ENRICO MATTEI E LA FRITTATA DI NONNA CATERINA

Il grande presidente dell'Eni era ricercato dalla polizia fascista e dai tedeschi perchè fervente partigiano cattolico. Trovò rifugio in Oltrepo in casa di contadini che gli salvarono la vita nascondendolo nel granaio. Nel 1962, ironia della sorte, Mattei perdeva la vita nei cieli della provincia di Pavia.

Fortunago – Braccato dalla famigerata “Sicherai” (Sichereits Abteilung), un reparto di polizia fascista al soldo dei nazisti, trovò ospitalità presso una famiglia di contadini in Oltrepo pavese dove rimase sei mesi nascosto in un abbaino. Spesso si riuniva ai suoi partigianicattolici” per combattere l’esercito di Salò in rotta salvando dai rastrellamenti decine di civili.

Militi della Sichereits Abteilung operanti in Oltrepo pavese. 

Generoso e coraggioso andava matto per la “Rugnusa”, la tipica frittata di uova con formaggio, pan grattato e salame finissimo tagliato a tocchetti. Con nonna Caterina aveva un rapporto particolare e quando molti anni dopo la fine della guerra ebbe modo di riabbracciare i suoi amici montanari, pur di rimanere un giorno in più con chi l’aveva salvato dalla morte, fece saltare un appuntamento con lo Scià di Persia Reza Palhavi. Quell’uomo forte ed elegante, dal piglio autoritario ma simpatico, era Enrico Mattei, compianto presidente dell’Eni.

Enrico Mattei partigiano.

Alla fine del 1944 imperversava la guerra civile. La Repubblica Sociale Italiana non era altro che uno stato fantoccio alle dirette dipendenze del Fuhrer e di Kesserling. In Oltrepò, il territorio padano in provincia di Pavia famoso per i suoi straordinari vitigni, la guerra stava prendendo una brutta piega sanguinosa perché tedeschi e fascisti avevano deciso di giocarsi il tutto per tutto prima di finire nel ridotto Valtellinese e arrendersi a partigiani e alleati.

La casa di San’Eusebio, comune di  Fortunago, dove Mattei rimase nascosto per sei mesi grazie all’amorevole assistenza di Caterina Vezzi.

Enrico Mattei, figlio del maresciallo dei carabinieri che arrestò il brigante Musolino, originario di Acqualagna, aveva poca voglia di studiare e il padre a 14 anni lo mandò a fare l’operaio verniciatore e poi in una Conceria di Matelica come fattorino nel laboratorio chimico del quale diventò vice direttore. A 23 anni si trasferì a Milano, giovane marchigiano di belle speranze, dove iniziò la sua carriera come venditore di solventi per concerie. Nel 1932 nel capoluogo meneghino aprì una piccola azienda di prodotti chimici che si ingrandì diventando Industria chimica lombarda l’azienda familiare durata fino agli anni ’90.

Giuliano Cereghini e la storia del partigiano Mattei

Come partigiano Mattei non fu da meno:”…C’era qualcosa nel destino di Mattei, che lo faceva trovare al punto giusto nel momento giusto – raccontava Giuliano Cereghini, appassionato di storia patria e già segretario comunale –  Mattei venne subito scelto dal Comitato di Liberazione Nazionale come responsabile dei gruppi cattolici che si andavano formando. Per le sue qualità di imprenditore fu scelto dagli industriali lombardi come destinatario del sostegno finanziario ai Partigiani Cristiani. Fu anche arrestato e riuscì a fuggire in maniera spericolata dal carcere di Como. Durante i combattimenti in questa zona riparò in casa di mia zia Caterina Vezza, morta nel 1967 a 87 anni. Quella santa donna non faceva che raccontarmi di quant’era bravo e generoso il futuro presidente dell’Eni che amava la sua frittata, adorava il suo vino ed i racconti davanti al camino. Enrico era ormai diventato un parente per tutta la mia famiglia e quando finirono le ostilità non si dimenticò affatto di noi…”. Il presidente dell’Eni, ormai uomo potentissimo e temuto in tutto il mondo, quando poteva tornava sulle colline dell’Oltrepò per incontrare le persone che, a costo della propria vita, non avevano esitato ad ospitarlo in casa come uno di loro.

Supercortemaggiore e il famoso cane a 6 zampe

E questo il grande uomo del miracolo di Supercortemaggiore, la potente benzina italiana, non l’aveva abbandonato ai soli ricordi:”… Me lo vidi spuntare nella casa di Sant’Eusebio a pochi chilometri da Fortunago – conclude Giuliano Cereghini – si fermarono tre auto scure e da quella che stava in mezzo scese il presidente che iniziò a salutarci e ad abbracciarci. Io ero un ragazzo e gli strinsi la mano mentre i suoi occhi diventavano lucidi alla vista di zia Caterina. Una volta in casa si accese il camino e per farlo contento l’anziana donna gli preparò la sua “Rugnusa” che gli piaceva tanto. Purtroppo non aveva a disposizione molto tempo ed il suo segretario batteva l’indice sull’orologio. In ballo c’era un appuntamento di lavoro con lo Scià di Persia. Mattei fece cenno di rimandare l’incontro. I suoi vecchi amici erano più importanti del petrolio. In quel momento…”.

Enrico Mattei periva in un incidente aereo (quasi certamente un attentato) il 27 ottobre 1962 precipitando con il jet dell’Eni nei pressi di Bescapè, in provincia di Pavia, proveniente da Catania-Fontanarossa. La provincia di Pavia ebbe a salvargli la vita almeno un paio di volte per poi morire nei cieli della città della Minerva. 
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