La vecchia liaison di centrodestra sembra traballare sotto le spinte di una Meloni sempre più convinta di poter guidare da sola i “nuovi moderati”, mentre all’orizzonte si profila una possibile nuova alleanza tra Partito democratico e grillini che, però, potrebbe far storcere il naso agli elettori
Roma – In Sicilia è un continuo tira e molla. La salvaguardia dell’unità del centrodestra non è ancora assicurata, semmai lo sarà. Una prima ipotesi di convergenza, a Palermo, sul candidato sindaco Roberto Lagalla è stata subito smentita da Cascio e Miccichè. Le diplomazie sono al lavoro, mentre tira un sospiro di sollievo il candidato ombra del Pd.
Su altri fronti, invece, il M5s ha cambiato abito, uniformandosi agli altri partiti e riconoscendo l’importanza dei soldi per fare politica. Il mito della politica a costo zero sembrerebbe appartenere sempre di più al passato. Pur non essendo una novità si rimane ancora stupiti della inversione di tendenza, emersa già a novembre del 2021, quando il 72% dei votanti Cinque Stelle dicevano sì al ricorso ai fondi del 2 per mille, la forma di finanziamento pubblico fino ad allora scongiurata dallo stesso partito di Grillo.
Non solo c’è anche il fondatore e garante del movimento, Beppe Grillo, che in occasione di una recente discesa a Roma ha raggiunto con il M5s un accordo per un corrispettivo, secondo le indiscrezioni, di 300 mila euro l’anno per l’attività di supporto nella comunicazione con l’ideazione di campagne elettorali, promozione di strategie digitali, produzione video, organizzazione eventi e varie iniziative politiche.
Ma è un ulteriore accadimento a provocare grande stupore: l’ex parlamentare grillino, Alessandro Di Battista, terrà un corso di comunicazione politica ai candidati del M5s alle elezioni amministrative. Insomma si può affermare che in quanto a coerenza il percorso politico dei pentastellati non sia stato lungimirante ma, travolto dal solito destino, abbia coltivato la fascinazione del potere e degli strumenti utili al fare politica. Tant’è vero che, come si diceva, nel mese di maggio Di Battista parteciperà nei panni di docente a un corso di tre ore di formazione di comunicazione politica, in una call interattiva in diretta. Il corso, su Google Meet, è dedicato a tutti coloro che saranno candidati alle elezioni amministrative. Il fondo, alla fine, è stato raggiunto
Per assistere alle lezioni di Dibba, parlamentare per una legislatura, si dovranno versare 39 euro. Tutto lecito, per carità, ed è giusto evidenziarlo. Quello che indigna e stupisce, però, è solo il cambio radicale di passo, soprattutto da chi è ritenuto e definito come un ortodosso del movimento politico che ispirò un ribaltamento dell’intero sistema partitico. Ovviamente tutto un bluff a voler bene considerare i fatti di oggi.
Nel frattempo, mentre la storica coalizione di centrodestra comincia a dare segni di cedimento, con siparietti che evidenziano la rivalità tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni, il “campo largo” che faticosamente il segretario del Pd Enrico Letta sta cercando di costruire in vista delle politiche del 2023, è al suo esordio, nonostante le divergenze con Giuseppe Conte sulla politica internazionale.
“…L’alleanza tra i dem e i 5 stelle, assente e inconcepibile nel 2017 – afferma Francesco Boccia, responsabile Enti locali del Pd – è diventata realtà nel 50% dei casi alle amministrative di ottobre e ora si avvia a concretizzarsi nell’80% dei capoluoghi…”.
Un’alleanza in crescita, dunque, quella tra M5s e Pd, considerando anche che i pentastellati non presenteranno sempre il proprio simbolo. Una vera rivoluzione, o involuzione, a seconda dei punti di vista, dagli esiti incerti e che per adesso fa gioire soltanto i leader regionali ma che dovrà passare al vaglio delle elezioni e dei cittadini.
Non è detto che questi ultimi rimangano ancorati ai propri schieramenti originari che cinque anni fa hanno visto contrapposti gli schieramenti del Pd e dei grillini, adesso alleati. Anzi l’unione potrebbe incentivare l’astensionismo o addirittura un cambiamento, fino a poco tempo fa impensabile, delle intenzioni di voto. Il tutto, almeno, fino alla prossima crisi di nervi. Che tempi quelli del Vaffa-Day…