Uno dei punti caldi del dibattito politico è l’abolizione del Reddito di Cittadinanza o, quanto meno, un suo superamento. Il contestato provvedimento, fiore all’occhiello del Movimento 5 Stelle, è la misura contro la povertà più controversa degli ultimi anni. Ma dall’Europa arrivano proposte anche più radicali. Intanto voglia di lavorare saltami addosso…
Roma – I cittadini italiani possono richiedere il reddito di cittadinanza dal 6 marzo 2019. È un sostegno economico a integrazione dei redditi familiari, legato ad un percorso di reinserimento lavorativo e di inclusione sociale. Ma poiché ci troviamo in Italia, le cose non sono andate per il verso giusto. Anzi.
Le cronaca ha sottolineato spesso i casi di persone che percepivano indebitamente tale sussidio, senza averne diritto e requisiti. Addirittura mafiosi in servizio permanente effettivo, lavoratori in nero, stranieri “italianizzati” con false dichiarazioni. Le truffe scovate da Carabinieri e Guardia di Finanza ammonterebbero all’1% della spesa complessiva.
Le proposte di modifica si sono susseguite numerose, ma stavolta la montagna non ha partorito nemmeno il topolino. Ora un comitato di cittadini dal nome che è tutto un programma, Ist Reddito di Base Universale, ha lanciato una raccolta firme per una proposta di legge al Parlamento Europeo.
L’obiettivo è avviare in tutta l’Unione Europea redditi di base incondizionati. Ogni individuo avrebbe così assicurate la sussistenza e la possibilità di partecipare alle dinamiche sociali ed economiche. In Italia di fatto sostituirebbe il RdC. La proposta punta a ridurre le disparità regionali per rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale. Ma di cosa si tratta in concreto?
Il reddito di base universale, Universal Basic Income, è una rendita mensile in contanti estesa a tutti, senza distinzioni di età, reddito e occupazione. Serve a coprire i costi base della vita e non ha obblighi. Questa è una sostanziale differenza col RdC, il cui fruitore deve intraprendere un percorso per la ricerca del lavoro seguito dai Centri per l’impiego. Anche se tale percorso non è stato quasi mai avviato.
Sembra che i sostenitori dell’UBI siano numerosissimi in Europa e fortemente ottimisti. Secondo loro ne deriverebbero solo vantaggi. In Finlandia è già realtà ed i risultati sono stati molto soddisfacenti. I percettori dell’UBI, avendo maggiore sicurezza economica, hanno ripreso a studiare di loro spontanea volontà, acquisendo maggiori competenze. Inoltre è cresciuta la loro fiducia nelle istituzioni e sono calati anche i casi di depressione. Il Paese scandinavo è sempre in prima fila per le novità riguardanti il welfare state. Tra le altre cose ha già istituito la settimana corta lavorativa.
Ovviamente una proposta di questo tipo non è accolta con entusiasmo da tutti. Per fare fronte alle obiezioni, i promotori hanno chiesto l’avviamento di un programma pilota. Una selezione di residenti nell’UE quindi riceverebbe il reddito di base per un periodo di tre anni. A questo seguirebbe una precisa analisi dei benefici.
Fra i possibili rischi sono da ricordare inflazione e costo della vita in crescita, oltre allo scarso incentivo a cercare un lavoro. Altri vantaggi sono invece maggiore sicurezza per chi svolge compiti da caregiver e riduzione dei costi amministrativi e burocratici degli attuali sistemi di welfare. Ma anche contrasto alla povertà, maggiori tutele per le categorie più a rischio come giovani, donne, famiglie svantaggiate.
È chiaro che uno scenario di questo tipo sarebbe ideale, mentre nella realtà le resistenze sono tante, per retaggi economici e culturali. Una certa visione economica sostiene che un reddito elargito a tutti scatenerebbe una maggiore spesa di denaro, con aumento della domanda e dei prezzi. Ne scaturirebbe una crescita dei costi di servizi e prodotti mantenendo inalterata la piramide sociale che si voleva correggere.
Resiste poi quella forma mentis difficile da scardinare che guarda alla disoccupazione come una condizione volontaria e frutto della poca voglia di lavorare. A prescindere dalle diverse visioni sul fenomeno, resta un fatto. La povertà c’è ed è in crescita. Un tentativo di soluzione va fatto. Altrimenti verrebbe confermata una ben più triste teoria economica. Quella secondo cui a una forte ricchezza di un gruppo ristretto debba corrispondere l’estrema povertà di tutti gli altri!