Chi riteneva che lavorare da casa fosse una gran bella comodità si è dovuto ricredere su tutta la linea. Stress e altre patologie, anche gravi, possono colpire chi fa uso del computer in maniera non corretta e, soprattutto, per più ore al giorno. Non è affatto un lavoro intelligente, tanto che in moltissimi reclamano il contatto con capi e colleghi, con i loro pregi e difetti.
Roma – In presenza o da remoto, il lavoro è sempre fatica. Arti, mestieri e professioni sono sempre stati un tratto caratteristico della società umana. Già dalla preistoria l’uomo è stato costretto a lavorare per sopravvivere, obbligato dalla situazione oggettiva. In fondo non era un lavoro, fatto di dura fatica, la quotidiana lotta per non soccombere nelle avversità?
Questa peculiarità l’uomo se l’è trascinata nel corso dei secoli. Tant’è vero che nella tradizione popolare si è soliti affermare che “si lavora per mangiare“. Nel corso dei secoli ma, soprattutto, con la rivoluzione industriale il lavoro è diventato un vero e proprio totem da venerare. Fino ad arrivare al nuovo che avanza: lo smart working, il demiurgo dei tempi ipertecnologici, colui che risolve tutti i problemi!
C’è chi lo ama e chi lo odia, come succede spesso quando ci sono novità che sovvertono il modo di produzione, il rapporto sociale di produzione ed il tempo di lavoro. C’è, dunque, chi preferisce lavorare tra le mura domestiche e chi rimpiange gli spazi professionali condivisi con capi e colleghi. Un dato è certo: nell’uno e nell’altro caso lo smart working c’è e non andrà via tanto facilmente, soprattutto, dopo aver cambiato il concetto stesso di lavoro.
Per quanto riguarda il lavoro da remoto che riguarda le donne, diversi studi hanno evidenziato che può essere funzionale per i tempi della famiglia, a beneficio persino delle abitudini dei bambini. D’altro canto sempre più persone manifestano stress, senso di insoddisfazione e reclusione. Gli esperti di organizzazione del lavoro hanno definito questa condizione con la locuzione di: smart working fatigue.
Altro che lavoro intelligente com’è stato definito all’inizio della pandemia, quando sono stati esaltati gli aspetti positivi del lavoro da casa! Dormire un’ora in più, evitare il traffico, non essere costretti alle gentilezze con i colleghi che ti stanno sulle balle. Però ecco che, dopo la cotta iniziale, si è palesata l’altra faccia della medaglia.
Frequenti sbalzi d’umore, una tensione fisica che arriva ad essere quasi insopportabile, intolleranza nei confronti di quello che succede intorno, riduzione della capacità di concentrazione. Non sono concetti frutto di pettegolezzi o del “si dice in giro” ma dati raccolti dalla società Gartner Inc. – una società dedita alla consulenza strategica, ricerca e analisi nel campo della tecnologia dell’informazione, con sede a Stamford nel Connecticut, Usa.
Ebbene è emerso che quella sensazione di vivere giornate infinite è reale e molto diffusa. Si ha la percezione che, lavorando da casa, le ore trascorse davanti al monitor del computer siano cresciute di due o tre e con esse anche lo stress. Sembra quasi di non riuscire a staccare veramente: il che può corrispondere al vero, perché nella maggior parte dei casi questo non avviene. Si preferisce restare più a lungo al computer per terminare una scadenza o non riuscire ad interrompere un progetto.
Si è portati a pensare che del resto si è già a casa ed il fatto di non doversi preoccupare del traffico o della distanza tra il luogo di lavoro e la propria abitazione, viene considerato molto consolante. Ma in questo modo ci si trova a lavorare più tempo ed anche con effetti negativi. A tutto questo scenario vanno aggiunte le normali interferenze familiari. Ad esempio, un compagno anche lui in smart working o in cassa integrazione che gironzola per casa, i bambini che hanno bisogno di attenzioni quando non sono a scuola.
E’ come se fossero stati tranciati di netto i confini tra il lavoro e lo spazio personale. Non si comprende quando finisce l’uno e inizia l’altro. Per non parlare, poi, delle continue videoconferenze e videochiamate effettuate durante la giornata. Un fatto è scontato: il lavoro, sia in presenza o da remoto, fa male alla salute. Idem quando lo si perde, per gli effetti noti a tutti. Siamo sicuri che l’uomo sia davvero un animale intelligente se non è riuscito, finora, ad uscire da questa impasse?