Il teatrino continua davanti agli occhi degli italiani che si aspettano, per la prossima volta, di eleggere direttamente il Capo dello Stato. Anche perché non si sentono affatto rappresentati, e come potrebbero davanti a questo spettacolo niente affatto esilarante? Ancora buio pesto sui nomi, ma entro fine settimana il Presidente della Repubblica dovrà spuntare fuori. Anche da dentro un cappello.
Roma – L’arena parlamentare, in seduta comune, ancora aperta non chiuderà fino all’elezione del nuovo Capo dello Stato. Beninteso entro fine settimana, sennò sono dolori. Ogni dichiarazione politica non svela nulla di nuovo. Si ripete ossessivamente che si deve mettere in sicurezza il Paese ed è proprio questo lo spirito che anima gli incontri tra i partiti, che vorrebbero imporre, però, ognuno un proprio personaggio. Senza tante concessioni. Insomma sino ad ora solo sospiri, chiacchiere e continui incontri infruttuosi.
Nel frattempo, pur con rispettoso silenzio, per non invadere il campo su un tema di stretto interesse nazionale, le Istituzioni europee non sono indifferenti alla partita per l’elezione del successore di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica. L’incertezza su come andrà a finire fa tenere il fiato sospeso anche Bruxelles, dove si valutano le possibili conseguenze degli scenari all’orizzonte.
La soluzione che ripropone lo status quo, quella di un bis per l’attuale inquilino del Colle e del proseguimento senza interruzioni dell’attività dell’Esecutivo, farebbe stare più tranquilli i nostri partner europei. Ma lo sarebbero molto meno milioni di italiani.
In particolare la Commissione Ue che, a partire dalla stesura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ha con il Governo uno scambio continuo di colloqui, che si intensificheranno ulteriormente sia nel corso della realizzazione degli investimenti finanziati dal Next Generation Eu, che in sede di verifiche che Bruxelles è chiamata a fare sulle tempistiche e sull’attuazione delle riforme promesse. Nonostante in Italia qualcuno ancora punti su questo scenario, la posizione di Mattarella è chiara da mesi.
Parimenti gradita, per i partner europei, sarebbe una soluzione che porti rapidamente a individuare un nuovo Presidente della Repubblica e non comporti conseguenze per il Governo, il quale potrebbe subito, con le forze politiche che lo sostengono, tornare a concentrarsi sull’attuazione del Pnrr.
Dopo il passo indietro di Berlusconi sembra aprirsi lo spazio di un dialogo che porti a questa soluzione, ma il confronto tra i partiti non sembra ancora maturo per approdare su un nome ampiamente condiviso. Ecco perché è ancora in piedi un terzo scenario, quello del passaggio di Mario Draghi da Palazzo Chigi alla Presidenza della Repubblica.
Nelle ultime ore questa ipotesi sembra stia perdendo quota, ma il nome dell’attuale Presidente del Consiglio continua a essere il più “papabile”. Nonostante tutto. È questo uno scenario che a Bruxelles genera più incertezza, perché a quel punto la successione alla guida dell’Esecutivo sarebbe un’incognita, non solo per il nome ma soprattutto per i tempi. Assai stretti.
Poco male se, anche qui, si arrivasse rapidamente all’accordo per un nuovo Esecutivo. Si perderebbe qualche settimana per l’insediamento dei nuovi ministri e perché questi possano prendere in mano i dossier relativi al Pnrr. Tuttavia i ritardi non sarebbero eccessivi e, con un po’ di impegno, si potrebbe rientrare nella rigida tabella di marcia del Piano.
La situazione si complicherebbe e di molto, se, invece, il trasferimento di Draghi al Quirinale aprisse una crisi nell’attuale maggioranza. Si perderebbero ulteriori settimane per provare a comporla, con il rischio del ricorso anticipato alle urne. Un bel guaio per molti onorevoli.
I conseguenti tempi dilatati per la campagna elettorale, le elezioni, la formazione di una maggioranza e l’insediamento di un nuovo esecutivo sarebbero poco compatibili con la necessità di accelerare sull’attuazione delle riforme previste dal Pnrr e degli investimenti, che correrebbero il rischio di venire bloccati. È proprio questo lo scenario che Bruxelles teme di più, ma non può far altro che attendere la scelta che faranno a Montecitorio i grandi elettori.