Reddito di cittadinanza? Macché, arriva l’UBI

Uno dei punti caldi del dibattito politico è l’abolizione del Reddito di Cittadinanza o, quanto meno, un suo superamento. Il contestato provvedimento, fiore all’occhiello del Movimento 5 Stelle, è la misura contro la povertà più controversa degli ultimi anni. Ma dall’Europa arrivano proposte anche più radicali. Intanto voglia di lavorare saltami addosso…

Roma – I cittadini italiani possono richiedere il reddito di cittadinanza dal 6 marzo 2019. È un sostegno economico a integrazione dei redditi familiari, legato ad un percorso di reinserimento lavorativo e di inclusione sociale. Ma poiché ci troviamo in Italia, le cose non sono andate per il verso giusto. Anzi.

Giuseppe Conte, Luigi di Maio, reddito di cittadinanza
Conte e Di Maio presentano agli italiani il reddito di cittadinanza

Le cronaca ha sottolineato spesso i casi di persone che percepivano indebitamente tale sussidio, senza averne diritto e requisiti. Addirittura mafiosi in servizio permanente effettivo, lavoratori in nero, stranieri “italianizzati” con false dichiarazioni. Le truffe scovate da Carabinieri e Guardia di Finanza ammonterebbero all’1% della spesa complessiva.

Le proposte di modifica si sono susseguite numerose, ma stavolta la montagna non ha partorito nemmeno il topolino. Ora un comitato di cittadini dal nome che è tutto un programma, Ist Reddito di Base Universale, ha lanciato una raccolta firme per una proposta di legge al Parlamento Europeo.

L’obiettivo è avviare in tutta l’Unione Europea redditi di base incondizionati. Ogni individuo avrebbe così assicurate la sussistenza e la possibilità di partecipare alle dinamiche sociali ed economiche. In Italia di fatto sostituirebbe il RdC. La proposta punta a ridurre le disparità regionali per rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale. Ma di cosa si tratta in concreto?

Rapporto tra reddito minimo e reddito medio pro capite

Il reddito di base universale, Universal Basic Income, è una rendita mensile in contanti estesa a tutti, senza distinzioni di età, reddito e occupazione. Serve a coprire i costi base della vita e non ha obblighi. Questa è una sostanziale differenza col RdC, il cui fruitore deve intraprendere un percorso per la ricerca del lavoro seguito dai Centri per l’impiego. Anche se tale percorso non è stato quasi mai avviato.

Sembra che i sostenitori dell’UBI siano numerosissimi in Europa e fortemente ottimisti. Secondo loro ne deriverebbero solo vantaggi. In Finlandia è già realtà ed i risultati sono stati molto soddisfacenti. I percettori dell’UBI, avendo maggiore sicurezza economica, hanno ripreso a studiare di loro spontanea volontà, acquisendo maggiori competenze. Inoltre è cresciuta la loro fiducia nelle istituzioni e sono calati anche i casi di depressione. Il Paese scandinavo è sempre in prima fila per le novità riguardanti il welfare state. Tra le altre cose ha già istituito la settimana corta lavorativa.

Matti Vanhanen, ministro delle Finanze, Finlandia
Matti Vanhanen, ministro delle Finanze finlandesi

Ovviamente una proposta di questo tipo non è accolta con entusiasmo da tutti. Per fare fronte alle obiezioni, i promotori hanno chiesto l’avviamento di un programma pilota. Una selezione di residenti nell’UE quindi riceverebbe il reddito di base per un periodo di tre anni. A questo seguirebbe una precisa analisi dei benefici.

Fra i possibili rischi sono da ricordare inflazione e costo della vita in crescita, oltre allo scarso incentivo a cercare un lavoro. Altri vantaggi sono invece maggiore sicurezza per chi svolge compiti da caregiver e riduzione dei costi amministrativi e burocratici degli attuali sistemi di welfare. Ma anche contrasto alla povertà, maggiori tutele per le categorie più a rischio come giovani, donne, famiglie svantaggiate.

rischio di povertà minorile
I giovani continuano a essere tra le categorie a maggiore rischio povertà

È chiaro che uno scenario di questo tipo sarebbe ideale, mentre nella realtà le resistenze sono tante, per retaggi economici e culturali. Una certa visione economica sostiene che un reddito elargito a tutti scatenerebbe una maggiore spesa di denaro, con aumento della domanda e dei prezzi. Ne scaturirebbe una crescita dei costi di servizi e prodotti mantenendo inalterata la piramide sociale che si voleva correggere.

Resiste poi quella forma mentis difficile da scardinare che guarda alla disoccupazione come una condizione volontaria e frutto della poca voglia di lavorare. A prescindere dalle diverse visioni sul fenomeno, resta un fatto. La povertà c’è ed è in crescita. Un tentativo di soluzione va fatto. Altrimenti verrebbe confermata una ben più triste teoria economica. Quella secondo cui a una forte ricchezza di un gruppo ristretto debba corrispondere l’estrema povertà di tutti gli altri!

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