AL VINCENZO BELLINI DI CATANIA POP INCONTRA IL TENORE MASSIMO RUTA

Intervista a ‘’voce e cuore aperti’’. La passione, le rinunce, le speranze oggi di un corista.

ll teatro non è il paese della realtà […] ma è il paese del vero: ci sono cuori umani dietro le quinte, cuori umani nella sala, cuori umani sul palco.

(Victor Hugo)

 Incontro il tenore Massimo Ruta poco prima del Requiem di Mozart, tributo all’amico e sfortunato collega Marcello Giordani, siracusano, di grande e conclamata personalità artistica, venuto a mancare poche settimane fa. L’aspetto imponente, (ma i siciliani non erano curti e neri?), la parlata affabile ma decisa, ci avviamo nel tempio della lirica catanese, il mausoleo della musica sinfonica ed operistica, l’acustica migliore al mondo, di grande bellezza architettonica, innalzato e intitolato nel 1890 al ‘’Cigno’’ dagli occhi azzurri e dall’aspetto normanno (ma non avevano gli occhi come pece, i siculi?).

ph. Salvatore La Colla
ph. Salvatore La Colla

Vincenzo Bellini, figlio di una Terra traboccante di contrasti, aspra e “buttanissima’’, ma anche appassionata e romantica, come le sue Ouverture, e le Arie da Camera. I catanesi amano Bellini, secondo solo ad Agatha, la ‘’santuzza’’ martire protettrice di Catania, e non accetterebbero impassibili la chiusura. E ci starebbe pure un miracolo, vista la grande criticità del momento, il senso di precarietà dei lavoratori e degli artisti, il timore per la chiusura del teatro. Della serie “Non è vero, e se lo fosse non ci credo’’.

ph. Salvatore La Colla
ph. Salvatore La Colla

Ho l’imbarazzo della scelta dove sedere, viste le numerose sedie rosse. 95, attualmente occupate solo da 53 coristi, invece che dai 90 previsti sulla carta. Infine scelgo il familiare, rassicurante rettangolo della panchetta del pianoforte, mentre chiedo al mio interlocutore della sua ‘’conversione’’ al canto lirico, visti gli studi navali militari frequentati da giovane.

ph. Salvatore La Colla
ph. Salvatore La Colla

M.R. “Il mio rapporto con la musica risale ad ancora prima della nascita, perché a casa mia si ascoltava tanta musica sinfonica, ma anche pop, jazz, lirica e tutta la buona musica. A 16 anni avevo la passione per il mare, così mi iscrissi alla Scuola di Marina militare’’ Morosini’’ a Venezia, e non pensavo di intraprendere la carriera lirica. Finita l’esperienza militare ritornai a Catania, e iniziai l’Università. A 27 anni la svolta. Durante un concerto operistico in piazza, pieno di entusiasmo, decido di presentarmi per un’audizione dal maestro Celso, negli anni ‘80 uno dei più qualificati insegnanti di lirica, che però mi disse subito che non aveva spazio per inserirmi. Insistetti, lo pregai di sentire anche un solo vocalizzo. “E va bene, fammi sentire brevemente, però’’ fece lui. Eseguii, e subito dopo aggiunse: “Vieni domani mattina’’.

In seguito, negli anni 90, avendo già una piccola base tecnica, feci un’audizione presso il maestro Massimo De Bernardt, a Palermo, e con lui debuttai a Mantova nel Rigoletto, nel ruolo del duca di Mantova. Nel frattempo mi ero sposato e, dovendo scegliere tra la carriera da solista e la famiglia, scelsi quest’ultima, così nel ’96 sono entrato nel Coro del Bellini e non ne sono più uscito.

Lei è anche Segretario aziendale della UGL, certamente soffre due volte della situazione critica in cui si trova il teatro.

M.R. Certamente soffro una condizione di incertezza, di stallo. Ho debuttato qui nel ‘96 con “La sonnambula”. È stata un’esperienza esaltante perché sulla scena passavano i grandi nomi: Pietro Ballo, Valeria Esposito. Daniela Dessì, Daniel Oren, Giuliano Montalto, Simone Alaimo, Fabrizio Maria Carminati… confrontarsi con questi mostri sacri è stata un’esperienza formativa indelebile, impossibile pensare che non possa più ripetersi.

Certamente, tutti ci auguriamo che non sia così. Ha un ricordo particolare dei concerti all’estero?

M.R. Ricordo una trasferta non bella, in particolare. Durante il volo per San Pietroburgo, ci affiancarono due aerei militari russi. Era l’11 settembre del 2001, ed erano state attaccate da pochi minuti le torri gemelle americane, un brutto ricordo. Ma al di là di questo brutto momento, dovunque siamo andati, siamo stati accolti come ‘’extraterrestri’’. I russi, come i giapponesi, ci amano molto. Purtroppo l’ultima trasferta è stata 5 anni fa, in Cina, poi più nulla. È un peccato, perché il nostro teatro, orchestra e coro, all’estero è considerato una vera ‘’leggenda’’ della musica belliniana, perciò spero che qualcuno rifletta bene, prima di emettere sentenze di chiusura, perché il teatro è parte integrante della cultura, della stessa vita dei catanesi.

Cosa ha dovuto sacrificare alla musica, ad oggi? Come immagina sia la situazione tra qualche anno?

ph. Salvatore La Colla
ph. Salvatore La Colla

M.R. Quando racconto il lavoro che faccio, c’è ancora qualcuno che commenta: “Vabbè, ma non è un lavoro vero’’. Non si rendono conto che dietro c’è un lungo studio e una disciplina ferrea, che ti fa rinunciare a tanto. Da giovane uomo ho sottratto tempo agli svaghi, agli hobby, in seguito forse anche un po’ alla famiglia, ho fatto del mio meglio. Per il ‘’mantenimento’’ della voce nel tempo, poi, bisogna studiare sempre e, specialmente con l’età che avanza, bisogna fare i controlli dal foniatra. Poi si va dal maestro, che ogni tanto ti rimettere a posto le corde. In passato, se si pensava di uscire coi bambini e il giorno dopo avevo un concerto, rinunciavo, perché il colpo d’aria era sempre in agguato. E’ come fare il tagliando: è necessaria la manutenzione dell’apparato vocale. Tutto questo ha un costo, che il cantante deve affrontare in proprio, non è previsto nessun rimborso. Sono aspetti personali limitanti, ma se dovessi ritornare indietro rifarei la stessa scelta.

Come immagino il teatro tra qualche anno? Beh, non posso essere che ottimista, devo esserlo, e immagino un teatro in ripresa, vivo, con i concerti nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, oltre che nei teatri d’ Europa. E non è un sogno, le richieste ci sono. Occorre la volontà, molta competenza e dialogo. Però il teatro vale questo nostro impegno, i sacrifici, le rinunce. Essere uniti adesso è fondamentale, cercare tutte le strade percorribili perché la musica non si ‘’spenga’’ mai. Perché Bellini, qui, nella sua terra, innanzitutto deve ‘’vivere’’, fare scuola e formare nuove voci belliniane… per mille anni ancora.

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