La donna lo salva dal suicidio e il musicista borderline la strangola

In aula il criminologo Alessandro Meluzzi, consulente della famiglia della vittima, che dovrà controbattere sulla perizia di seminfermità mentale che aveva stabilito le condizioni di incapacità di intendere e volere del presunto assassino nel momento dell’omicidio.

San Severo – Prosegue a ritmo serrato il processo a carico di Francesco D’Angelo, 39 anni, musicista di ottima famiglia, per l’omicidio dell’ex fidanzata Roberta Perillo, 32 anni, impiegata, ritrovata cadavere nella vasca da bagno di casa sua l’11 luglio 2019.

Il 7 maggio scorso si è tenuta la sesta udienza davanti alla Corte d’Assise del tribunale di Foggia, presieduta da Mario Talani, giudice a latere Flavia Accardo e Pm Rosa Pensa, durante la quale è stato sentito uno dei testi delle parti civili che sono rappresentate dagli avvocati Guido e Roberto De Rossi e Consiglia Sponsano.

La vittima Roberta Perillo

La tragica vicenda era incominciata quando Francesco aveva conosciuto Roberta due mesi prima dell’omicidio. Fra i due era subito nata una relazione sentimentale nonostante l’uomo, figlio di un noto medico impegnato nella lotta alla droga, manifestasse qualche problema psicologico e affetto anche da insonnia cronica.

All’epoca dei fatti D’Angelo lavorava come valutatore civico presso una struttura artistico-sanitaria locale mentre Perillo era impiegata presso una ditta che costruiva gazebo. Fra i due però le cose non andavano bene ed erano più le liti, anche violente, che i momenti di tranquillità tanto che la giovane impiegata aveva deciso di troncare la relazione con il musicista con la passione dei tatuaggi.

L’ultimo incontro avveniva nell’appartamento della donna, in via Rodi, nel centro di San Severo, in provincia di Foggia. E sarebbe stato proprio Francesco a insistere per incontrare Roberta che, evidentemente, considerava ancora la sua fidanzata.

Via Rodi a San Severo dove è avvenuto il femminicidio

L’uomo avrebbe chiesto per l’ennesima volta di ricucire la loro relazione ma una volta constatata l’irremovibilità di Roberta nel chiudere quel rapporto malato, sarebbe scoppiata una lite molto violenta. Francesco sarebbe caduto in una sorta di immediata depressione, un fortissimo disagio interiore la cui afflizione avrebbe indotto l’uomo a gettarsi dal balcone.

Mentre D’Angelo correva verso la ringhiera Roberta lo avrebbe trattenuto a forza evitandogli il suicidio ma di questa situazione concitata del loro incontro Francesco D’Angelo riferirà agli inquirenti di non ricordare nulla. Tranne il corpo senza vita della vittima che il presunto assassino avrebbe adagiato sul fondo della vasca da bagno per poi tentare una sorta di rianimazione versando dell’acqua fredda sulla faccia di Roberta ormai cadavere.

D’Angelo, come se fosse in trance, avrebbe poi realizzato di averla strangolata a mani nude attesa la sensazione di intenso dolore che l’uomo avrebbe provato sulle articolazioni delle dita. Una volta resosi conto che Roberta era morta il musicista sarebbe fuggito dal padre il quale, su consiglio dell’avvocato Michele Curtotti, decideva di accompagnare il figlio presso gli uffici di polizia dove in parte confessava ogni addebito.

Il presunto assassino durante un’esibizione canora

Il presunto assassino veniva poi trasferito in carcere con l’accusa di omicidio volontario mentre i genitori della vittima, Giuseppe Perillo e Valentina Frau, distrutti dal dolore, non sapevano darsi pace per una situazione che forse Roberta aveva raccontato ad una sua amica temendo il peggio:

”…In molte sapevano – aveva riferito Elena Antonacci, direttrice del museo Alto Tavolierenessuno l’ha ascoltata…”. Il musicista veniva poi sottoposto a perizia psichiatrica che gli riconosceva la seminfermità mentale come soggetto affetto da disturbo narcisistico-borderline.

Una patologia di difficile diagnosi che genera sofferenza intensa e spesso drammatica a causa di una serie di sintomi che impediscono alla persona malata di condurre una vita produttiva e di relazionarsi correttamente con gli altri.

Alessandro Meluzzi

La malattia, di contro, induce a sua volta grande sofferenza anche nelle persone che entrano in relazione con l’individuo malato i cui eccessi possono avere effetti devastanti. Il processo è stato rinviato all’udienza del 28 maggio per l’escussione di altro testimone della parti civili.

Il 18 giugno prossimo, invece, verrà ascoltato dal consesso giudiziario Alessandro Meluzzi, psicologo e criminologo di chiara fama e volto noto della tv, quale consulente dei familiari della vittima. L’esperto avrà da controbattere nel merito della perizia psichiatrica a cui è stato sottoposto l’imputato in specie alla capacità di intendere e di volere di D’Angelo nel momento dell’omicidio.

Questa parte del processo sarà determinante ai fini della sentenza.

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