In due mesi esatti potrebbero essere varati diversi provvedimenti urgenti e qualche riforma con il mezzo dei decreti, non sempre graditi agli italiani. Speriamo che Draghi ed il suo esecutivo possano fare qualcosa di concreto per il Paese prima di andarsene. Lascerebbero un ricordo migliore. Dopo la crisi italiana Putin apre i rubinetti e firma per sbloccare il grano. Solo un caso?
Roma – La crisi ucraina, il Covid, il Pnrr, le nomine non rinviabili, i vertici Ue, Onu e Nato sono i principali dossier di cui dovrà occuparsi Mario Draghi e il suo governo “a scadenza” fino a quando, dopo le elezioni del 25 settembre, non si insedierà il nuovo esecutivo. Il Premier, dunque, rimane al suo posto per la gestione degli affari correnti ma anche per fronteggiare le emergenze ed in questi casi i suoi poteri restano molto ampi. In particolare il Consiglio dei ministri potrà anche approvare decreti-legge. E questo non è detto che sia un vantaggio per gli italiani ormai impoveriti e delusi.
Peraltro per attuare il Pnrr Palazzo Chigi ed i ministeri dovranno continuare a lavorare a pieno regime. Così il Consiglio dei ministri, per rispettare la road map del piano e provare a scongiurare la perdita dei fondi europei, potrà adottare i decreti legislativi previsti per l’attuazione del progetto. Dunque si potranno anche fare le riforme della giustizia e della concorrenza, che erano ancora all’esame delle Camere al momento della crisi e che i partiti hanno concordato di approvare anche a Parlamento sciolto, dopo aver stralciato le norme sui taxi.
Anche le nomine, designazioni o proposte di nomina si potranno adottare solo se strettamente necessarie purché vincolate nei tempi da leggi o regolamenti, cioè si potrà agire solo per assicurare la pienezza e continuità dell’azione amministrativa, sempre se non procrastinabili oltre i termini di soluzione della crisi.
Per quanto riguarda la situazione internazionale sarà Draghi che potrà autorizzare eventuali missioni all’estero dei membri del suo governo, per continuare a garantire la partecipazione alle riunioni ministeriali e ai vertici dell’Unione europea e delle organizzazioni internazionali di cui l’Italia fa parte. Servirà, però, l’autorizzazione della presidenza del Consiglio ogni volta che si dovrà andare a negoziare o firmare accordi internazionali anche legati alla crisi ucraina.
Le Camere, invece, potranno essere convocate per la conversione dei decreti-legge e ogni volta che il Parlamento si riunirà il governo dovrà sempre assicurare la presenza di suoi rappresentanti, che dovranno concordare la posizione da tenere con il ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà. Nel frattempo la campagna elettorale impazza “in spiaggia” tra incomprensioni, delusioni e tradimenti. Berlusconi inizia il suo fantasmagorico programma elettorale con la promessa dell’aumento delle pensioni, un cavallo di battaglia trito e ritrito mai andato in porto.
“Ad almeno 1000 euro al mese per 13 mensilità, ci sarà anche la pensione, dichiara il fondatore di Forza Italia alle nostre mamme che sono le persone che hanno lavorato di più alla sera, al sabato, alla domenica, nei periodi delle ferie e che hanno diritto di avere una vecchiaia serena e dignitosa…”.
Mentre tra Pd e M5s, quest’ultimo messo alla porta da Letta, si appalesano incongruenze dai risvolti non semplici. Per esempio la macchina delle primarie siciliane è partita ed i grillini sono parte integrante del percorso adottato dai progressisti. In queste ore però sono diverse, sostiene Conte, le dichiarazioni arroganti da parte del Pd. “Inaccettabile la politica dei due forni”.
Quel che vale a Roma deve valere a Palermo” – dichiara il presidente del M5s. Ma il fuoco amico dei dem non lascia speranze, ma si rimane attoniti in quanto la macchina delle primarie non si arresta. I dem, in Sicilia, tentano di legittimare la probabile vincitrice Caterina Chinnici e si voltano, dunque, dall’altra parte in attesa dei risultati per dichiarare la propria vittoria di carta, rilasciando solo dichiarazioni di principio al vetriolo.
In tal modo accadrà che ognuno dei partecipanti, ossia Fava, Chinnici e Floridia si candideranno forse tutti e tre alla presidenza della Regione Siciliana, mortificando impegno e speranze dei tanti partecipanti. Guerini nel frattempo continua a dire, tanto per riaccendere i fuochi già ardenti, che chi fatto cadere Draghi non può essere alleato del Pd.