La decisione del Governo di far lievitare sino al 2% del Pil la spesa per gli armamenti ci porterà sull’orlo del baratro. Nonostante decine di autorevoli autorità, Papa compreso, avevano condannato un simile spreco in un momento di iatture come questo. Si corre, tardivamente, alle autonomie energetiche nonostante la mano tesa degli Usa che presenteranno il conto. Come sempre salato.
Roma – Il Vecchio Continente corre ai ripari. Ovviamente in colpevole ritardo. L’Europa infatti affronta le problematiche scaturenti dal conflitto Russia-Ucraina analizzando tutti i percorsi per sganciarsi dalle dipendenze dei rifornimenti energetici e agroalimentari provenienti dalla Federazione Russa. Si cerca, in tal modo, di individuare una linea comune per diventare autonomi dal gas russo. I costi di diverse materie prime, d’altronde, sono in forte ascesa e la situazione per famiglie ed imprese è divenuta insostenibile.
Peraltro il mercato funziona male ed i prezzi sono mere speculazioni, dunque bisogna adottare misure specifiche ed uniformi. L’aiuto arriverà anche dal gas Usa e dal Canada che hanno assicurato grande collaborazione sul cambio di forniture. D’altronde la grande disponibilità del presidente americano non è un caso ed avrà il suo prezzo.
A proposito della richiesta di Mosca di pagare in rubli le forniture attuali di metano, se decideranno di applicarla, sarà per Draghi “…Una clausola che implicherà una violazione contrattuale…”. Insomma sono diverse le strategie dei Paesi dell’Ue, ma sulla condanna dell’aggressione all’Ucraina e sulle sanzioni c’è un’intesa ed unità straordinarie, almeno all’apparenza cosi come è emerso al vertice straordinario della Nato e G7 che hanno preceduto il Consiglio Europeo.
Le sanzioni, infatti, saranno mantenute e forse anche inasprite tanto da essere ritenute straordinariamente efficaci, visto il forte indebolimento dell’economia russa. E’ stato unanimemente deciso, fra l’altro, di “diversificare le fonti di approvvigionamento alimentare ed energetico”.
Per quanto riguarda la NATO, l’Italia ha ribadito l’impegno di far salire fino al 2% del Pil la spesa militare ma l’Alleanza continuerà a restare fuori dal conflitto anche per la richiesta della “no fly zone”. Un controsenso bello e buono ma c’era da aspettarselo, con grande delusione del Santo Padre e non solo.
Del resto non è un mistero che “…Nei tentativi di de-escalation del conflitto, l’Europa guarda alla Cina con la speranza che contribuisca al processo di pace – sostiene il Premier – tanto che dobbiamo essere fermi con le sanzioni ma nello stesso tempo bisogna cercare disperatamente la pace, l’Italia, almeno, si muove su questi due binari, ma bisogna creare altro debito comune per far fronte alle nuove sfide, che non possono essere affrontate dai bilanci nazionali…”.
La scelta italiana di incrementare la spesa militare ha alimentato il dibattito politico, con l’insalubre risultato di definire coloro che sono contrari ad ogni armamento come i filo-putiniani o semplicemente pacifisti incompetenti. Il pluralismo va difeso ad oltranza, pertanto la soluzione al dissenso intellettuale ed etico non può mai essere la censura.
Nel frattempo “Rai 3” interrompe il contratto del professor Orsini con “Cartabianca“, solo perché il docente rappresenta un punto di vista forse scomodo, non unito al coro di altre intelligenze. Lo studioso ha annunciato via social di essere disponibile a intervenire anche gratis nel programma condotto da Bianca Berlinguer. Si vedrà.
Sino ad oggi, però, hanno prevalso altre comparsate. Peraltro la missione del servizio pubblico non è forse assicurare, sempre, la più ampia pluralità di idee?
Ogni guerra si è sempre nutrita di informazioni e contro-informazioni ma quella in Ucraina è stata definita la prima “social media war”. Tutto sta cambiando velocemente. Dal 1945 abbiamo sempre ritenuto di vivere in un ordine post-guerra, adesso invece appare più evidente di trovarsi in un ordine pre-guerra.
Certamente sta nascendo una nuova bipolarità, nella quale la Russia tenta di coinvolgere anche la Cina, riconfigurando il conflitto come una guerra non solo contro l’Ucraina ma contro tutto l’Occidente.
È un cambio sistemico, nel quale sia le sanzioni che le nuove scelte in campo di politica energetica sono di natura strutturale e non potranno certo finire con un “cessate il fuoco“. Il mondo sta cambiando e su questa premessa bisogna lavorare. E tanto.