Per questa categoria di lavoratori autonomi occorre istituire da subito l’equo compenso, promuovere politiche attive per la riqualificazione professionale, attivare un welfare su misura e una maggiore conciliazione dei tempi vita-lavoro. Le professioni cambiano, cosi come cambia il Paese, dicono da Confcommercio. A rimanere gli stessi sono i nostri politici a cui interessano solo le elezioni e gli affari propri.
Roma – Nell’ultimo decennio sono cresciuti in maniera esponenziale i cosiddetti lavoratori atipici. Con questo termine si intende maggiore flessibilità del lavoro e contratti non abituali, diversi da quelli tradizionali del rapporto a tempo indeterminato e di quello autonomo.
In buona sostanza una pletora di figure non iscritte ad ordini professionali e che coprono vari settori professionali. Si va da professionisti del settore ambiente e sicurezza, dell’ICT (tecnologie dell’informazione e comunicazione), amministratori di condominio, designer, consulenti aziendali fino alle guide turistiche.
Ebbene dal 2008 al 2019 questa moltitudine di specialisti è aumentata dell’89%. Un tasso molto elevato a cui però vanno sottratti almeno 40mila liberi professionisti tra iscritti agli ordini professionali e non, che hanno perso l’attività per i Covid. E’ il quadro che emerge da una ricerca dell’Ufficio Studi di Confcommercio nell’ambito del convegno “#ProfessioniRestart, la ripartenza fra opportunità e criticità“.
A registrare un sostanzioso incremento sono le attività dei servizi alla persona, intendendo l’istruzione, l’assistenza sociale ed il tempo libero. Confcommercio per questi prestatori d’opera ha ribadito come sia necessario istituire l’equo compenso, politiche attive per la riqualificazione professionale, un welfare su misura e una maggiore conciliazione dei tempi vita-lavoro.
Sono circa 1 milione e 550mila coloro che si dedicano al lavoro autonomo professionale. Come ha affermato il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli:
“…Questo tipo di lavoro ha un influsso fortissimo sull’intero sistema economico-imprenditoriale – ha detto Sangalli – queste persone rappresentano degli input intermedi di conoscenza importanti per la qualità e la competitività dell’economia nazionale…Le professioni stanno cambiando, così come cambia il Paese…”.
Ma i lavoratori autonomi professionali sono soggetti fragili. Perché non sono in condizioni di pari dignità di status con le imprese, né con la Pubblica amministrazione. E nemmeno nella previdenza complementare, nel welfare e nella qualità della vita.
Senza dubbio la varietà delle prestazioni che offrono e le differenze al loro interno non consentono loro di avere una legittimazione come soggetto collettivo. Ma necessitano, comunque, di una buona regolazione normativa, pari condizioni di mercato, riconoscimento delle competenze e tutela sindacale. Per svoltare dopo la pandemia occorre una politica ad hoc per i lavoratori del settore che, in quanto tali, hanno competenze importanti per l’attuazione del PNRR.
A questo vanno aggiunte solide agevolazioni per il Piano Transizione la 4.0, la nuova politica industriale del Paese che ha abolito l’iperammortamento e il superammortamento, con lo stanziamento di 24 milioni di euro per gli anni dal 2001 al 2023 sotto forma di credito d’imposta per gli investimenti in innovazione sostenibile, ricerca, sviluppo e formazione.
Il convegno, inoltre, ha ribadito come la pandemia abbia dimostrato la necessità di ammortizzatori sociali in via strutturale, soprattutto per gli iscritti alla gestione separata dell’Inps. Infine, le politiche attive per la formazione e riqualificazione professionale devono essere rivolte anche ai lavoratori atipici, così come la garanzia al credito.
Una realtà in chiaroscuro, quindi, quella che è venuta fuori e che riguarda una consistente fetta di cittadini italiani, che meriterebbero grande rispetto da una politica che invece sembra trastullarsi nel solito teatrino. Adesso, infatti, è tutta concentrata sulle prossime elezioni del Presidente della Repubblica.
Pare che per i nostri rappresentanti istituzionali abbiano colto solo l’aspetto letterale della locuzione: lavoratore atipico. Ovvero, non classificabile e che non rientra in uno schema assunto come base di una classificazione.