Il presidente russo ricorda all’Italia alcuni obblighi ma arriva a minacciare tramite i propri emissari. Inasprire le sanzioni servirà a poco e potremmo non reggere agli inevitabili contraccolpi. Dopo la pandemia qualsiasi ulteriore sacrificio, per come siamo messi, significherebbe l’inizio di un calvario da cui sarebbe impossibile uscire. Bisogna spingere nel cessate il fuoco, subito.
Roma _ Papa Francesco, vescovi, presbiteri e fedeli si sono uniti in preghiera per la pace e nella consacrazione e affidamento della Russia e dell’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria. Ma mentre a Roma si prega, a Bruxelles si tengono sermoni. La presidente della Commissione Europea ribadisce che il sostegno all’Ucraina è assoluto. Ogni conflitto sociale, crisi economica e pandemica rivela le debolezze della società e la demagogia individuale e politica rischia di trasformarci in “tuttologi” e filosofi di geopolitica.
Commenti, analisi e report sono superati dalle atrocità della guerra che continua senza esclusione di colpi mentre i corridoi umanitari divengono trappole per migliaia di civili inermi. Nonostante tutto la pace va perseguita con ogni mezzo democratico, anche quando tutto faccia pensare all’impossibilità di raggiungere l’obiettivo.
Purtroppo quando inizia una guerra vince il fallimento della politica. Non si può più assistere, come se fosse inevitabile, ai bombardamenti sull’Ucraina ma ogni volta che le democrazie vengono prese d’assalto con atti di violenza, il rischio di snaturarsi, di farsi trascinare e di perdere la propria identità è sempre in agguato. Ed il risultato è aberrante: si diventa simili al “carnefice”.
Purtroppo affrontarsi con le armi allo stesso modo dell’aggressore, in un contesto “guerrafondaio”, porta sempre a resistere di più, sparare di più, uccidere di più. In fondo prevalere in una prova di forza implica per l’appunto essere più forti degli altri. In tal modo si finisce, però, per vedersi riflessi nel proprio nemico, senza più rendersi conto delle differenze che danno un senso all’essere l’uno contro l’altro.
È come se la guerra che oggi si combatte su quel territorio fosse un residuo doloroso di quella guerra fredda che è stata combattuta e vinta attraversando quasi mezzo secolo di alti e bassi. Si può dire che nel mondo i modi di organizzazione dei Paesi e delle culture politiche sono un’infinità e tra essi hanno ancora un vigore assai minaccioso sia le dittature, i nazionalismi esasperati che i fanatismi.
Certamente qualche Paese potrebbe pensare che noi europei siamo troppo abituati alle comodità, irretiti dal nostro spirito tollerante e legati alla bellezza della vita democratica, per difendere armi in pugno i nostri connazionali e la nostra terra. Per alcuni questo può essere segno di debolezza ma per altri una ricchezza da rendere condivisibile. Forse Putin avrà pensato proprio questo. Chissà.
Difendere l’Ucraina dunque è il nostro modo di dargli torto, un torto ancora maggiore tra i tanti che ha. Ma contrastare una simile strategia richiede qualcosa di più di una tenuta logistica, militare, organizzativa, assistenziale. Richiede appunto di non perdere mai di vista il significato della democrazia che fa parte di noi. In altre parole dobbiamo essere capaci di sconfiggere le disumane pretese dell’autocrate stando ben attenti a non correre mai il rischio di finire col somigliargli, sia pure in buona fede.
Le democrazie si nutrono, essenzialmente, della loro capacità di pensare e organizzare la convivenza, che deve rimanere un punto fermo anche quando il mondo appare come luogo in cui l’eterno conflitto tra bene e male si confronta per la sfida finale. Prevalere restando pacifisti, fino in fondo, è forse la difficilissima prova a cui oggi siamo chiamati.
La mediazione e il dialogo sono armi invincibili, che possono essere indebolite e diventare dunque inefficaci per stanchezza, nervosismo, scarsa voglia di fare e, soprattutto, per la volontà di predominare gli uni sugli altri. Per avviare trattative diplomatiche serie occorre scegliere interlocutori autorevoli, credibili ed apprezzati da entrambe le parti. Le sanzioni sono un deterrente che ci costerà molto in termini di contraccolpi ma bisogna andare oltre. Dopo la pandemia gli italiani non potrebbero reggere ad ulteriori sacrifici.