Il centrodestra si lecca le ferite ma non cambia strategia. Cosi andrà meglio

La destra italiana fa i conti con gli esiti di una campagna elettorale sconclusionata che ha dato libertà di respiro al centrosinistra. Che ora può iniziare a pensare in grande.

Roma – Sul fronte Covid, nonostante il nuovo picco di contagi, il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa,ha garantito che al momento sul tavolo del governo non c’è nessuna misura restrittiva in esame, nonostante sia importante non sottovalutare la diffusione del nuovo ceppo virale. Nel frattempo più di qualcosa nel centrodestra non funziona. I leader s’interrogano, ma ogni regione e Comune ha le sue fragilità e l’aria che si respira è soltanto di rivalità e di pregiudizio.

Le letture a freddo dell’esito dei ballottaggi, che hanno fatto riprendere fiato al Pd ed al M5s, non si fanno attendere. Monza è un caso emblematico. Carroccio e Azzurri hanno perso nel cuore del Nord, in quella Brianza fatta di piccole “grandi” imprese, di partite Iva e di artigiani. Fratelli d’Italia nel contempo non è in grado di intercettare il voto in uscita dei delusi da Salvini e Berlusconi.

Consenso che finisce nell’astensione o su liste minori, favorendo il successo del Pd e del Centrosinistra. L’altro caso è quello di Verona. Il fondatore di F.I. ha dato un primo segnale forte, in Lombardia, lasciando che Moratti scendesse in campo contro Fontana proprio nella culla leghista.

Nonostante i leader di centrodestra invochino unità e pazienza, nei fatti ci si muove come concorrenti mancando quel filo rosso che dovrebbe legare i partiti. Certo, nel centrosinistra dopo i festeggiamenti non vi è molto di cui andare fieri perché del campo largo tanto invocato da Letta non v’è traccia. L’unico slargo che si è realizzato è stato con Leu ed M5s il quale non attrae gli altri potenziali alleati del centro.

Flavio Tosi

Il secondo ceffone che il centrodestra ha ricevuto è stato proprio a Verona, dove la candidatura di Flavio Tosi, ex leghista uscito proprio in polemica con Salvini, ha spaccato la coalizione ponendo le basi per la storica vittoria di Damiano Tommasi. Per non parlare di Catanzaro dove è stata persa una roccaforte simbolica per l’ex Casa delle Libertà.

La verità è che dove il centrodestra si chiude nei vecchi schemi o peggio, nelle vecchie liti, non convince gli elettori. Dovrebbero essere analizzati meglio i risultati delle elezioni, alla luce del tasso da record di astensionismo che ha caratterizzato le amministrative. Gli schemi del passato forse possono salvare qualche poltrona, non di certo la politica o il Paese.

Ora resta da scoprire la strategia che adotterà Enrico Letta

Il segnale per le politiche è chiarissimo. Se si torna al vecchio schema Lega – Fratelli d’Italia – Forza Italia le possibilità che vinca Letta sono sempre maggiori. Questo perché l’attuale coalizione di centrodestra non entusiasma e i dissapori, i rancori e le vendette incrociate si percepiscono e non galvanizzano l’elettorato che continua a disertare le urne. Al centrodestra non basta dire che uniti si vince e divisi si perde, lo slogan non funziona più.

Ciò che gli italiani desiderano è sentire proposte realizzabili nei territori e nel Paese, che migliorino la qualità della vita e facciano sentire l’orgoglio di appartenere ad una comunità che invece vive di affanni, burocrazia ed incertezze giornaliere. Il tempo delle foto dei leader sorridenti e dei selfie è finito e non convince più. Adesso è inutile leccarsi le ferite, perché ciò che è successo era ampiamente prevedibile.

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