Una tradizione antichissima, recentemente riscoperta grazie allo studio dei grandi della psicanalisi. I mandala possono darci un po’ di serenità in questi tempi sfibranti? Tentar non nuoce.
Roma – Da qualunque lato la si guarda la vita che conduciamo è circondata di aspetti negativi, fonti di angoscia e frustrazione. Ormai il ritornello che sentiamo tutti i santi giorni che Dio manda in terra è come un disco rotto. Pandemia, il lavoro che manca, inquinamento, crisi energetica, guerra, rincaro del costo vita. Basta! Non ne possiamo più.
Vagabondando per il web, l’attenzione è stata catturata dal fenomeno dei mandala. La parola deriva dal sanscrito e significa letteralmente “disco“. Si riferisce ad un centro da cui si diramano forme ripetute armonicamente e in espansione verso l’esterno. Rappresenta il cerchio della vita. Per i buddisti supporta meditazione e preghiere rafforzando le intenzioni. Il potere che cresce col ripetere delle forme geometriche è quello della persona sul piano emotivo, spirituale, pratico e razionale.
Il mandala è una riflessione sul nostro posto nel mondo, su come sentiamo di abitare il nostro corpo e il nostro spirito creativo. Succede che dal centro del nostro essere noi proiettiamo chi siamo, prendendoci cura delle nostre emozioni. È un vero e proprio viaggio all’interno di sé stessi.
La scelta delle forme rappresenta modi diversi per mettersi in contatto con l’inconscio. Il quadrato sta all’aspetto razionale, il triangolo è la direzione, punto o cerchio stanno per il centro e l’espansione. Anche la scelta dei colori ha diverse interpretazioni. Ad esempio il giallo simboleggia la consapevolezza, il blu il senso materno, il rosso la spinta vitale.
Qualunque sia lo stato emozionale che stiamo vivendo, questo lavorio serve a ricentrarsi, abbandonandosi completamente all’onda emotiva. Gli esperti ci spiegano che quando si vivono momenti di tristezza o di grande trasformazione, un mandala aiuta a raccogliere l’energia e vedere a fondo del proprio stato d’animo.
Fu il grande psicanalista e psichiatra Carl Gustav Jung a introdurre il mandala nella scienza psicologica, definendolo come la rappresentazione simbolica delle emozioni. Un modo, quindi, per staccare la mente e risvegliare il nostro bambino interiore. Una sorta di ritorno al fanciullino di pascoliana memoria, uno spirito sensibile che si meraviglia delle piccole cose.
Nell’atto del creare il mandala la concentrazione è al massimo, nella piena espressione delle proprie risorse. La tensione si stempera, così come i pensieri negativi accumulati sugli altri e su noi stessi. È un modo per guardare con trasparenza il proprio mondo interiore, in un preciso istante dell’esistenza, per rimuovere gli ostacoli che impediscono la nostra realizzazione.
Il mandala ci mette in contatto diretto con la nostra anima. Il solo gesto del tracciare forme ci aiuta a proiettarci in un confine sacro, ricordando la nostra natura, essa stessa sacra. Venendo a conoscenza dell’esistenza di queste rappresentazioni del mondo, ci si chiede perché non vengano diffuse su base planetaria.
Anche se, con tutta la tensione che c’è nel mondo, non si sa bene quanti mandala si dovrebbero creare per giungere alla pace. Per evitare l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia, a Putin quanti ne sarebbero serviti? Probabilmente abbastanza da aggravare ulteriormente il già preoccupante fenomeno della deforestazione…