La legge sullo stalking, la 38 dell’aprile 2009, dovrebbe essere riveduta e corretta con la possibilità di rendere inoffensivo lo stalker oltre che con il mezzo della reclusione, certa, anche con cure psichiatriche e interventi di rieducazione, se possibili. Anche il Codice Rosso, in questi casi, può dimostrarsi inefficace e non tempestivo.
Acicastello (Catania) – Una morte annunciata quella di Vanessa Zappalà, la ragazza di 26 anni freddata a colpi di pistola dal suo ex fidanzato lo scorso 23 agosto. Antonino Sciuto, detto Tony, 38 anni, dopo la sparatoria si è dato alla fuga per poi impiccarsi all’interno di un casolare alle porte di Trecastagni, nel Catanese.
Cosi si è consumato l’ennesimo femminicidio che si è trascinato appresso le solite polemiche su una legge, quella sullo stalking, che in verità fa acqua da tutte le parti. Erano le 3 di notte quando Vanessa, passeggiando con tre amici sul bellissimo lungomare di Acitrezza, proprio davanti ai Faraglioni, veniva raggiunta da sette proiettili sparati a bruciapelo da Tony Sciuto che l’aveva pedinata con la sua 500.
L’uomo, appena vista la ragazza, ha accostato l’auto ed è sceso dal veicolo dirigendosi verso la giovane: ”…Vattene o chiamo i carabinieri…”, aveva gridato Vanessa mentre i suoi amici, spaventati, cercavano di trascinarla via.
Poi l’epilogo: Tony prendeva per i capelli la giovane terrorizzata e iniziava a sparare. Secondi interminabili tra le urla di turisti e visitatori che scappavano da tutte le parti. Vanessa stramazzava al suolo in un lago di sangue mentre il suo assassino fuggiva in auto.
Sul luogo giungevano subito gli inutili soccorsi e i carabinieri che diramavano a tutti i mezzi mobili di polizia le foto segnaletiche del commerciante d’auto che, nel frattempo, si era dileguato. Per Vanessa Zappalà, diplomata all’istituto tecnico e commessa in un panificio, non c’era più nulla da fare.
Tra gli altri il proiettile di 7.65 che l’aveva raggiunta alla testa non le aveva lasciato scampo uccidendola sul colpo. Anche una sua amica, rimasta ferita in maniera lieve da un proiettile, veniva medicata e subito dimessa. La caccia all’uomo durava poche ore. In un casolare alla periferia di Trecastagni, alle pendici dell’Etna, veniva ritrovato il corpo senza vita di Tony Sciuto.
Il cadavere penzolava da una trave già da qualche ora mentre fuori del rudere era parcheggiata la sua auto nel cui cruscotto i carabinieri rinvenivano altri 28 proiettili ma non la pistola semiautomatica utilizzata per il delitto. La vittima aveva denunciato Sciuto, separato con due figli, per stalking alcuni mesi prima. Il suo esposto era stato dettagliato e puntuale, zeppo di riscontri.
L’uomo, subito dopo la fine della turbolenta relazione sentimentale, la perseguitava con ogni mezzo arrivando a nascondere un segnalatore Gps all’interno dell’auto della donna per seguirne gli spostamenti. Tutti erano a conoscenza delle violenze di Sciuto, concessionario d’auto a San Giovanni la Punta, sempre nel Catanese, che non aveva intenzione di mollare quella ragazza dolce e affettuosa che più di una volta l’aveva perdonato.
Fra i due c’era stato anche un periodo di convivenza, interrotto dalle scenate di gelosia di lui, dalle minacce di morte e dai maltrattamenti con i quali Tony Sciuto credeva di ricomporre la relazione ormai malata e senza futuro.
Quando le violenze e le persecuzioni si erano fatte insopportabili Vanessa Zappalà decideva di denunciare l’ex compagno che le aveva trasformato l’esistenza in un incubo. Non c’era luogo, fosse anche casa dei genitori, dove Sciuto non la spiasse:
“…Quando dopo botte e parolacce mia figlia l’ha mollato, quando io gli ho tolto le chiavi di casa, ha cominciato ad appostarsi per ore sotto le finestre o davanti al panificio dove Vanessa lavorava – ha detto in lacrime Carmelo Zappalà, padre della vittima – dopo un inverno passato da Vanessa prigioniera in casa per paura di incontrarlo, dopo mille minacce abbiamo dovuto mettere nero su bianco. Perché abbiamo scoperto che con un duplicato delle chiavi la sera si intrufolava nel sottotetto di casa mia, una sorta di ripostiglio, e dalla canna del camino ascoltava le nostre chiacchiere…Trovano un pazzo da catena che spia dal camino o con i Gps, un violento che picchiava la ragazza, e che fanno? Dopo una notte in caserma, il 7 giugno, un martedì, e una di interrogatorio, arriva il giudice e lo manda a casa con gli arresti domiciliari…“.
Sui social o per telefono era un continuo susseguirsi di minacce e improperi, ad ogni ora del giorno e della notte. Sino all’arresto dello stalker che veniva posto ai domiciliari da dove continuava a perseguitare la povera ragazza.
Alcuni giorni dopo Tony Sciuto tornava in libertà grazie ad una legge che lo consente e non per mano di un magistrato miope e ottuso. Sul capo del commerciante pendeva soltanto un divieto di avvicinamento alla donna che è servito a ben poco.
E mentre Vanessa confessava alla famiglia e alle amiche di avere paura per la propria incolumità, probabilmente, Tony Sciuto aveva già deciso quale sarebbe stato il loro terribile destino: “…Se ti vedo con altri ti prendo a colpi di pistola…”. Aveva scritto sui social pochi giorni prima. Poi l’ha vista con altri, ha sparato e si è ucciso.