La perdita di gas avrebbe potuto provocare un disastro più grave. Per una falla ai sistemi di sicurezza un temporale ha causato un incendio sottomarino con tutti i guai che ne sono seguiti per fauna e flora immerse. Il responsabile della piattaforma petrolifera è stato denunciato per corruzione.
La storia delle civiltà umane, da Oriente a Occidente, ha concepito l’esistenza come il risultato di una stretta relazione tra il Microcosmo umano e il Macrocosmo della natura. Dall’equilibrio degli elementi di quest’ultima dipendeva la vita della specie umana e la sopravvivenza del Cosmo. Le nostre reminiscenze scolastiche ci riportano all’antica Grecia e ad i 4 elementi studiati dai filosofi: acqua, aria, fuoco e terra, che più o meno snocciolavamo come una filastrocca.
Eravamo consapevoli che acqua e fuoco erano elementi in contrasto tra di loro, per ovvi motivi. Ma a inizio luglio abbiamo assistito ad uno spettacolo inconsueto: un incendio nel cuore dell’oceano Atlantico, nel Golfo del Messico. Le fiamme hanno continuato ad ardere per ore, un fenomeno tanto spettacolare, quanto spaventoso.
Si è trattato di un incendio sottomarino causato dalla perdita di un gasdotto. La deflagrazione ha coinvolto l’azienda petrolifera statale Petróleos Mexicanos, conosciuta come Pemex. Nell’acqua si è formato un vero e proprio occhio di fuoco.
Le fiamme, che in principio sembrava non volessero estinguersi, hanno sfiorato la piattaforma Ku-Charly che si trova a appena 140 metri dall’esplosione. Per fortuna non sono state registrate vittime, né feriti e non è stato necessario evacuare la zona.
L’incendio è stato domato dopo ben cinque ore e mezza, grazie all’intervento di alcuni mezzi speciali che hanno utilizzato getti di acqua e azoto. Ancora sconosciuta l’entità dei danni ambientali causata da un fenomeno tanto incredibile, quanto inquietante.
E’ da mettere in conto, oltre al fuoco che si è esteso sulla superficie dell’Oceano, la notevole perdita di gas avvenuta in profondità. L’Agenzia messicana per l’Ambiente ha assicurato che non ci sono stati versamenti in mare di petrolio. Spiegazione scontata ma le certezze sono davvero poche. Ma com’è possibile che le fiamme si siano propagate sott’acqua?
Questo fenomeno che ci appare impossibile, in realtà non è così raro. Per alimentare il fuoco in mare sono necessari combustibile, calore e ossigeno. Quando il calore prodotto dalla combustione supera i 2mila gradi si genera un processo, detto elettrolisi dell’acqua (idrolisi) attraverso cui la molecola subisce una scissione in ossigeno e idrogeno.
Alla reazione iniziale, si aggiungono idrogeno e ossigeno che alimentano la combustione e il calore sprigionato. Si innesca una reazione a catena che impedisce lo spegnimento delle fiamme senza un intervento esterno.
Sembrerebbe che tutto sia iniziato in seguito ad un forte temporale che avrebbe causato notevoli danni ai macchinari della piattaforma petrolifera. La perdita di gas è avvenuta precisamente nella Baia di Campeche, a sud del Golfo del Messico, dove è stato realizzato il più grande campo petrolifero della società.
C’è da dire che la Pemex è da sempre un’azienda molto chiacchierata, soprattutto per il forte indebitamento. Nel 2019 l’ex boss della compagnia Emilio Lozoya è stato incriminato per corruzione, insieme a buona parte del suo parentado quindi estradato dalla Spagna, sua nuova residenza, al Messico.
Ora se l’espressione occhio di fuoco è molto suggestiva nella descrizione del fenomeno e richiama atmosfere oniriche, l’intervento dell’uomo, in un modo o in un altro, riesce sempre a produrre danni. Sarebbe ora di smetterla.