La giovane segretaria non sarebbe mai andata con uno sconosciuto. Se ha accettato un passaggio lo ha fatto perché si sentiva tranquilla. Forse voleva troncare una relazione oppure non ha inteso sottostare alle richieste di qualcuno che l’aveva illusa. Oppure minacciata e impaurita. Per poi passare alle vie di fatto sino a ucciderla.
Chiampo – Dopo 42 anni la Procura di Vicenza riapre l’inchiesta sulla morte di Nadia Chiarello, 17 anni, impiegata, ritrovata cadavere in un fossato alla periferia di Chiampo il 19 gennaio 1979. La famiglia ha accolto con grandi speranze la ripresa delle indagini a suo tempo risolte come incidente stradale ad opera di ignoti.
La magistratura inquirente avrebbe in mano anche qualche elemento nuovo e puntando sulle nuove tecnologie potrebbe giungere alla svolta di un caso destinato a rimanere insoluto. La ricostruzione dei fatti, ancora oggi, appare frammentaria nonostante la presenza di alcuni particolari investigativi interessanti e forse trascurati subito dopo la scomparsa della ragazzina.
Quella maledetta sera del 10 gennaio 1979 Nadia aveva chiesto al titolare della conceria, ragionier Ferrari, di staccare prima dal lavoro, intorno alle 17.45. Alle 17.55 la giovane segretaria sarebbe stata notata sulla strada da Gino Negro, all’epoca contitolare della ditta, che rimase sorpreso di averla vista così presto considerando che il padre dell’impiegata era solito passare in fabbrica per prendere la figlia intorno alle 18.15.
Un gruppo di operai di passaggio, alle 18.05 circa, avrebbe visto ancora Nadia ferma sulla strada. Subito dopo un vicino di casa, tale Mario Bauce, che lavorava in zona e che qualche volta le aveva dato un passaggio, transitava davanti alla fabbrica ma la ragazza non c’era più. Erano le 18.15 circa.
L’uomo, non vedendo Nadia sul ciglio della provinciale, aveva pensato che prima di lui fosse passato il padre della ragazza, Enzo Chiarello, con il quale Nadia era solita tornare a casa. La giovanetta, invece, era semplicemente sparita su quella strada piuttosto frequentata. Del resto, sosteneva la madre Iole Albanello, Nadia non sarebbe mai salita a bordo di un’auto con persone che non conosceva perché aveva paura degli estranei.
Dunque che cosa poteva essere accaduto a quella timida e introversa 17enne? Nove giorni dopo la tragedia si era consumata: il 19 gennaio Nadia Chiarello veniva ritrovata cadavere dentro un fossato nella frazione di Arso, poco distante dai cancelli della conceria.
A questo punto le indagini punteranno sull’incidente stradale anche a seguito dell’esame autoptico che confermerà il decesso per un forte trauma cranico causato da un impatto violento contro un veicolo. In paese si parlerà invece di omicidio anche perché quel fossato, dov’era stato ritrovato il corpo senza vita della ragazzina, era stato ispezionato in lungo e in largo dal padre della vittima e da altre persone che avevano dato una mano nelle ricerche la sera stessa della sparizione.
Nadia dunque potrebbe essere stata rapita da una o più persone e costretta con la forza a salire a bordo di un automezzo. Oppure avrebbe accettato un passaggio da una persona che conosceva e di cui si fidava. Dopo l’omicidio, avvenuto altrove, la ragazzina ormai morta sarebbe stata abbandonata nella scarpata dove poi veniva ritrovata a seguito di una segnalazione.
Un sacerdote, nei giorni seguenti alla tragedia, parlerà di Nadia dicendo che forse la giovane era tormentata e impaurita da qualcosa più grande di lei. Questa pista rimarrà lettera morta. Ma anche un’altra pista rimarrà senza esiti ovvero quella che avrebbe portato ad un ragazzo, tale Danilo Repele, originario di San Bonifacio, che aveva iniziato a frequentare la ragazzina di circa dieci anni più piccola di lui.
Il padre di Nadia, che sapeva di quell’amicizia, il giorno della scomparsa della figlia si sarebbe recato presso l’abitazione del giovane ma nella casa indicata da Danilo, sedicente piccolo imprenditore, trovava tale Sergio Repele, che nei giorni della sparizione della ragazza e del ritrovamento del cadavere pare si trovasse a Milano.
Anche Daniele, identificato e interrogato dai carabinieri, avrebbe avuto in mano un alibi perfetto. Anche questa pista finiva nel cestino e il caso in archivio:
”…Abbiamo fatto un appello a Chi l’ha Visto – ha detto Barbara Chiarello, sorella della vittima – chi sa parli anche in forma anonima, abbiamo molta fiducia nella giustizia…”. Anche Bepi De Marzi, in una sua canzone, aveva parlato di Nadia:”…Chi zé stà che te ga copà?..”. Chi ha ucciso Nadia Chiarello?