Occorre spingere l’acceleratore sull’occupazione giovanile, specie quella femminile sempre più penalizzata. In Italia solo una donna su due lavora e un quarto delle ragazze under 30 anni sono NEET: non lavorano, non studiano e non cercano un’occupazione. I soldi per le armi ci sono? Sì? Allora che sborsino quelli per il lavoro.
Roma – Che l’Italia non sia un Paese per giovani ce lo diciamo da decenni. Solo che a furia di dirlo i vecchi crescono e i giovani diminuiscono. Ma l’Italia non è un Paese per giovani anche e soprattutto per le poche possibilità che offre loro dal punto di vista occupazionale. Oltre ad un elevato tasso di disoccupazione giovanile il nostro Paese primeggia in Europa per l’alto numero di inattivi, che non lavorano e né studiano e neppure sono impegnati in alcuna attività formativa, conosciuti con l’ormai famoso acronimo inglese NEET (Not in Education Employment or Training).
E’ quanto emerso dal Piano Neet Working orientato all’emersione e orientamento dei giovani inattivi, presentato qualche settimana fa dal Ministero delle Politiche Giovanili e del Ministero del Lavoro. Secondo i dati diffusi alla stampa sono oltre 3 milioni le persone comprese nella fascia d’età tra i 15 ed i 34 anni in queste condizioni.
Pari ad una percentuale del 25,1% dei giovani che si trovano in quella fascia d’età. Come sempre, quando si tratta di aspetti negativi, la prevalenza è femminile: sono infatti 1,7 milioni le donne in questa situazione, molte madri e single.
Alta la quota di ragazzi che vengono espulsi per una serie di motivi dal sistema di istruzione e formazione, dopo aver conseguito al massimo il diploma di scuola media inferiore. Nel 2020 i giovani che hanno interrotto il loro percorso formativo sono stati il 13,5% nella fascia d’età 18 e 24 anni. Questo dato è poi peggiorato col Covid.
In Europa siamo dietro a Turchia, Montenegro, Macedonia, Paesi non certo all’avanguardia per le politiche di welfare state. Guardando in dettaglio la diffusione del fenomeno in Italia, emergono due grandi blocchi. La parte centro-settentrionale del Paese in linea o al disotto della media europea. E il Meridione dove i picchi raggiungono numeri da record, ad esempio il 28-30% in Calabria e Sicilia.
L’aspetto allarmante del fenomeno riguarda l’occupazione femminile. In Italia una donna su due non lavora. Un quarto delle ragazze under 30 anni sono NEET: non lavorano, non studiano e non cercano un’occupazione. Sono ben 8,6 milioni le donne in queste condizioni in Europa. Ebbene un terzo sono italiane. Man mano che cresce l’età, cresce anche la percentuale delle donne in questa situazione. Cioè, nella fascia d’età 15-19 anni la percentuale è del 45%, mentre in quella più matura (30-34 anni), è del 66%.
Risultano evidenti, poi, i motivi che concorrono all’inattività femminile. Tra questi quelli riconducibili alla dimensione di cura, tra cui la maternità, giocano un ruolo determinante dello stato di NEET per le giovani nel nostro Paese. Infatti, secondo il rapporto, nel 2020 le donne madri inattive erano il 26% contro il 2% dei padri.
Con questo piano il Governo si pone l’obiettivo di ridurre il numero dei NEET attraverso interventi suddivisi in tre fasi: Emersione, Ingaggio e Attivazione. Queste fasi fanno parte di un processo realizzabile attraverso strumenti operativi tra cui: Garanzia Giovani rinforzata; Sportelli Giovani nei Centri per l’impiego; Portale GIOVANI2030; Agenzia Nazionale Giovani e il Piano Nazionale Pluriennale (2021-2027) sull’Inclusione dei giovani con minori opportunità.
Più che di piani presentati in pompa magna alla stampa necessitano fatti concreti nell’immediato e in sinergia con le realtà territoriali. Ma con serietà e determinazione. Il resto è solo un infimo spettacolo recitato da guitti di quart’ordine. E non parlassero di “mancanza di soldi“. Per l’aumento delle spese militari li hanno trovati, eccome! I giovani senza lavoro e formazione non possono e non devono più aspettare.