Mentre i venti di guerra soffiano ancora impetuosi in Italia c’è aria di elezioni e referendum. Mentre Conte parla di rispetto con Letta, licenziando il senatore Vito Petrocelli, l’attenzione di tutti i partiti è diretta alla prossima competizione elettorale. Banco di prova per le future politiche. Disagio, povertà ed incertezze per il futuro dilagano ma la politica nostrana sembra sempre più distante dalla vita terrena.
Roma – Il Governo ha raggiunto un accordo sulla data del 12 giugno per elezioni amministrative e referendum. Per il ballottaggio, invece, la data stabilita è quella del 26 giugno. L’election day potrebbe stimolare una maggiore sensibilità popolare verso i referendum. Vedremo.
I cittadini, in ogni caso, saranno chiamati ad esprimersi sui quesiti referendari riguardanti la Giustizia, in particolare sulla Legge Severino, per abolire il Testo Unico delle Disposizioni in materia di incandidabilità dei politici condannati; sulla separazione delle carriere, che si propone di non permettere più a un magistrato di cambiare più volte funzioni nel corso della sua carriera; nonché sulla limitazione della custodia cautelare.
Altri quesiti sono la carcerazione preventiva dei sospettati, secondo quanto previsto dall’articolo 274 del codice penale e per consentire agli avvocati membri dei consigli giudiziari di votare in merito alla valutazione della professionalità dei magistrati.
Altro argomento oggetto di valutazione sarà l’eliminazione delle liste di presentatori per l’elezione dei togati del CSM, al fine di abolire il numero minimo di firme necessarie per presentare la propria candidatura al Consiglio Superiore della Magistratura, rendendo quindi la candidatura libera dall’influenza delle correnti.
Le prossime elezioni amministrative si terranno in 981 comuni, di cui 26 capoluoghi di provincia e quattro di regione. In tutto la consultazione riguarderà circa otto milioni di elettori. Tra le amministrazioni municipali più rilevanti, anche Palermo, Genova, La Spezia, Messina, Verona, Taranto, Padova, Parma e Piacenza.
Nonostante le fibrillazioni nella maggioranza, in particolare tra Pd e M5s, la telefonata tra Draghi e Putin, la guerra che procede con un crescendo di vittime, profughi, aumenti energetici e di spese spalmati su quasi tutte le merci, c’è ancora qualche buon tempone politico che, con cattivo gusto, si diverte a fare il “pesce d’aprile”.
“…Oggi sono uscito da Forza Italia e ho chiesto di aderire al Partito democratico…”. Con questo twitt, Elio Vito, deputato di Forza Italia, ha inaugurato ieri il primo giorno del mese appena entrato. Il messaggio del parlamentare, peraltro uno dei più attivi sui social, trae in inganno qualche follower, ma la maggior parte “non abbocca”.
Certamente il fatto di per sé non avrebbe destato tanto scalpore, visto che ormai da tempo non si parla più di ideologia e tanto meno può sorprendere il cambio di casacca divenuto ormai un fatto di costume nel Parlamento, ma la perplessità e la meraviglia si è avuta solo per la coincidenza con gli eventi sociali, di inaudita gravità, che si registrano in questo periodo. Però il tranello fanciullesco del deputato non ha determinato alcuna conseguenza o polemica sui social. Insomma è stato presto “sgamato”.
Nel frattempo il Decreto Ucraina, dopo tanto clamore, incassa il via libera con 214 voti a favore della fiducia, 35 contrari e nessun astenuto. Il M5s non si spacca e l’unico voto contrario è quello del senatore Vito Petrocelli, presidente della commissione Esteri, espulso di conseguenza dal leader Giuseppe Conte. Una tregua, però, che salta già nel pomeriggio.
Il capo dei Cinque stelle sale al Colle dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al quale ha rappresentato la sofferenza del Paese, ribadendo che il M5s continuerà a sostenere il Governo, mentre contemporaneamente apre una nuova polemica con gli alleati del Pd.
“…Non siamo la succursale di un’altra forza politica e tantomeno succedanei di qualcuno – attacca Conte, che poi tenta di attenuare il colpo dicendo di avere sentito Letta, con il quale avrebbe fatto un armistizio. Giurando di rispettarsi a vicenda. Per chi ci crede.