Tempi duri per i senza prole

La discriminazione si è spostata da tempo verso le coppie senza figli. Una scelta spesso obbligata specie in un momento sconfortante, dal punto di vista economico e sociale, come quello che stiamo attraversando. Il calo demografico nuoce alla società ma non sono certo le coppie senza figli che dovranno pagarne lo scotto.

Roma – La storia dell’umanità è costellata da innumerevoli lotte per i diritti civili che hanno contribuito al suo progresso sociale e politico. Allo stesso tempo un ruolo determinante l’hanno giocato e continuano a farlo le pressioni della società stessa che ogni individuo o gruppo si porta sulle spalle, a volte pesanti come un macigno. A tal punto da pensare che quel diritto acquisito e conquistato, spesso, è difficile esercitarlo perché, nei fatti, rinchiuso ancora nel campo delle chimere.

Negli ultimi anni sono balzati alla ribalta delle cronache del costume i genitori che per scelta personale o per il fato che così ha deciso, non hanno figli. Per costoro sono stati coniati due termini che sembrano più consoni ad attività fisiche ed ad benessere del corpo, almeno per chi con la lingua inglese ci litiga ogni santo giorno. Si tratta di childless e childfree, il primo significa senza figli, il secondo si riferisce alle persone che scelgono di non avere figli.

Queste persone pare che siano state incapsulate in una sorta di categorizzazione sociale, da cui è difficile uscirne, una specie di marchio. Tanto da venirne, finanche, emarginate. Nella storia delle tradizioni popolari, addirittura, veniva utilizzato il temine dispregiativo “orbo“, per descrivere persone senza figli.

Questo a dimostrazione di come sin dall’antichità la procreazione è stata considerata il tratto peculiare di ogni coppia che decideva di mettere su famiglia. Non mettere al mondo figli era considerato simile alla perdita della vista. Ancora una volta la tradizione ci racconta la nostra storia ed il termine “orbo” è più esplicativo di qualsiasi altra definizione.

Nei tempi attuali chi non è genitore è considerato sia più egoista, sia con molto tempo libero a disposizione, non avendo figli a cui badare.

Inoltre viene visto come chi può godersi la vita, mentre le mamme ed i papà sono privati di questo privilegio perché i loro ritmi di vita sono scanditi da quelli dei figli. Ma questo è solo l’aspetto superficiale del fenomeno e, spesso, non ci racconta tutta la realtà. Al contrario sono emerse situazioni tutt’altro che confortevoli.

CCNL 2021: orario di lavoro flessibile per un giorno a settimana per chi deve occuparsi dei figli

Alcuni studi hanno evidenziato una realtà avvilente sul mondo del lavoro, da cui scaturisce una vera e propria discriminazione per chi non ha figli. In molte aziende i datori di lavoro si sentono autorizzati ad avere maggiori aspettative dai dipendenti senza figli, a cui vengono richiesti sforzi e carichi di lavoro maggiori, addirittura nei weekend.

In piena pandemia, lo scorso anno, il New York Times riportò il clima di conflitto che era esploso in una delle aziende della Silicon Valley, a sud della California, famosa per la presenza di numerose imprese internazionali, tra cui Apple, Facebook e Google.

Galina Boiarintseva

La diatriba riguardava proprio i benefici concessi ai genitori tra cui lavoro flessibile, tempo libero ed altri bonus, che non erano previsti per i dipendenti senza figli. Ad avvalorare questa tesi è venuto in soccorso uno studio della York University di Toronto, Canada a cura della ricercatrice Galina Boiarintseva.

Ebbene è stata rilevata una situazione discriminatoria diffusa. I dipendenti con figli vengono più agevolati con turni preferenziali e privilegi di altro tipo. Questo meccanismo infido e silenzioso induce gli altri lavoratori quasi a sentirsi in colpa o, comunque, meno autorizzati a richiedere gli stessi diritti degli altri.

Parità di orario di lavoro e benefit per i dipendenti, con o senza figli.

Le aziende assolvono degnamente il loro compito nel cercare di fornire ai propri dipendenti le migliori condizioni per conciliare vita professionale e privata. Questa politica, però, andrebbe estesa a tutti i lavoratori, sia a quelli dediti alle cure e alla crescita dei loro pargoli sia a coloro che vogliono semplicemente starsene per i fatti propri.

E’ chiaro che la famiglia ed i figli vanno salvaguardati sia nel campo del diritto che nella costruzione di un welfare state all’altezza del compito, soprattutto in un periodo di calo demografico. Tuttavia questo caro prezzo non deve essere pagato da chi ha fatto, giustamente, altre scelte o è stato costretto a farle.                   

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