Certa politica è dura a cedere il passo a trasparenza e buon senso. Ma quando si parla di soldi pubblici bisogna stare in campana specie in tempi da lupi come questi.
Roma – Ne accadono davvero di tutti i colori in questo ormai squinternato Bel Paese, messo in ginocchio dalla pandemia e dal pressapochismo dei tanti che dovrebbero sovrintendere ai nostri interessi. Ma che pensano ai loro e li difendono, spesso offendendo il comune senso del pudore. Come in questi due casi, ai limiti della decenza.
Revocato l’incarico di segretario a tale Pasquale Vespa, sindacalista e leader dei docenti precari, che si è seduto nella sua poltrona istituzionale soltanto per due giorni. Il docente precario era stato nominato dal sottosegretario all’Istruzione Rossano Sasso che forse riteneva passasse sotto silenzio tale investitura.
A fare il diavolo a quattro è stata Lucia Azzolina che ha riconosciuto nel segretario del sottosegretario il suo presunto stalker, a suo tempo denunciato per diffamazione e minacce. La ex ministra (che tutti ricordiamo con simpatia per gli inutili banchi a rotelle costati un bel po’ di milioni di euro a carico dei contribuenti) una volta accortasi del misfatto ha subito urlato nelle orecchie del padrone di casa, Patrizio Bianchi, che ha immediatamente chiesto a Sasso di valutare attentamente l’opportunità di quella nomina.
In risposta è arrivata subito la disponibilità di Vespa ad autosospendersi in attesa di chiarire la propria posizione. Di conseguenza Bianchi ha proceduto alla revoca dell’incarico. Subito dopo Azzolina ha ringraziato il responsabile del Miur attraverso Facebook, come ormai si usa fare:
“…Ha fatto la cosa giusta – ha affermato la ex ministra – in quanto permettere al sottosegretario Sasso, con delega al cyberbullismo, di assumere al ministero dell’Istruzione la persona che mi ha minacciato per anni e che, per questo, è sotto processo sarebbe stato un segnale terribile per la stessa comunità scolastica. Non è solo con le norme ma anche con gli esempi e i comportamenti, che si può aiutare la scuola a formare i giovani nel rispetto e nella tolleranza…”.
E questo è uno dei fatti esilaranti che volevamo raccontarvi. Il secondo, meno esilarante con i tempi che corrono, ha per proscenio la Regione Siciliana e per personaggi e interpreti il governatore siculo Nello Musumeci, da sempre militante nelle file del centro-destra, e la sua portavoce Michela Giuffrida, giornalista, da sempre militante nelle file del centro-sinistra.
Entrambi sono stati protagonisti di una questione di soldi. Nella fattispecie dell’aumento del compenso della portavoce (nomina del 4 gennaio 2021) del governatore siciliano che dai 60mila euro annui stabiliti avrebbe potuto intascarne sino a 160mila. La decisione, presa da una parte dell’assemblea regionale, ha fatto scattare l’indignazione dell’altra.
Il provvedimento di legge è passato con 27 voti favorevoli e 26 contrari. Contro hanno votato i deputati del M5s, del Pd e Claudio Fava. Il centro-destra, ma non tutto, ha votato a favore e ben 12 sono stati i parlamentari che non hanno votato anche se presenti. Tra i favorevoli Nicola D’Agostino e Pippo Laccotto mentre si sono astenuti gli ex grillini Angela Foti, Sergio Tancredi ed il renziano Giovanni Cafeo.
L’indignazione non si ferma al compenso, davvero esagerato in base alle esigue responsabilità che gravano sull’incarico della giornalista catanese, già corrispondente de La Repubblica, ex direttore di Telecolor del Gruppo Ciancio, ex europarlamentare del Pd e tuttora componente dell’assemblea regionale dei dem e Cavaliere della Repubblica, ma va oltre.
E arriva alla tragica situazione economica che stanno vivendo tutti i siciliani in particolare, e l’Italia in generale. Proprio in questo terribile momento si doveva parlare di aumenti di stipendio quando c’è davvero chi muore di fame?
Ferme rimanendo le competenze della dottoressa Giuffrida e le sue indubbie capacità professionali, il presidente Musumeci, storico rappresentante della destra etnea, avrebbe dovuto soprassedere e magari destinare quel centinaio di migliaia di euro a chi davvero ne ha bisogno. E avrebbe fatto sempre meno del suo dovere.
E, lo ripetiamo, non è tanto per l’importo del compenso, per altro in linea con quello dei colleghi portavoce di altre regioni, ma per l’atto in sé in una fase storica che verrà trascritta sui libri di scuola come quella più difficile dal dopoguerra ai giorni nostri.
Un tempo ci saremmo divertiti anche con le fazioni politiche contrapposte ma considerando che l’appartenenza non esiste più (come la vera opposizione) transeat che un uomo di destra elargisca vantaggi ad una donna di sinistra. Del resto non si parla di nemici nel nuovo linguaggio politichese ma di avversari.
Evidentemente Musumeci e Giuffrida non sono nemmeno avversari ma alleati. E per gli alleati si fa tutto quello che si può, salvo poi a restituirsi i favori. Comunque stiano le cose in aula sarebbe poi scoppiato il caos al grido di “Vergona, vergogna“. Tra gli scranni è balzato in piedi per primo il pentastellato Giorgio Pasqua con una ramanzina da pelo e contropelo:
“…E’ scandaloso che il portavoce del presidente, in un momento in cui c’è gente che non riesce a fare la spesa – ha detto il grillino Pasqua – guadagni più di un primario impegnato a contrastare il Covid19 o quasi quanto un dirigente generale della Regione che ha responsabilità amministrative e anche penali…”.
Dopo le rimostranze dei votanti contrari il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè ha sospeso i lavori dell’assemblea dunque il provvedimento proposto dovrebbe essere inefficace.
Al momento sul portale della Regione Siciliana risulta soltanto una consulenza professionale affidata a Michela Giuffrida, pagata tramite la partecipata Irfis, per un compenso mensile di 6500 euro lordi. Ma non è una questione di soldi o forse si. Dal presidente Musumeci e dalla stessa Giuffrida nessun commento.
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