Via libera alla corruzione: eliminiamo l’Anac

I paradossi sembrano essere appannaggio del governo Draghi, suo malgrado. Questa di togliere all’Agenzia nazionale Anti Corruzione i mezzi per combattere il triste fenomeno che dilaga nella pubblica amministrazione ci sembra una vigliaccata. E una strategia che avvantaggia le mafie negli appalti trasferendo ai controllati il ruolo di controllori.

Roma – Dal Governo preoccupanti passi indietro in materia di anticorruzione con il decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri. La denuncia arriva proprio dal presidente dell’Anac Giovanni Busia di cui avevamo già parlato giorni addietro.

E siccome l’argomento è troppo importante per esaurirlo in una volta sola ci torniamo su e ci torneremo ancora perché la corruzione, specie nella pubblica amministrazione e negli appalti, ha raggiunto numeri da capogiro, specie in quest’ultimo periodo di pandemia.

Giovanni Busia

La questione riguarda le disposizioni contenute nell’articolo 6 del decreto Reclutamento che regola il “Piano integrato di attività e organizzazione”. Il presidente Busia, senza mezzi termini, evidenzia l’allarme rosso:

“…Preoccupano le scelte effettuate con l’ultimo decreto legge in tema di anticorruzione – dice il capo dell’Anacproprio in un momento in cui dovrebbe essere alta l’attenzione verso la gestione trasparente delle risorse, anche per il rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata e delle mafie

In effetti si rischia di percorrere un sentiero pericoloso e di renderlo irto di ostacoli per il trasferimento delle competenze, in materia anticorruzione, da un’autorità indipendente come l’Anac agli uffici ministeriali della Funzione Pubblica, con tutte le conseguenze che questo nefasto passaggio potrebbe comportare. Tutto questo con grave pregiudizio sulla credibilità del sistema Italia.

Come si fa, sottolinea ancora Busia, a porre in essere un sistema di controllo e verifica che sia gerarchicamente superiore all’Anac? In questo caso le funzioni verrebbero non solo depotenziate ma del tutto svilite, in quanto è inimmaginabile che il controllore (l’Anac) sia subordinato al controllato, invece che indipendente dallo stesso.

Insomma c’è più di qualcuno che ha interesse nel relegare l’Anac ad una sorta di “ente inutile” togliendogli ogni potere di monitoraggio e intervento cosi da poter fare e disfare a proprio piacimento a vantaggio, soprattutto, delle organizzazioni malavitose.

E l’ultimo decreto legge del governo di Mario Draghi ne sarebbe la riprova con “preoccupanti passi indietro in materia di anticorruzione“. Tutto ciò proprio in un momento in cui l’attenzione verso la gestione delle risorse dovrebbe innalzare l’allerta per le ingenti somme di finanziamento che arriveranno con il Recovery Fund.

La mafia negli appalti pubblici

Le mafie, infatti, attendono al varco l’arrivo dei soldi per scatenare l’offensiva nelle gare per le grandi opere, le forniture e la realizzazione di infrastrutture nei mille e più mille cantieri che verranno aperti in tutta Italia.

Non meno preoccupanti, peraltro, sono le scelte in materia di reclutamento del personale. In questo settore siamo al paradosso: si preferisce strappare all’Anac le risorse necessarie per rafforzare i presidi di legalità, potenziando, invece, le strutture ministeriali della Ragioneria dello Stato (art. 8).

Tutto questo bailamme, ovviamente gestito da un’abile regia, mentre vengono addirittura raddoppiate le quote dei dirigenti esterni e di nomina politica, invece di valorizzare le risorse già assunte tramite concorso.

Insomma l’Autorità Nazionale Anticorruzione potrebbe essere resa inoffensiva da un momento all’altro sotto gli occhi di tutti e nel più assoluto silenzio. Del resto le strategie per disarticolare un sistema (specie se funziona o se è da ostacolo a certi interessi) sono diverse prima fra tutte il depotenziamento senza necessariamente arrivare alla definitiva alienazione. Che darebbe troppo nell’occhio.

Quello che sta accadendo è un esempio pratico e che la dice tutta sullo scopo di certi personaggi politici. Così facendo, ahinoi, i piani e la verifica degli adempimenti in materia di trasparenza ed anticorruzione un tempo di competenza dell’Anac, di fatto, finiranno nelle mani di Renato Brunetta. Che non è proprio una grande idea.

Il fatto che il governo si organizzi è cosa utile purché si lavori in sinergia. Ma cosi non sembra. Il potere dell’Anac per esempio, è rimasto inalterato riguardo l’uso delle banche dati. Se, invece, verranno destinate risorse umane e finanziarie solo ai ministeri per la grande mole di lavoro prevista privando l’Anac di nuove braccia allora davvero c’è qualcosa che non va in questa operazione che sembra un piano studiato a tavolino.

Renato Brunetta

Proprio l’anno precedente l’Anac ha evidenziato che il valore delle tangenti sembrerebbe nettamente diminuito ma potrebbe essere un bluff. Le mazzette sarebbero state sostituite, dunque mascherate, con l’assunzione di parenti, amici e conoscenti.

Le cifre vanno spesso da 2mila ai 3mila euro ma in alcuni casi bastano dai 50 ai 100 euro. Poi ci sono le offerte di corruzione non usuali come ristrutturazioni edilizie, riparazioni, trasporto mobili, pasti, buoni benzina, biglietti per partite di calcio e addirittura in un caso l’offerta di un abbacchio.

Tanto per capire di che cosa si sta parlando e di come e quanto sia divenuto endemico il “magna magna” nella pubblica amministrazione. Un modello di immoralità che qualcuno vorrebbe incentivare e non combattere.

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