Un artista completo che ha preferito carta e penna al microfono comunque cavalcato con grande successo. I suoi testi hanno determinato il grande successo dei cantanti italiani e stranieri più famosi.
Dietro una canzone di successo, oltre alla bravura dell’interprete, c’è la creatività, la fantasia, l’acume, il talento e l’impegno dell’autore, tanto impegno. Bruno Laurenti (al secolo Bruno Incarnato) conosciuto con lo pseudonimo di Laurex, è più noto e apprezzato come autore che come cantante. Dopo diverse incisioni dal ’78 ai primi anni ‘80 e partecipazioni a manifestazioni canore come il Festivalbar del 1983, con la canzone Giulietta e Romeo, decide di appendere al chiodo i panni del cantante dedicandosi esclusivamente alla scrittura musicale per divenire in breve tempo un compositore apprezzato i cui testi hanno portato al successo contanti come Alex Baroni, Andrea Bocelli, Lucio Dalla, Massimo di Cataldo, Riccardo Fogli, Gianni Morandi, Anna Oxa, Ron, Tosca, solo per citarne alcuni.
Napoletano di nascita, Bruno vive ormai da tempo in Sicilia, è un artista raffinato e dalla sensibilità non comune e dalle sonorità eterogenee che affondano le proprie radici nella nostra tradizione popolare ma con uno sguardo sempre vigile alle nuove tendenze e a ciò che avviene oltreoceano. Un connubio fra tradizione e innovazione. Noi di Pop lo abbiamo incontrato per quattro chiacchiere fra amici:
Bruno quando hai cominciato a provare interesse per la musica?
“…In età molto precoce, ma allora non pensavo alla musica come ad una futura professione. Alle medie, ma già dagli ultimi anni di elementari, i compagni di scuola mi invitavano a salire sui banchi per cantare le canzoni di successo dell’epoca che avevo modo di sentire alla radio, prime tra tutti quelle di Gianni Morandi e Little Tony. Io mi prestavo volentieri perché mi piaceva cantare, per loro ero una sorta di jukebox dove, però, non dovevano mettere la monetina…”.
Qual è stato il tuo percorso, come sei diventato autore?
“…E’ nato in modo quasi automatico. Non avrei mai scelto razionalmente questo lavoro, che tra l’altro è un lavoro difficilissimo, non era nei miei progetti scrivere canzoni e mai avrei immaginato che le mie canzoni avessero successo. Però mi accorgevo che “inventavo” sempre dei motivi nuovi, anche se questo per me non significava ancora comporre o fare composizione, ma creare melodie con le sette note e la combinazione sette elevata alla settima. Erano brevi motivi ispirati dai sentimenti per le ragazzine che di volta in volta destavano il mio interesse e a loro dedicate; continuavo a ripetere quelli che più mi piacevano e un po’ mi compiacevo di me stesso ma la cosa finiva lì, perché comunque ero molto critico. All’inizio le mie composizioni duravano pochi secondi, poi osando sempre di più piano piano presero corpo: un minuto, due minuti fino ad arrivare a due minuti e mezzo che come diceva Giancarlo Bigazzi, mio carissimo amico, era approdare ad una canzone. Da qui, poi, è nato tutto. Fortunatamente non sono mai stato ostacolato dai miei genitori, studiavo sociologia ma fu mia madre, alla quale ero particolarmente legato, ad aiutarmi a tirar fuori questa forma d’arte e mi disse che, nel tempo, avrei compreso quale sarebbe stata la mia vera strada. Fu sempre lei ad a ispirarmi il mio primo ri-arrangiamento, quando la sentii cantare “Silenzio cantatore”, una vecchia canzone napoletana in tre quarti, cioè un tempo dispari, che ebbi l’intuizione di trasportare in quattro quarti, un tempo pari…
…Venne fuori una versione meno cadenzata e particolarissima, probabilmente frutto della musica del tipo più disparato ascoltata e assorbita fin da giovanissimo, che in seguito ha fatto sì che potessi scrivere per artisti dissimili tra loro, molto spesso autori delle loro stesse canzoni. Sono cresciuto in un periodo di forti stimoli e cambiamenti musicali a partire dai Beatles e Rolling Stones e ai gruppi a seguire: The Doors, Nirvana, Deep Purple, Pink Floyd, etc. e le musiche dei film di Ennio Moricone, che io ho sempre reputato un genio, e che ho avuto il piacere e l’onore di conoscere quando lavoravamo per la stessa casa musicale. Durante le sue registrazioni io restavo ad ascoltarlo in religioso silenzio. Un giorno incontrandolo in corridoio mi complimentai e gli dissi che adoravo la sua musica, soprattutto l’introduzione di “c’era una volta in America”, lui me la fischiettò quasi avesse uno strumento in bocca. Sapeva chi ero e mi disse che gli piaceva quello che avevo composto per Tosca, per me ricevere degli elogi dal grande maestro fu un’emozione unica…”.
