L'alta percentuale di inquinamento delle acque fluviali, lacuali e palustri non predice nulla di buono. Anche la salute pubblica ne risente. Gli interventi di bonifica sono praticamente inesistenti. Per non parlare del mare.
E’ un’involontaria parafrasi della famosa melodia canora napoletana “lacreme naputitane” dell’altrettanto famoso interprete, oltre che della canzone, anche del melodramma partenopeo: la sceneggiata, Mario Merola. Il testo, pubblicato nel 1925, narra le vicende di un emigrato napoletano lontano dalla famiglia, che in occasione del santo natale avverte la nostalgia dei suoi cari. Versando lacrime amare, rimpiangendo il cielo azzurro e il paesaggio marinaro della città natale, rimarcando il sapore amarognolo e faticoso del “pane conquistato” da chi è costretto all’espatrio oltreoceano.
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E facendo notare la “sofferenza interiore che nasce dalla lontananza dai propri affetti”. Una lama rovente che si conficca nelle proprie carni, nonostante abbia, adesso, qualche spicciolo in tasca rispetto alla povertà originaria, ma avverte di essere un “pezzente dei sentimenti” perché lontano dalla sua amata Napoli. Ma il pensiero dei cari rimasti a casa gli dà la forza per continuare a sacrificarsi per il benessere della famiglia, nonostante il tradimento da parte della moglie con il marito lontano, evidenziando ancora una volta il costo elevato delle lacrime che provoca l’America per gli emigranti napoletani. Emerge, inoltre, la consapevolezza di sentirsi” carne da macello”, un emigrante, trovandosi nella condizione di chi ha perso casa, patria ed onore.
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Qui, interessano, invece, le lagrime che piangono i fiumi, mari e laghi italiani e con essi le comunità circostanti per l’alto livello dell’inquinamento delle proprie acque. Circa il 60% dei fiumi e dei laghi italiani non godono di buona salute, in quanto contaminati da pesticidi. L’ultimo Annuario dei dati ambientali a cura dell’ISPRA, L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, è in fase di pubblicazione. Tuttavia, dai dati trapelati risulta che nelle acque di fiumi, laghi e di acque marino-costiere e nelle falde sotterranee è depositato di tutto e di più: pesticidi, antibiotici, microplastiche, creme solari, molte sostanze e composti chimici che vengono usati nella vita quotidiana vanno ad inquinare i corpi idrici, mentre le acque che pur non essendo colpite da malanni, non vengono adeguatamente protette.
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Legambiente, da oltre 30 anni in prima linea per la difesa delle acque, ogni estate naviga lungo le coste italiane con Goletta Verde, un team di tecnici e biologi che analizza campioni d’acqua, circa 300 all’anno, attraverso un rigoroso monitoraggio scientifico. In giro per l’Italia è emerso che:
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Su tre punti del litorale molisano, risulta inquinata la foce del Sinarca, nel quale, in passato, è stato sversato di tutto;
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In Veneto, l’inquinamento risulta da una serie di cause, tra cui cattiva depurazione, erosione costiera, abusivismo edilizio e beach litte (lettiera da spiaggia);
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Degli 8 punti monitorati nelle acque del Laghi Maggiore e Ceresio e poi sottoposti ad analisi microbiologiche solo due risultano nei limiti di legge. Nel mirino delle analisi ci sono stati canali e foci, i principali veicoli con cui l’inquinamento microbiologico, causato da cattiva depurazione e da scarichi illegali, arriva nei laghi;
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I punti monitorati sulle sponde piemontesi confermano Arona maglia nera del Verbano, con gravi ripercussioni sulle vicine cittadine lacustri, che basano la loro economia sul turismo e le acque pulite ne costituiscono un presupposto fondamentale.
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Nel nostro paese la mappa dell’inquinamento idrico è costellata da bandiere rosse. A parte che il… rosso in politica è caduto in disgrazia da un po’, ormai è desaparecido ed è simbolo di negatività. Ad esempio, il conto bancario quando piange, si dice che è in…rosso, così come quando la propria auto è in riserva, si accende una spia…rossa, E’ un colore che non fa trend: e fuori moda!
Le ragioni dell’inquinamento idrico sono il risultato di una serie di fattori, tra cui:
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una rete fognaria spesso priva di impianti di depurazione efficaci;
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sostanze organiche con elevati livelli di ossigeno per decomporsi, privandone così le acque;
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residui di farmaci, come gli ormoni delle pillole anticoncezionali espulsi con le urine, che interferiscono col ciclo produttivo dei pesci;
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residui che dovrebbero essere eliminati in altro modo, ad esempio oli per motori, vernici e simili;
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carte e residui di detersivi, alcuni dei quali, candeggina, ammoniaca, considerati come veleni ambientali letali;
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inquinamento dovuto a scarichi industriali e attività agricole, con un massiccio impiego di fertilizzanti e pesticidi.
Un capitolo a parte merita il fiume Sarno, in Campania. Nel senso che è un problema accertato dagli anni ’80 del secolo scorso e siamo ancora qui a parlarne. Anzi nel tempo, la situazione è peggiorata. Sempre Legambiente ci illustra che sono state e sono ancora numerosi gli scarichi illegali e illeciti sversamenti da parte di imprese dell’area del Bacino Idrografico del fiume Sarno. Le probabili cause inquinanti possono dipendere da:
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scarichi di reflui industriali, prevalentemente conciari per quanto attiene al torrente Solofrana, un affluente e da industrie conserviere per il Sarno, effettuate illegalmente da aziende per evacuare i propri reflui industriali;
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scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da piazzali esterni alle attività conciarie ed industriali in genere, interessati dallo stoccaggio dei rifiuti speciali e/o dal deposito di materiali contaminati;
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scarichi di reflui della rete fognaria, costituiti dal “troppo pieno” a servizio della rete stessa e/o da interi tronchi di rete fognaria non collettati ad alcun impianto di depurazione.
Questo è lo stato dell’arte delle acque italiane, le cui amare lagrime ci si augura che non aumentino ancora. Altrimenti si… affoga. Tutti!
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