lo scivolone parlamentare e la mancanza di fiducia (di antica memoria) nel Governo, che in altri tempi avrebbe legittimato l‘addio del Premier senza ripensamenti e sbattendo la porta.

Giorgia Meloni

Draghi ha chiesto spiegazioni su quanto avvenuto invitando tutte le forze politiche a garantire una maggiore compattezza nel corso del passaggio dei provvedimenti in Parlamento. Dal canto loro i partiti, però, chiedono un cambio di metodo e la possibilità di essere coinvolti maggiormente nelle decisioni.

D’altronde non si può sempre pretendere, soprattutto in questo clima di “addio alle armi”, di votare ad occhi chiusi senza conoscere nel merito i singoli provvedimenti, se non nelle linee generali o addirittura per i “titoli delle proposte governative”.

Ma questo è un discorso che dovrebbe allargarsi e coinvolgere anche i capi-gruppo che hanno la responsabilità di tenuta dei componenti dei partiti di riferimento, che però lamentano di non essere informati in tempo ma soltanto last minute.

L’esecutivo del Governo Draghi

Draghi non perde tempo e appena atterrato, proveniente da Bruxelles dove ha partecipato all’assise europea, è salito al Colle per riferire della crisi Ucraina ma anche per fare il punto con il Capo dello Stato preoccupato anche lui per quanto avvenuto in Parlamento.

L’incontro ha sortito un richiamo ai partiti per un immediato chiarimento perché lo scivolone non fa certo parte delle normali dinamiche parlamentari ma riguarda un serio problema squisitamente politico. Come dargli torto se la maggioranza al Governo vota in un modo ed in Parlamento fa l’esatto contrario?

Il Premier, infatti, ha ricordato a chiare lettere il motivo per cui è stato chiamato da Mattarella, ricordando che l’incarico di Presidente del Consiglio è stato accettato “per fare le cose”. Non certo per rimanere con le braccia conserte, aggiungiamo noi. Comunque sia dopo il sonoro rimprovero, il pizzico di satira ed il successivo elogio plateale da parte di Draghi a Governo e Ministri, la vicenda pare chiusa. Ma il condizionale è d’obbligo.

Il Parlamento Italiano

Il doppio paradosso politico che l’Italia è costretta a subire, in quest’ultima legislatura come in alcune precedenti, riguarda da una parte la presenza di un “super tecnico”, che incarna l’essenza della buona politica, e dall’altra i partiti politici trasformati in “lobby” a difesa di interessi particolari.

Se la politica è visione del futuro e scelta strategica, se è responsabilità e capacità decisionale, partiti attualmente presenti in campo sono trasversalmente incapaci di farla. Draghi forse involontariamente ha sollevato un problema. La politica non può ridursi alla rincorsa di un eterno presente fatto di contrasti condominiali, in nome di bandiere identitarie che nulla hanno a che fare con la lenta e faticosa progettazione del futuro.

Nella realtà serve un nuovo processo ri-costituente capace di dare entusiasmo e legittimità a chi pensa che la politica non può più essere roba di urlatori ed illusionisti. Serve costruire una “politica adulta e matura”, anche senza Draghi, al quale va il merito della competenza e serietà.

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