Violenze su mamma e figli: Strasburgo condanna l’Italia per non averli difesi

Il caso di cronaca è finito sul tavolo dei magistrati della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, dopo l’istruttoria, ha condannato lo Stato italiano ai sensi dell’articolo 2 della Cedu che prevede il diritto alla vita. Con l’aggravante di non aver reagito immediatamente, come richiesto per i casi di violenza domestica, né in qualsiasi altro momento.

Roma – Il venir meno al dovere di proteggere una donna e il figlio, vittime dalla violenza domestica del partner della madre, è una sconfitta di enorme gravità che lascia sbigottiti. La drammatica vicenda di Annalisa Landi, la donna fiorentina che ferita insieme alla figlia dal compagno Niccolò Patriarchi, che nel settembre 2018 aveva ucciso anche il loro figlio più piccolo, di appena 1 anno, è stata rivisitata dal Tribunale di Strasburgo.

Niccolò Patriarchi

Una perizia psichiatrica diagnosticava che l’uomo era pericoloso, ma con la terapia farmacologica poteva essere controllato. Patriarchi, infatti, era finito sotto la lente di uno psichiatra dopo l’ultima aggressione in famiglia.

La Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) ha condannato l’Italia per non aver protetto Annalisa Landi e i suoi due bambini dalle violenze domestiche subite dal compagno che dovrà scontare 20 anni di carcere anche per l’omicidio di uno dei figli.

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo

“…Le Autorità italiane, con la loro inazione – dichiara la Corte – avrebbero infatti permesso all’uomo di agire indisturbato, nonostante il grave rischio di maltrattamenti…”. In sostanza, l’amara conclusione a cui si è pervenuti è che lo Stato italiano non è stato capace di proteggere Annalisa e i suoi figli dalla violenza dell’uomo.

Per questo è arrivata una condanna per”…Violazione del diritto alla vita del piccolo e della donna…” puntando il dito soprattutto in direzione della “…Magistratura rimasta passiva di fronte ai gravi rischi che correva Annalisa…”.

La condanna evidenzia anche responsabilità perché “…non sono state attuate tempestivamente le necessarie misure di protezione della vita della ricorrente e dei suoi figliQuesta passività – afferma la Corte di Strasburgoha permesso all’uomo di continuare a minacciare ed aggredire la sua compagna senza alcun ostacolo e in tutta impunità…”.

Il luogo della tragedia – Nel riquadro Niccolò Patriarchi (foto Germogli)

Di indizi, per la Corte, ce ne erano fin troppi. Niccolò Patriarchi, infatti, soffriva di un disturbo bipolare caratterizzato da comportamenti violenti. In passato, peraltro, gravava su di lui il divieto di avvicinamento all’ex partner.

Da sottolineare che negli attacchi d’ira avvenuti tra novembre 2015 e settembre 2018, tre mesi prima dell’omicidio del figlio, era sempre intervenuta la Polizia di Scarperia (Firenze). Tanto che Landi aveva anche sporto una serie di denunce, poi ritirate, nei confronti dell’uomo, su cui le autorità stavano indagando per violenze domestiche.

Annalisa Landi

Secondo la CEDU, l’Italia avrebbe violato l’articolo 2 della Convenzione Europea dei Diritti umani, che prevede il diritto alla vita. La sentenza riporta:

“…Le autorità nazionali hanno fallito nel compito di condurre una valutazione immediata e proattiva del rischio di reiterazione degli atti violenti commessi e nell’adottare misure preventive…”.

In sostanza per la Corte le autorità preposte non avrebbero reagito immediatamente, come richiesto per i casi di violenza domestica, né in qualsiasi altro momento. Un’aggravante che condanna lo Stato italiano a risarcire Landi di 32mila euro per danni morali.

Questa è la seconda volta che l’Italia è condannata per non essere intervenuta prontamente per prevenire una tragedia familiare.

Valeria Valente

“…La condanna della Corte di Strasburgo deve suonare come un monito ed essere un incentivo a migliorare, con urgenza, la sensibilità ai problemi di questo genere – ha detto la senatrice del Pd Valeria Valente, presidente della Commissione Femminicidiomolto è stato fatto sul fronte legislativo, ma ci aspetta molto lavoro e questa sentenza deve spronare tutte le istituzioni italiane, tutti noi, a fare di più per combattere una piaga drammatica e strutturale quale la violenza contro le donne e il femminicidio, che coinvolge anche i minori…”.

Ancora una volta la Corte Europea rileva l’inadeguatezza del Bel Paese nel tutelare le donne ed i figli, che denunciano la violenza domestica.

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