In questa campagna elettorale se ne sono viste di tutti i colori. Scoop, inchieste e liste di impresentabili sono scoppiate come bombe ad orologeria a ridosso dell’apertura dei seggi. Tanto per cambiare. Certo è che la politica deve darsi una ripulita, cosi com’è puzza di marcio. E i cittadini fuggono a grande distanza per non sentirne il tanfo.
Roma – Suona il “silenzio” elettorale. Tutti i candidati, dopo la sfida all’ultimo comizio, sono costretti ad astenersi da qualsiasi attività propagandistica. Il venerdì della “vigilia” è trascorso fra le ultime telefonate agli indecisi (stimati tra il 30 e il 40%), le riunioni in segreteria e gli ultimissimi selfie, video e passerelle dei big ormai duramente provati. Fra i principali competitor c’è chi ne ha approfittato per sparare fragorosamente le ultime cartucce al veleno ritenendo di aver centrato il bersaglio. E se fosse stato un boomerang?
Comunque stiano le cose l’assenza, nei grandi centri urbani, di una classe dirigente degna di questo nome e capace di dialogare sia con l’elettorato delle periferie, che con la borghesia delle élite cittadine, è stata la maggiore protagonista di questa tormentata e poco dignitosa campagna elettorale. Certamente ogni valutazione è rinviata a martedì, quando si conosceranno i risultati. Alla fine solo questi contano. Infatti soltanto allora si potranno azzardare alcune riflessioni, per esempio quelle sulle percentuali di astensionismo e se queste abbiano o meno influito sul risultato finale.
Si renderà del tutto evidente la debolezza dei movimenti politici costruiti in funzione di leadership forti e carismatiche, che non sono riusciti a realizzare dal basso un dialogo trasversale con le comunità. In ogni caso dopo i tristi accadimenti di questi giorni è ancora più forte l’esigenza di una dirigenza politica preparata, credibile, leale e capace di pensare con la propria testa. La politica deve ritrovare serietà e credibilità e rinnovarsi in toto. Non è più possibile “sopportare” i politici perennemente all’arrembaggio per tutelare esclusivamente i propri interessi.
Perché ciò accada è basilare effettuare un passaggio importante: un dibattito democratico, coraggioso e innovativo all’interno degli stessi partiti. Insomma se si vuole davvero cambiare, pensando oltre Draghi, attualmente l’unico scudo protettivo, utile ai partiti per celare tutte le proprie incapacità, bisogna prepararsi e non avere paura di dedicare il tempo necessario alla rinascita della politica ed al confronto con i cittadini. Il tempo dei paggetti e dei lecchini del leader di turno è finito
Solo partendo in anticipo si potrà stimolare un cambiamento che sia non solo propedeutico alle elezioni, ma esclusivamente in funzione dell’interesse collettivo. La parola emozione è uno stato d’animo che, purtroppo, manca da tempo e fin quando non si trasmetterà questo sentimento al popolo il cittadino rimarrà ancorato alla disillusione mantenendosi ben lontano dalle urne.
E mentre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella cerca una nuova casa a Roma per prepararsi alla pensione, crescono i malumori tra i partiti con veline dai chiari intenti denigratori. Intanto la Commissione Parlamentare Antimafia presieduta da Nicola Morra, ha pubblicato la lista dei candidati “impresentabili” alle elezioni del 3 e 4 ottobre, individuati in base al codice di autoregolamentazione della Commissione e alla Legge Severino. Un po’ tardi ma tant’è.
Fra questi c’è anche l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano che è stato condannato in primo grado a 13 anni e 2 mesi nell’ambito del processo “Xenia”, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Lucano è candidato alle regionali in Calabria, nella lista che sostiene De Magistris.
Nicola Morra Mimmo Lucano
Il presidente della Commissione Antimafia Morra ha spiegato che se Lucano venisse eletto risulterebbe sospeso di diritto perché ha riportato una condanna, sebbene non definitiva, per alcuni reati legati alla Legge Severino tra cui peculato e abuso di ufficio. In attesa della futura sentenza della Cassazione sino alla quale Lucano rimane un cittadino innocente.
Della lista degli impresentabili quattro sono candidati alle comunali di Roma: Marcello De Vito (ex M5S e presidente dell’Assemblea capitolina in questa legislatura) e Maria Capozza, entrambi di Forza Italia. Seguono Antonio Ruggiero e Viorica Mariuta, entrambi della lista Movimento Idea sociale a sostegno del candidato sindaco Gianluca Gismondi.
Nei confronti della donna risulterebbe una condanna non definitiva per peculato. Poi c’è Antonio Ruggiero, anche lui del Movimento Idea sociale, che ha un decreto di giudizio per impiego di denaro, utilità o altri beni di provenienza illecita. Infine Maria Capozza, di Forza Italia – Berlusconi per Michetti: per lei il giudizio per corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio.
Gianluca Guarnaccia, per la lista Coraggio Cosenza che sostiene il candidato sindaco Francesco Caruso, sarebbe impresentabile per due rinvii a giudizio per un reato con aggravante mafiosa, e per il reato di associazione di stampo mafioso. Domenico Barbieri è candidato alle elezioni comunali di Siderno con la lista Corriamo insieme, a sostegno di Antonio Cutugno. Il candidato calabrese risulterebbe sospeso di diritto perché avrebbe riportato una condanna non definitiva a sei mesi di reclusione e 1.032 di multa per il reato di coltivazione di stupefacenti.
Per Carlo De Gregorio, candidato a Napoli, sarebbe stata emessa una condanna in primo grado per importazione, detenzione e commercio di sostanze stupefacenti. Mentre a Bologna Riccardo Monticelli, della lista di Coalizione civica, coraggiosa, ecologista e solidale; colpevole di detenzione di droga ai fini di spaccio, non si poteva candidare perché gli sarebbe stata inflitta, con pronuncia irrevocabile, la pena di 4 mesi di detenzione e 1000 euro di multa per il delitto prima evidenziato. Al momento della presentazione della candidatura, però, nel certificato del casellario giudiziale non c’era traccia della pronuncia.
Infine c’è Franco Metta, candidato sindaco a Cerignola. Il tribunale lo avrebbe dichiarato fuori dai candidati perché già sindaco di un Comune sciolto per mafia. Franco Metta ha presentato ricorso. Siamo messi bene, non c’è che dire.