ROMA – I TRANSFUGHI MOROSI DEI 5 STELLE. PREDICANO BENE, RAZZOLANO MALE.

La restituzione di una quota era il fiore all'occhiello dei parlamentari grillini ma quando si tratta di cacciare soldi meglio passare altrove e cambiare casacca. L'etica politica è davvero il loro punto di forza.

Roma – La metamorfosi del M5 Stelle è anche nel numero sempre più elevato di parlamentari morosi che non hanno ancora restituito l’indennità mensile di almeno 2.300 euro. Già a gennaio erano circa 50 i parlamentari non in regola con i pagamenti. Una storiaccia che continua e che denota intolleranza al meccanismo del rimborso, prima tanto osannato ed ora sopportato con indolenza e malanimo. Certamente siffatto comportamento è sintomatico del dissenso di chi non solo contesta il sistema Rousseau ma, soprattutto, critica l’attuale linea politica del partito di Grillo. Ritardi, dimenticanze e tanta voglia di conservarsi i soldi in tasca, cercando così, almeno in una congrua percentuale di eletti, di eludere il sistema con richieste di chiarimenti e spese da decurtare. Tanti i parlamentari che hanno sbattuto la porta andando a rimpinzare gli scranni del gruppo Misto, senza avere restituito parte dell’indennità parlamentare. Questo, anche se sottaciuto, è uno dei veri motivi dell’addio ai pentastellati. Prima i più refrattari alle restituzioni dell’indennità erano solo alcuni “peones“, adesso invece ci sono parlamentari noti che non intendo mollare la borsa.

La famosa piattaforma Rousseau.

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Fra gli insolventi più famosi ci sono i sottosegretari Riccardo Fraccaro alla presidenza del Consiglio, agli Esteri Manlio Di Stefano, dell’Interno Carlo Sibilia, il presidente dell’Antimafia Nicola Morra e la deputata Paola Taverna. Da gennaio tutti costoro non rimborsano più parte della loro indennità. Il più preciso, di contro, è l’ex leader Luigi Di Maio che non rendiconta solo da aprile mentre l’attuale reggente del M5S Vito Crimi dal mese di maggio. Nella lista dei ritardatari risaltano anche la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina (da aprile), il tesoriere del gruppo alla Camera Sergio Battelli (da marzo), il responsabile della Giustizia Alfonso Bonafede e il presidente della Camera Roberto Fico (da maggio).

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C’è poi il caso del ministro dello Sport Vincenzo Spadafora, moroso da febbraio, così come la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo. Il record assoluto va a Marinella Pacifico, morosa dal giugno 2019. Seguono a ruota: Paolo Nicolò Romano e Giorgio Trizzino, morosi rispettivamente da settembre e ottobre 2019. Tra espulsi e fuggitivi nella XVIII legislatura sono oltre 30 i parlamentari che non fanno più parte del movimento di grillina memoria.

Vincenzo Spadafora.

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Dal sito tirendiconto.it, piattaforma sulla quale il M5S documenta le rendicontazioni, emerge un quadro illuminante: su 296 parlamentari ben 79 non restituiscono più da gennaio la propria indennità. Fra questi anche coloro i quali sono stati i grandi fustigatori della illegalità, eppure, rendiconto alla mano, non sono riusciti a rispettare nemmeno quanto avevano sbandierato ai quattro venti come prerogativa di onestà e di diversità rispetto agli altri partiti. Però a conti fatti più di uno su quattro non l’avverte più come una giusta esigenza del movimento. Numeri che hanno spinto il Collegio dei probiviri a inviare una lettera a tutti i morosi, diffidandoli per le mancate rendicontazioni e chiedendo loro di restituire quanto dovuto entro agosto. Pena eventualmente inflitta l’espulsione, tranne che vi sia il classico cambio di casacca così eticamente criticato da tutti i grillini ma rivenduto come legittimo da loro stessi pur di non mettere mano al portafoglio. Tanto per parlare di etica e coerenza

È da diversi anni che in Parlamento viene esercitata, con una certa disinvoltura, la pratica del cambio di casacca. Ma in questa legislatura, vista la percentuale con cui ha vinto le elezioni il M5S, si pensava che da quelle parti non vi sarebbe stata una percentuale così alta di transfughi prima al gruppo misto e poi ai partiti-sirena che li avevano corteggiati.

Il collegio dei probiviri.

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Attenzione perché gli smottamenti non appartengono solo ai sodali di Grillo, beninteso. Infatti Enrico Costa, deputato di Forza Italia, ha abbandonato recentemente Berlusconi per trasferirsi in “Azione“, il movimento fondato dall’ex ministro Carlo Calenda. Nessun’altra migrazione si è registrata da Fi, almeno ufficialmente:

“…Non vi è stata nessuna rottura traumatica – dice Enrico Costa – ma una presa di coscienza necessaria, per costruire la grande casa dei liberali. Per fare ciò, continua il parlamentare, bisognava individuare una persona che fosse in grado di interpretare il percorso. Io la vedo in Calenda. Faccio una scelta controcorrente ma con grande convinzione…”.

Carlo Calenda

Appreso dell’abbandono dell’ex collega, Guido Crosetto, fondatore di Fratelli d’Italia, la manda a dire su Twitter”…Una grave perdita per il centro destra…”. Così per evitare speculazioni politiche a Roma Costa dichiara, insieme con Calenda (Parlamentare europeo) e Matteo Richetti (Camera dei deputati) di essere e rimanere all’opposizione di questo governo. Contenti loro. Anche Nunzio Angiola va con Calenda. Così lasciato il M5S per scarsa collegialità ed attenzione ai singoli parlamentari, nel mese di gennaio di quest’anno, Angiola dopo il transito nel gruppo Misto è entrato con entusiasmo in “Azione”. Con grande soddisfazione degli elettori. Forse.

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