La Commissione Europea introduce nuove regole che intendono contrastare non solo l’evasione fiscale ma anche la capacità di sottrarsi, in modo lecito ma spregiudicato, al pagamento di imposte, tasse e contributi da parte di certe aziende “di comodo”. Nel solo territorio dell’Unione Europea gli operatori fantasma costano non meno di 20 miliardi di euro in balzelli non pagati.
Roma – La disciplina delle società “di comodo” è stata introdotta con l’articolo 30 della Legge 724 del 23 dicembre 1994. Da allora ha subito notevoli modifiche ed ampliamenti, che hanno allargato la platea dei soggetti che rientrano nel suo perimetro di applicazione, nonché creato un quadro che oggi appare quanto mai complesso, articolato e suscettibile di diverse interpretazioni.
La norma vuole colpire le società “di comodo”, altrimenti dette “non operative”, ovvero le società che non esercitano una effettiva attività commerciale, non rispondono ad esigenze di tipo imprenditoriale, ma perseguono altri fini.
Sono soggette alla disciplina delle società di comodo: le società per azioni, le società in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società in nome collettivo, le società in accomandita semplice, le società e gli enti non residenti di ogni tipo, purché con stabile organizzazione nel territorio dello Stato. Ma come si fa a stabilire se una società è di comodo o meno?
Questa è di solito la parte più semplice della questione, perché una società è considerata di comodo se non supera il cosiddetto test di operatività, previsto dal comma 1 della Legge 724/94, oppure è in perdita per cinque periodi di imposta consecutivi, oppure si trova con quattro periodi in perdita e per il quinto non consegue il reddito minimo delle società di comodo determinato ai sensi del comma 3 dell’articolo 30 della Legge 724/94.
Per evitare, dunque, il perpetrarsi di abusi la Commissione Europea introduce nuove regole che intendono contrastare evasione ed elusione fiscale attraverso imprese che esistono solo su carta. Si stima che solo nel territorio dell’UE questi tipi di operatori fantasma costino non meno di 20 miliardi di euro in tasse non pagate.
Tutte risorse che potrebbero essere utilizzate per finanziare politiche a sostegno della popolazione. Ecco, pertanto, che l’Esecutivo Comunitario mette sul piatto una proposta di direttiva con cui gli Stati membri sono chiamati ad aumentare i controlli.
“…La maggior parte del reddito dell’azienda è passivo? La maggior parte delle sue transazioni sono transfrontaliere? La gestione e l’amministrazione sono esternalizzate? – sintetizza il Commissario Responsabile per la Tassazione, Paolo Gentiloni – se la risposta è sì per tutte e tre le domande, allora si dovrà cambiare regime fiscale…”.
E’ convinzione della Commissione che utilizzando una serie di indicatori oggettivi relativi a reddito, personale e locali, la proposta aiuterà le autorità fiscali nazionali a individuare società che esistono solo sulla carta.
Gli Stati, dunque, che ospitano sul proprio territorio queste società potranno chiedere alle Autorità di altri Stati di condurre accertamenti e indagini. Se in base agli accertamenti la società fosse considerata di comodo, questa non sarà in grado di accedere agli sgravi fiscali e ai benefici della rete di convenzioni fiscali del suo Stato membro.
Questo vuol dire che lo Stato membro di residenza della società negherà alla società di comodo un certificato di residenza fiscale o il certificato specificherà che detta società è proprio una di quelle in questione. “…Questa direttiva non è diretta contro un Paese specifico…”, aggiunge Gentiloni. Ma non è un mistero che Lussemburgo e Paesi Bassi siano terreno fertile per un certo tipo di imprese.
I tanti operatori che sfruttano le pieghe giuridiche per fare affari a spese dell’Erario sono avvisati. Una volta adottata dagli Stati membri, la direttiva dovrebbe entrare in vigore il 1 gennaio 2024. Insomma tra due anni la pacchia sarà finita. Riflettendo: perché fra due anni e non subito? Con “comodo“.