In attesa che arrivino i denari del Recovery Fund non sarà possibile in tempi brevi mettere mano alle riforme. E questa disgrazia, complici elezioni e scarsa voglia di fare da parte della maggioranza, ci costerà un occhio della testa. Senza il riordino dei settori chiave dello Stato non potrà esserci futuro. E chi nasconde è complice.
Roma – Dal mese di luglio di quest’anno entrerà in vigore l’Assegno Unico per le Famiglie. A beneficiarne saranno i lavoratori autonomi ed i disoccupati che oggi non hanno accesso agli assegni familiari.
Anche Papa Francesco esprime il proprio apprezzamento al governo ed auspica che “questo assegno venga incontro ai bisogni concreti delle famiglie, che tanti sacrifici hanno fatto e stanno facendo e segni, anche, l’avvio di riforme sociali che mettano al centro i figli e le famiglie”.
Ma non è tutto oro quello che luccica. I partiti che sostengono l’esecutivo delle larghe intese, dopo avere approvato il Pnrr, dovranno porre al più presto le condizioni per ricevere i fondi del Recovery.
I contrasti all’interno dell’esecutivo rimangono irrisolti e i problemi degli italiani sembrano limitarsi alle riaperture e a bandire il coprifuoco. Quando la nazione è allo stremo in tutti i settori produttivi mentre lo Stato annuncia le ispezioni di un Fisco pesante e opprimente. Questa sarebbe la ripartenza promessa come un miracolo economico?
In ogni caso da domani 17 Maggio tutte le Regioni si tingeranno di giallo con restrizioni più leggere. Larga parte dei settori economici risentono ancora del collasso finanziario e senza adeguati sostegni e alleggerimenti fiscali non saranno nelle condizioni di proseguire. Ricordandoci che esistono categorie di lavoratori “invisibili” che non hanno ricevuto un euro e non sanno come sfamare le proprie famiglie.
La politica non è certo d’aiuto, ora più di ieri, atteso che le campagne elettorali si avvicinano e, con esse, le battaglie per accaparrarsi l’ultimo consenso. E la fretta non consente, in questo difficile contesto, di porre in essere alcuna riforma seria ed è probabile che queste indispensabili trasformazioni verranno ulteriormente procrastinate ma ogni giorno che passa il conto sofferenza aumenta.
Ormai il tempo di vivacchiare è finito e, soprattutto per gli impegni assunti con l’Europa, non si può rinviare oltre il riordino della Giustizia, del Fisco, della Previdenza ma anche della Salute, del Lavoro e di tutti quei settori che hanno bisogno di aggiornamenti e norme più eque e trasparenti.
Il timore è che proprio il Parlamento potrebbe diventare un ostacolo alle riforme con richieste, proposte e modifiche inutili. Dunque tutto il peso della responsabilità ricadrebbe sul Premier il quale, con la propria autorevolezza, dovrà tentare di mantenere a galla il Paese anche con il rischio di un ammutinamento. Considerando che la ciurma è quella che è.
Pertanto Draghi, suo malgrado, sarà costretto a seguire ogni singolo dossier nel tentativo di evitare tranelli cercando di non fare la parte della vittima sacrificale stritolata dai partiti.
D’altronde il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza aveva già portato sul patibolo Giuseppe Conte, accusato di avere preparato una bozza generica e fumosa, perciò impresentabile all’esame della Commissione Ue. Al suo posto, con il sostegno di una maggioranza parlamentare senza precedenti, e proprio per ri-scrivere un testo inattaccabile del Pnrr e ottenere circa 200 miliardi di fondi Ue, è stato chiamato Mario Draghi, il “banchiere italiano” di maggiore prestigio nel mondo.
Non rimane che aspettare ma giusto il tempo che arrivino i fondi. Poi se non si passerà alle riforme il Bel Paese tornerà indietro e il pericolo di default diventerà realtà. Ma già oggi l’impossibilità di onorare le obbligazioni è dietro l’angolo. Regolarsi di conseguenza.