Saranno le urne a decidere se i 5 Stelle hanno tradito o meno le aspettative, e gli ideali, del loro elettorato. Tutti hanno dimostrato, pochi esclusi, che la poltrona vale di più della coerenza politica. In molti si erano fidati di loro e sono stati regolarmente traditi. Come volevasi dimostrare.
Roma – Il Movimento è diventato partito e le logiche del potere hanno la meglio sull’ideologia. L’ottanta per cento dei votanti ha detto sì alla modifica della regola del “mandato zero” e il sessanta per cento si è espresso favorevolmente alle alleanze. Così Virginia Raggi ottiene l’ok della base per ricandidarsi in deroga al divieto del terzo mandato per gli amministratori grillini. All’anima della coerenza.
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Il sogno è svanito, adesso si ritorna alla normalità. Si anche il M5S ha subito il fascino della omologazione con gli altri partiti, tanto vituperati e criticati, per l’attaccamento, soprattutto, alle poltrone. Così proprio questa diversità che era tanto piaciuta adesso si è liquefatta grazie alle scelte avvenute, attraverso il voto sulla piattaforma Rousseau. Il limite dei due mandati, gli incontri pubblici in streaming, la mancanza di sede, i contributi elettorali rifiutati, l’indennità parlamentare dimezzata. Ecco tutto questo, come annunciato da queste colonne tempo fa, è in parte finito, il resto dovrà cambiare necessariamente per celebrare una vera rivoluzione al contrario. Ogni esponente pentastellato adesso potrà godere di qualche privilegio in più. I marziani non ci sono mai stati e se sono scesi sulla terra acclamati da un voto democratico è stato per puro errore. Capita quando si è sognatori, d’altronde il pianeta terra, l’Italia, non si meritava questa insensata esperienza. Finito un momento storico nel quale si è imposto, nel panorama italiano, un movimento che appariva extra-planetario per proposte e regole interne. E in molti ci avevano anche creduto.
Così il coraggio di portare a termine un programma elettorale rivoluzionario di cui tutti gli appartenenti si “vantavano” e cioè di essere diversi, perché insoliti e giovani, è stato abbattuto da banali seppur appetitosi interessi di bottega. Ma questa forse si chiama evoluzione. Infatti il Movimento 5 Stelle approva la deroga al tetto dei due mandati ai consiglieri comunali e l’alleanza con i partiti tradizionali per le amministrative. Questo l’esito della votazione telematica che dà il via libera, anche, alla ricandidatura di Virginia Raggi a sindaco di Roma e anticipa la svolta che un’ala del medesimo neo-partito stenta a digerire. Il sì alla deroga dei due mandati per i consiglieri comunali e regionali, per esempio, significa il superamento del limite, in futuro, anche per i parlamentari ed il via libera ad alleanze sul territorio. Entusiasta Luigi Di Maio che su Facebook si lascia andare ai soliti proclami:
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“…Da oggi inizia una nuova era per il Movimento 5 Stelle nella partecipazione alle elezioni amministrative… Dunque un grande in bocca al lupo a Virginia Raggi per la sua ricandidatura...”. Il sindaco più bistrattato d’Italia fa eco alle parole del ministro degli Esteri scrivendo sempre sui social:”…Ora avanti a testa alta...”. Contenti loro. Ma, soprattutto, contenti i Romani che sapranno dimostrare il loro affetto alla prima cittadina attraverso le urne… Certo l’accelerazione del sindaco di Roma, che ha annunciato la ricandidatura, ha spiazzato tutti e ancor più la decisione dei vertici di aprire verso un asse più strutturato con i Dem. Ma i grillini dell’ala ortodossa, che hanno come punto di riferimento Alessandro Di Battista, sono per il sì alla Raggi ma non vogliono altre deroghe. Difficile dopo un simile precedente. Tranne che vi sia una debacle inimmaginabile ed inverosimile. Macchè: Franza o Spagna, purchè se magna. Ormai vale anche per loro.
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Comunque stiano le cose non tutti la pensano come Di Maio & company. Sono diversi, infatti, i sentimenti che serpeggiano tra gli schieramenti. Difficile al momento una valutazione. Nulla si può prevedere. “Stiamo diventando come gli altri” sussurra qualcuno, mentre da un’altra parte si sente un’altra voce che mugugna: “...Veramente siamo già come gli altri, con l’aggravante della malizia…”. All’annuncio del reggente Vito Crimi del voto sulla piattaforma Rousseau che mette fine alla regola, già ricca di eccezioni, dei due mandati, nel M5S è un ribollire di risentimenti e di rabbia. Ben consci di aver tradito gran parte dell’elettorato. Il problema è che il Movimento non è diventato come gli altri partiti che hanno un leader, un congresso che lo elegge ed una direzione ma dei nominati che hanno il terrore di tornare all’occupazione o alla disoccupazione originaria. Chissà. Comunque stiano le cose i sogni evocati da Grillo, di un Movimento senza sedi nè tesori, appartiene alla narrazione anti-politica che ricorda quella di Silvio Berlusconi che per anni ha fatto credere di essersi prestato alla politica e sempre in procinto di tornare a fare l’imprenditore. Tutti sappiamo poi com’è andata a finire.
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Al di là dei cambiamenti, ripensamenti e valutazioni di un movimento diventato troppo presto “governativo“, le critiche generali si abbattono sulle scelte. In buona sostanza le modifiche riguardano soltanto i due capisaldi della struttura ideale o, meglio, di quella programmatica dei Pentastellati, come il limite massimo dei due mandati e nessuna alleanza elettorale. Si può discutere quanto si vuole, su cosa è più giusto o no, ognuno si diletti come crede, ma avere bombardato gli italiani su queste diversità, rispetto ad altri partiti, per poi finire nel fare di peggio è davvero incredibile e vergognoso. Sono venuti meno presupposti-cardine che hanno determinato la nascita stessa dei 5 Stelle. Del resto un movimento che si trasforma in partito decreta la morte del primo sodalizio. Le determinazioni finali, in democrazia, vengono fatte comunque dal popolo al momento giusto. Questione di tempo.
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