Mentre il Santo Padre parla di pace con i musulmani in Italia si lavora in sordina per ultimare il Recovery Plan che ormai sembra una burla. Tanto da affidarne la stesura ad una nota società americana.
Roma – Papa Francesco in Iraq completa il cammino di Wojtyla e nella città di Abramo afferma: “Dio vide ebrei e musulmani fratelli dei cristiani”.
Nella seconda giornata in asia occidentale Papa Bergoglio ha visitato Ur dei Caldei ed esorta al dialogo interreligioso. Momento storico l’incontro con l’ayatollah Sistani, massima autorità sciita irachena a Najaf, terza città sacra dell’Islam.
Tornando in casa nostra è subito caciara. Ha suscitato infatti grande clamore la notizia del primo tonfo del nuovo governo: Draghi si affida agli esperti della McKinsey & Company di Chicago (di cui è stato consulente, fra gli altri, Alberto Genovese, il bocconiano re delle start-up, attualmente ospite delle patrie galere) per la redazione del Recovery Plan.
Il gigante americano delle consulenze strategiche aziendali affiancherà il nostro Mef nella stesura del Recovery Plan da inviare alla Commissione Europea entro il prossimo 30 aprile. Insomma l’ex numero uno di Bce ed i suoi ministri ed esperti non sarebbero in grado di mettere mano sul programma economico salvavita tanto da affidarsi ad un ente privato, assai chiacchierato, che presenterà la parcella agli italiani. Dicono di soli 25mila euro ma chi può dirlo con certezza? E poi perché spendere soldi in questo momento di micragna estrema?
Non è una carognata? Ma c’è di più: l’azienda americana è la stessa dove ha lavorato per anni il nostro ministro per l’Innovazione e la Transizione Digitale Vittorio Colao? E di seguito: se non sappiamo stendere un piano di spesa a livello europeo che ci stanno a fare centinaia fra esperti, dirigenti e funzionari nei ministeri che avrebbero dovuto rendere già pronta la richiesta per i soldi del Recovery Fund?
L’accordo in sordina con l’azienda a stelle e strisce ha fatto indignare tutto il mondo politico, dal Pd a Fratelli d’Italia, e nei prossimi giorni il premier dovrà spiegare, sarebbe meglio agli italiani, a chi è venuta questa splendida idea. Il silenzio, come il sotterfugio, serve a poco. E non paga.
Sempre rimanendo in tema di economia si apprende, come se non bastasse, che nelle tasche dei lavoratori dipendenti in cassa integrazione nel 2020 mancano 8,7 miliardi di euro, al netto dell’Irpef nazionale e delle addizionali regionali e comunali.
Infatti uno studio della Uil calcola che tra riduzione dello stipendio e mancati ratei di tredicesima e quattordicesima, in due mesi, le buste paga si sono alleggerite mediamente dal 9,6% al 39%.
Così nelle tasche dei dipendenti mancano complessivamente 8,7 miliardi. E mentre lavoratori e imprese versano in stato pietoso, il balletto dei segretari dem continua senza soste. E’ crisi identitaria. Ma i delusi dalle scelte ministeriali, che non si sono visti riconfermati, hanno influito sulla bagarre.
Non è una sorpresa questa. Ormai da anni si consumano segretari come fossero candele votive. Dal 2007 ad oggi si sono succeduti in rapida successione Veltroni, Franceschini, Bersani, Epifani, Renzi (due volte), Orfini, Martina (due volte) e Zingaretti. Più esattamente otto segretari in tredici anni di storia. Un record.
Quella del Partito Democratico è una lunga carrellata di leader, qualcuno più “longevo” di altri ma tutti accomunati dal dovere di fare i conti con le grane delle correnti e con il relativo “fuoco amico” sul quartier generale. Bombardamenti finiti sempre con la sconfitta o, più di frequente, con le dimissioni del segretario in carica.
Le lacrime di coccodrillo non si sono fatte attendere dopo le tante critiche mosse al presidente della Regione Lazio. Mentre non è passato inosservato il silenzio, più assoluto, del governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Un silenzio che potrebbe essere “interessato” atteso che certi rumors vorrebbero proprio Bonaccini alla guida del Pd.
L’unico che potrebbe portare nuovi consensi al partito e prospettare una eventuale vittoria contro il centro-destra a trazione leghista. Va detto che Bonaccini da solo, nel gennaio 2020, è riuscito (senza l’alleanza con il M5S) a vincere di nuovo alle regionali di fronte alle forze del Carroccio che minacciavano di straripare nella regione un tempo più rossa d’Italia.
Intanto Franceschini, con la sua corrente, scalda i motori ed è pronto per l’ennesimo sostegno al futuro vincitore. Qualunque esso sia. E’ opportuno ricordare che la ricostruzione di un Paese passa anche dal rinnovamento dei partiti. Una rigenerazione che passa anche da nuove visioni programmatiche che devono allargare campi ed orizzonti.
L’innovazione è stato sempre un limite che il Pd non riesce a scrollarsi di dosso ed i risultati lo confermano. Inutile mettere la polvere sotto il tappeto per declamare un riformismo che ancora tarda a decollare. Immaginare di governare un partito senza rendersi conto dei cambiamenti in corso, è condannarsi alla semplice sopravvivenza. Prima della dipartita.
Intanto Beppe Grillo lancia dal suo blog una provocazione e si propone come segretario del Partito Democratico al posto del dimissionario Nicola Zingaretti: “…Se mi invitate vengo io – dice il comico genovese – faccio il segretario, vi ripeto, del Partito Democratico elevato, ci mettiamo 2050 nel simbolo, io ci sto un anno, mentre Conte sta di là un annetto, parliamo con tutti e facciamo dei progetti comuni…”. Davvero è una provocazione?
Nel frattempo davanti al Nazareno presidiano le “Sardine” con Mattia Santori e Jasmine Cristallo, che mostrano tende e sacchi a pelo per sottolineare la ferma intenzione di non abbassare la guardia. La manifestazione delle Sardine diventa infatti una mobilitazione permanente che durerà a oltranza:
“…Siamo stanchi di 125mila comunicati al giorno, noi facciamo parte del campo progressista, pur non possedendo la tessera del Pd, chiediamo che si apra una fase costituente – conclude Santori – le assemblee, tra pochi, non bastano più, ciò che si chiede è che inizi una nuova fase aperta, democratica ed innovativa. Non per il Pd, non per le Sardine. Ma per tutti gli apolidi della politica…”.
Lo stato d’animo del Paese è quello che è e prima o poi bisognerà confrontarsi con gli italiani. Bisognerà ascoltare le esigenze e le necessità impellenti. Non si può continuare a far finta che “tutto va bene” quando il Bel Paese annaspa per non ingoiare acqua. La politica si allontana sempre di più dai cittadini in un momento di estrema tensione sociale.
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