La situazione è drammatica, a dire poco. Il tasso di occupazione femminile nel 2020 è sceso al 49%, con un divario rispetto a quello maschile del 18,2%. Questa situazione si è manifestata con maggiore incidenza dove erano presenti forti criticità: le giovani, le donne del Mezzogiorno e quelle con figli. Il Bilancio di Genere è in netto svantaggio per le donne.
La pandemia, che ancora ci sta facendo vivere giorni difficili, ha confermato la profonda disparità di genere per le responsabilità di cura domestica e familiare. Tanto che si è parlato di un vero e proprio fallimento redistributivo tra i due sessi del tempo di lavoro e di cura. Queste considerazioni sono emerse dalla Relazione sul Bilancio di Genere riguardante il 2020.
Nella premessa del documento, la sottosegretaria al MEF (Ministero Economia e delle Finanze) Cecilia Guerra ha dichiarato molto chiaramente che: “…Le donne dedicano un numero maggiore di ore di lavoro domestico e familiare rispetto agli uomini sia prima dell’emergenza Covid-19 che durante la pandemia, senza nessun significativo cambiamento nei tradizionali ruoli di genere all’interno delle coppie…”.
La crisi scaturita dal virus, in effetti, è stata particolarmente cruenta con le donne e si è tradotta non solo nella perdita di posti di lavoro e di una, conseguente, fragilità economica ma anche in una relazione vita-lavoro più dura del passato, amplificando il divario di genere.
Inoltre il mercato del lavoro è stato un continuo elenco di aspetti deleteri: il tasso di occupazione femminile nel 2020 è sceso al 49%, con un divario rispetto a quello maschile del 18,2%. Questa situazione si è manifestata con maggiore ferocia laddove erano presenti forti criticità: le giovani, le donne del Mezzogiorno e quelle con figli.
Coloro che non studiano e non lavorano (Neet, Not in Education, Employment or Training) sono cresciute quasi del 30% con un divario preoccupante con l’Unione Europea dove la media è del 18%. Per non parlare delle donne costrette al part-time involontario che sono schizzate al 61,2% delle occupate contro una media europea del 21,6.
La responsabilità di cura domestica e familiare si è tradotta in un carico ulteriore di lavoro totale per le donne che hanno potuto svolgere il lavoro retribuito da remoto (smart working), in cui lo spazio tempo coincideva con quello di cura, non retribuito. Oppure addirittura la riduzione o, peggio, l’abbandono del lavoro retribuito per altre donne.
Fino a quando non sarà adottata una condivisione delle responsabilità, nei fatti, per entrambe i generi, non si potrà cambiare lo sbilanciamento attualmente a svantaggio delle donne.
Oltre a questa situazione un altro aspetto che è molto peggiorato riguarda la violenza di genere non solo in Italia, tanto che l’ONU ha parlato di “pandemia ombra“. Il nostro Paese è molto in ritardo nel contrasto del fenomeno della vittimizzazione secondaria, ovvero quando le vittime di abusi e/o crimini subiscono una seconda aggressione.
In pratica succede che le cosiddette agenzie di controllo composte da medici e sanitari, polizia, avvocati e magistratura possono non credere alla versione della vittima, ribaltandone i ruoli. Questa peculiarità è manifesta anche per la inadeguata formazione dei diversi attori coinvolti nel percorso di fuoriuscita dalla violenza.
L’occasione di una svolta potrebbe scaturire dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) in cui si punta sul concetto di gender mainstreaming ovvero un processo che consente di comprendere meglio le cause delle disparità tra donne ed uomini nelle nostre società e di identificare le strategie più adatte a combatterle.
Un approccio che richiede una valutazione dell’impatto in tutte le fasi, programmazione, attuazione, monitoraggio, valutazione ex-post per orientare le risorse. Ricordando che le donne rappresentano più della metà della popolazione. Speriamo bene perché il Bilancio di Genere, attualmente, è molto sbilanciato a sfavore delle donne.
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