L’Italia sa farsi valere in qualcosa: le limitazioni al riconoscimento facciale. L’intuizione è buona ma c’è ancora spazio per la prevenzione di concreti rischi per i cittadini.
Roma – E poi dicono che facciamo sempre figure barbine in Europa, che prendiamo ceffoni a destra e a manca su questioni vitali. A volte, invece, i miracoli accadono. Nel dicembre scorso, all’interno del decreto legge Capienze, è stata inserita una norma che vieta in Italia l’uso delle tecnologie di riconoscimento facciale nei luoghi pubblici e aperti al pubblico.
Siamo il primo Paese europeo ad aver adottato una norma simile. Il divieto varrà per gli anni 2022 e 2023. Proprio nel 2023 è previsto un nuovo regolamento europeo sull’intelligenza artificiale per una normativa comune a tutti i Paesi dell’Unione Europea.
L’uso dei sistemi di videosorveglianza con riconoscimento facciale sarà possibile solo per la prevenzione e repressione dei reati o per eseguire sanzioni penali. Il divieto è tassativo per i privati, ad esempio centri commerciali o impianti sportivi.
Tuttavia non sono mancate le voci contrarie alla normativa. Tra queste è da ricordare Privacy Network, associazione italiana che dal 2018 promuove la privacy, protezione dei dati e diritti digitali. L’associazione è favorevole ad una moratoria totale dell’uso del riconoscimento facciale, senza deroghe.
“…Considerando che le criticità maggiori e il principale utilizzo di questi sistemi hanno ad oggetto proprio i trattamenti per fini di prevenzione e repressione di (presunti) reati – annuncia Privacy Network – si capisce che la moratoria ha davvero un’incidenza estremamente ridotta. Si applica infatti solo a limitate ipotesi, come l’uso di sistemi di riconoscimento facciale in luoghi pubblici o aperti al pubblico (es. teatri). Chiediamo quindi l’abolizione di questi sistemi ed il divieto assoluto di qualsiasi tipologia di identificazione biometrica nei luoghi pubblici, anche per la prevenzione e repressione di reati. Questi sistemi sono semplicemente troppo pericolosi per la libertà di chiunque…”.
C’è da dire che il testo, molto generico, può dare adito ad interpretazioni capziose. Questo tipo di controlli potrebbe trasformarsi in mezzo di coercizione come già avviene in Paesi dove gli spazi di libertà sono molto ristretti.
Dal punto di vista legislativo si limita l’uso di sistemi così invadenti nel privato. Compagnie internazionali e big tech pensano invece a come utilizzarli in ogni ambito. Ad esempio nel metaverso per fare acquisti. Per la cronaca, il metaverso, considerato il futuro di internet, è una sorta di realtà virtuale condivisa tramite la rete. Qui si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar, un’immagine che fa le veci del sé nelle comunità virtuali.
Il riconoscimento facciale potrebbe essere utile, ad esempio, per sgamare i furbastri del cartellino, numerosissimi nel nostro Paese. Oppure, come è successo in Belgio dove un software ha ripreso i politici che, durante le sedute parlamentari, si distraevano con smartphone e tablet. I video sono stati postati su Twitter e Instragam con una frase in calce rivolta al politico monello: “…Per favore, concentrati!..”. In Italia ne vedremmo delle belle.
Infine, i dati biometrici trovano applicazione diversi settori della salute. Ne è un esempio l’OrCam Mye Pro, un dispositivo avanzato che legge testi, riconosce volti, colori, banconote e distingue i prodotti. Questo supporto è divenuto celebre per essere stato utilizzato dalla cantautrice e modella, nonché atleta paraolimpica, Annalisa Minetti.
Ogni cambiamento ha sia aspetti positivi che negativi. Sarà banale, ma corrisponde al vero. Il mondo è ormai incamminato verso questa strada e non ci sono santi che tengano. È il substrato che fa da fondamento a tutto questo che è terrificante. Essere ripresi da un totem, videocamera o altro aggeggio e sapersi costantemente sotto lo scrutinio di un qualcuno, spesso nemmeno umano, che guarda, analizza e si impiccia in ogni faccenda è uno scenario veramente distopico.