Salvate il Tigray dal genocidio di Abyi

La situazione nella regione etiope che rivendica l’autonomia è gravissima. I tigrini invocano l’aiuto dell’Europa e quello dell’Italia, in particolare, che però ha stipulato diversi accordi economici con Addis Abeba. Intanto la guerra civile miete vittime ogni giorno e quando non sono le bombe a uccidere fame, sete e assenza di medicine fanno centinaia di morti.

Milano – Il popolo del Tigray scende in piazza contro il genocidio di cui nessuno parla. Una pulizia etnica vera e propria consumata a colpi di bombe, droni esplosivi e riducendo alla fame e alla sete i cittadini di una regione che non si piega al dittatore Abyi, premio Nobel per la Pace nel 2018.

La manifestazione davanti al Castello Sforzesco

Erano circa duecento i “Tigrini” che hanno manifestato stamane in piazza Castello contro il blocco totale posto in essere dal governo centrale di Addis Abeba. Una morsa letale che impedisce a chiunque, comprese le organizzazioni umanitarie e la stessa Oms, di portare soccorsi ad una popolazione ridotta alla disperazione e dove non si trovano farmaci, non ci sono medici, non c’è elettricità, né telefoni, niente giornali e men che meno rete internet.

L’Italia ha stipulato diversi accordi economici con il governo etiope, in buona sostanza riconoscendo l’operato del presidente Abyi Ahmed:”… Italia non sostenere l’Etiopiagridano i manifestantila Farnesina non ci ascolta né risponde ai nostri appelli…”.

La situazione è gravissima, da allarme rosso, ma l’interesse politico e non solo si è spostato verso l’Ucraina per via del possibile conflitto con la Russia ma come sono messi davvero i Tigrè, che in aramaico vuol dire “sotto il mio piede” ovvero schiavi da sempre?

Tedros Ghebreyesus

:”…Quello che sta avvenendo nella regione è un insulto alla nostra umanità. È terrificante e inimmaginabile – ha detto Tedros Ghebreyesus, direttore generale Oms ad Al Jazeera – che nel XXI secolo ci sia un governo che nega ai propri cittadini da oltre un anno cibo e medicine e quanto serve per sopravvivere. Il conflitto non può essere una scusa. Le vie umanitarie sono sempre state tenute aperte in ogni guerra”.

In quel macello di sangue e morte che è diventato il Tigrè non passa giorno che non ci siano attacchi aerei e bombardamenti con artiglieria pesante durante i quali muoiono decine e decine di civili innocenti. Probabilmente al presidente Abyi, a cui dovrebbe essere ritirato pubblicamente il premio Nobel, non va giù la coraggiosa resistenza dei tigrini che intendono, a qualsiasi costo, riacquistare la propria indipendenza.

L’invasione del Tigray, consumatasi come un’operazione di polizia ad opera del governo etiope, è incominciata nel novembre di due anni fa come spedizione punitiva contro i dirigenti della regione che avevano indetto le elezioni locali nonostante lo Stato centrale avesse deciso di rinviarle a causa della pandemia.

L’attacco, però, veniva respinto dai militari del Tigrè che, addirittura, avevano sfondato le linee avversarie avvicinandosi sempre di più ad Addis Abeba, grazie anche all’apporto degli alleati Amhara, altra etnia che rivendica la propria autonomia. Adesso il Tigray è in stato d’assedio. Mancano cibo e acqua e i morti non si contano più.

L’Europa sembra rimanere sorda al grido di dolore che si leva dal Tigrè. Ne dovrebbe rendere conto in sede ufficiale. Gli Stati Uniti, di contro, dicono di cercare la pace in Etiopia ma troppo timidamente. Non c’è più tempo.

Le ambulanze donate dalla Sea all’ospedale di Adua

Intanto da Milano sono partite quattro ambulanze donate dalla Sea, Società di gestione degli aeroporti lombardi, alla volta dell’ospedale salesiano di Adua, nella regione del Tigray, diretto da suor Laura Girotto. La clinica è l’unica rimasta operativa con medici e infermieri impiegati attualmente nel soccorso dei feriti.

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