Dirigenti locali e militanti lombardi della Lega sul piede di guerra:”La realtà dei nostri giorni ci obbliga a fermarci e riflettere”, si legge in una lettera aperta. Una lunga e articolata riflessione della base che prende atto della “realtà dei nostri giorni, dopo una svolta nazionale del movimento” e anche “degli ultimi insuccessi elettorali legati alla giornata del 12 giugno scorso.
Roma – La Lega del Nord tuona contro Salvini ed analizza impietosamente un andamento sempre più in discesa, almeno nei consensi, del Carroccio. Al di là di ogni valutazione appare indubbio che la base non si riconosce più in un partito che sembra avere smarrito la propria identità originaria. Insomma il popolo leghista chiede maggiore impegno e dirigenti che possano essere veri intermediari con le istituzioni locali e nazionali.
Pare proprio che il deficit di cui si lamentano tanti leghisti stia proprio nella perdita dei valori fondanti di un movimento che si è perso per strada dal momento che il nord non è più il volano di quella macchina organizzativa da cui muovere i fili per cavalcare l’intero stivale italiano. L’avvento di FdI ha poi determinato una grande insofferenza.
L’appello rivolto ai vertici del partito, che significativamente viene più volte chiamato movimento, dagli aderenti al messaggio, è quello, secondo i firmatari, di “tornare a parlare di ciò che ci è caro: Autonomia, autonomia, autonomia, scritto tre volte e in maiuscolo e poi contrasto all’immigrazione, sicurezza per il territorio e per i nostri giovani, lotta alla droga, lavoro, impegno per togliere il vergognoso reddito di cittadinanza e difesa dei temi della famiglia”.
Nella lettera, inviata ai vertici del partito, non manca il richiamo al vecchio leader:“…Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando la voce del grande Bossi tuonava nell’etere – scrivono i nostalgici – ma anche nei nostri cuori, come simbolo del Nord, di quella parte territoriale viva, produttiva, capace, ricca di positive prospettive per il futuro…”.
A distanza di anni, tra alti e bassi, si legge nella missiva, ci si ritrova ancora molto lontani da quelli che erano “i nostri valori e le battaglie per cui tutti noi lavoravamo con energie e sacrifici”. Questa l’amara constatazione della vecchia guardia che rischia di avere anche ragione.
Sono tante le richieste formulate, Innanzi tutto si punta ai congressi locali, d’altronde si attende da molto, troppo tempo l’elezione ufficiale delle figure di riferimento territoriali. Diretto il riferimento e l’insofferenza per i tanti commissari nominati.
L’invocazione è rivolta ai dirigenti affinché tutte le cariche tornino ad essere elettive. Basta, insomma, con le decisioni calate dall’alto – chiedono da Bergamo – e basta con gli ordini dell’ultimo momento, magari non condivisi e recapitati via sms o tramite Whatsapp. La sofferenza dei soci e dei militanti di sezione è palese e pare che la situazione stia esplodendo da un momento all’altro.
Tanti i militanti e dirigenti sotto accusa, ma la bomba che covava da tanto tempo è esplosa con grande fragore, proprio perché “la realtà dei nostri giorni ci obbliga a fermarci e riflettere”, si legge nella lettera aperta rivolta all’attenzione della Segreteria Federale Lega per Salvini Premier – Segreteria Nazionale e ai vertici lombardi e di Bergamo del Carroccio.
La comunicazione recapitata è una lunga e articolata riflessione della base che prende atto di tanti accadimenti, soprattutto dopo la svolta nazionale del movimento e anche degli ultimi insuccessi elettorali legati ai referendum ed alle amministrative.
Si può constatare come l’amarezza di tanti leghisti sia uguale all’insoddisfazione che in alcuni momenti si è verificata anche nel M5s. Insomma l’entusiasmo iniziale per entrambi i movimenti, trasformati ormai in veri e propri partiti, pare abbia ceduto il passo allo smarrimento ed alla delusione.
L’invocazione sembra sia sempre la stessa ovvero quella di ritornare alle origini. Ma per la Lega che con Salvini ha intrapreso un nuovo corso sembra tutto più difficile, perché se dal nord parte la protesta, al sud, invece, si è pienamente soddisfatti del cambio di rotta.
I vecchi slogan padani certamente non produrrebbero frutti, almeno in Sicilia, indipendentemente dalla semina e dai nuovi innesti politici.