Quando scrivi pensi già a chi sarà l’interprete o scrivi senza pensare ad un artista in particolare?
“…In verità entrambe le cose. Io lavoro con diverse case musicali, italiane e straniere, a volte capita che mi chiamino chiedendomi un pezzo per un cantante in particolare. Quando questo succede vado a ripescare nell’archivio della mia mente, e se non ricordo vado a risentirlo, il modo di cantare e le caratteristiche di quel determinato artista. Una volta compreso il movimento armonico, e il tipo di scansione nel movimento della voce posso comporre qualcosa di consono, filtrandolo però sempre attraverso la mia mente, la mia formazione musicale, il mio bagaglio di sentimenti e il mio cuore, perché la parte emozionale del brano è sempre e comunque mia, poi di volta in volta lo perfeziono nella direzione in cui l’interprete la canterebbe. A volte invece, volutamente, vado nella direzione opposta a come l’artista lo interpreterebbe, a seconda delle esigenze del brano e di come io l’ho pensato e proposto. Non ho mai scritto una canzone a tavolino. Capita invece che io scriva di getto; ad esempio per “L’amore che ci cambia la vita”, sono svegliato una mattina e ho detto “oggi scrivo un pezzo per Gianni Morandi. Non era assolutamente in programma e non sapevo nemmeno cosa Morandi stesse facendo in quel momento, se avesse inciso un disco o se stesse preparando altre cose, però l’ho fatto. Vivevo a Roma, al vicolo fontana di Trevi, nella casa in cui aveva abitato Totò e il padre di Roberto Murolo, Ernesto. Erano le 9 del mattino, alle 10 il brano era pronto. Svegliai il paroliere, che aveva lavorato tutta la notte, e gli feci preparare il testo, mancava ancora l’inciso ma quello è venuto fuori in sala registrazione mentre cantavo. A Morandi piacque e il resto è storia…”.
Hai scritto tante canzoni di successo, ma ce n’è una a cui sei particolarmente legato?
“…Forse quella a cui sono più legato ha avuto successo minore rispetto ad altre. Un canzone non è bella per il compositore perché ha avuto successo, ma perché rientra tra quelle che più gli arrivano al cuore. Sicuramente una di quelle a cui sono più legato è “Mi manchi da morire”, una canzone che è comunque famosa perché è stata cantata da Dennis (il vincitore della prima edizione di “Amici” quando ancora si chiamava “Saranno famosi“), ma non è quella che ha avuto più consenso…”.
Per Lucio Dalla hai scritto la bellissima canzone “Domani” e “Rispondimi”, come è nata l’intesa artistica con il compianto cantautore bolognese?
“…Sembrerà strano ma io non ho conosciuto Lucio attraverso le canzoni di mia composizione – conclude l’artista – facevo già il compositore ma non ero ancora famoso. D’inverno lavoravo a Roma con l’equipe di Maurizio Fabrizio, che è stato il mio maestro, e scrivevo per quegli artisti per i quali lui non riusciva a comporre perché troppo impegnato. Il produttore era Giancarlo Lucariello, quello che ha scoperto i Pooh e non solo. In estate, ogni anno per parecchi anni, venivo scritturato per suonare in un bellissimo e lussuoso albergo di Anacapri, dove soggiornavano ospiti provenienti da tutte le parti del mondo. Una sera mentre cantavo una mia rielaborazione di “era de maggio”, concentrato come al solito su ciò che stavo facendo e senza guardare chi avevo intorno, un signore con il cappello e gli occhi lucidi mi chiese: me la puoi ricantare. Riconobbi Dalla. Alla fine del bis, fece un segno di assenso e andò a sedersi. Io feci una pausa, e andai a ringraziarlo per l’apprezzamento e lui mi disse: non devi ringraziarmi, quando ti sento cantare mi viene voglia di smettere. E io: perché dici così, sei uno dei miei miti, colui che ha allargato la metrica ai cantautori, hai scritto canzoni meravigliose e io ho sempre seguito i tuoi insegnamenti. E lui rispose: Quando canti tu con questo cuore mi sembra che io dovrei smettere. Da allora diventammo amici, e cominciò una collaborazione artistica. Mi chiese anche di scrivere un brano per Ron e io scrissi “Sono uguale a te”. Proprio Lucio Dalla mi definì un Viaggiatore di mondi musicali…”.
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