Mentre Conte cerca adepti fra tutti gli schieramenti, Renzi gongola perché l'ex Pd sa che senza i suoi non si va da nessuna parte.
Roma – Conte invoca un governo di salvezza nazionale. Intanto continuano gli incontri e la lotta contro il tempo per convincere alcuni parlamentari a farsi risucchiare all’interno di un’eventuale maggioranza per il Conte ter.
Non è una partita facile, forse non è nemmeno una partita. Piuttosto il proseguo di una commedia il cui ultimo atto è imprevedibile. Infatti al di là di offerte, ricatti e lusinghe non si può ancora affermare se vi sarà o meno una maggioranza coesa.
Numeri certi che possano dare garanzie di stabilità ed efficienza. Intanto l’esplosione annunciata di nuove povertà, che stanno stritolando famiglie e imprese, rimane un problema da risolvere immediatamente e di cui la politica si deve occupare senza ulteriori indugi.
Purtroppo la crisi politica rallenta ritmi, programmi ed interventi, nonostante l’ordinaria amministrazione del governo. Così si susseguono vertici senza sosta, per serrare le fila e per evitare qualche nuova fuga tra i non pochi senatori che sentono traballare il loro scranno.
E che nell’alleanza con Lega e Fratelli d’Italia non si ri-trovano a proprio agio.
In ogni caso è nato un nuovo gruppo politico denominato “Europeisti-Maie-Centro democratico”. Ad annunciarlo in aula è stata la presidente del Senato, Elisabetta Casellati, che nel pomeriggio di ieri si è recata, insieme al presidente della Camera, da Sergio Mattarella.
Del neonato partito (che comunque non fa numero per il Conte ter) ne fanno parte il capogruppo Raffaele Fantetti, il vice Andrea Causin, a seguire Maurizio Buccarella, Adriano Cario, Saverio De Bonis, Gregorio De Falco, Maria Rosaria Rossi, Riccardo Merlo (sottosegretario agli Esteri), Tatjana Rojc e Gianni Marilotti.
Tutti e dieci i parlamentari, che pare già abbiano avuto qualche scaramuccia verbale, saranno ascoltati in queste lunghe consultazioni presidenziali. Manca però l’ex azzurra Sandra Lonardo che ha avuto da ridire sul simbolo della nuova aggregazione.
L’opposizione, comunque, che si recherà al Quirinale domattina, intende dare una immagine di unità. Salvini e Meloni stanno facendo di tutto pur di presentarsi, davanti al capo dello Stato, insieme a Forza Italia in un’unica delegazione.
Ma è unità di facciata, destinata a sgretolarsi qualora Mattarella dovesse constatare che non ci sono le condizioni per un reincarico a Giuseppe Conte. A quel punto è assai probabile che al secondo giro di consultazioni, ognuno salirà al Quirinale per conto proprio.
Gli obiettivi, peraltro, sono diversi tra i leader del centrodestra. Infatti mentre la Meloni e Salvini invocano elezioni, Berlusconi continua a ripetere, fino allo stremo delle forze che gli rimangono, che qualunque soluzione si assumerà dovrà essere condivisa dalla coalizione.
Ma sono dichiarazioni a cui non crede nemmeno il Cavaliere. Anche perché Il Berlusca ha faticato non poco per mantenere l’unità dei suoi gruppi parlamentari in questa fase delicatissima e sa bene che se dovesse scegliere di rimanere attaccato a Salvini e Meloni molti dei suoi non lo seguirebbero.
La ragione è semplice: almeno due terzi degli attuali 140 tra deputati e senatori di Forza Italia sarebbero destinati, in caso di ritorno alle urne, a restare fuori dal Parlamento. E non solo perché i sondaggi danno il partito del Cavaliere molto più distante da quel 14% raggiunto nel 2018, piuttosto perché nel frattempo è intervenuta la riforma che taglia il numero degli eleggibili.
Salvini, infatti, per tentare di convincere il leader di Forza Italia a seguirlo fino in fondo, ha anche detto, urbi et orbi, di essere pronto a sostenere la candidatura di Berlusconi al Quirinale. Su questo endorsement, però, la Meloni tace. La verità è che l’unità del centrodestra è appesa ad un filo: il successo di Conte.
Qualora “l’avvocato del popolo” non dovesse farcela, si aprirà un altro proscenio nel quale il centrodestra, stavolta, è destinato a fare da primo attore proprio per le sue divisioni. Del resto non sarebbe certo la prima volta. Anche due anni fa, dopo le elezioni, alle consultazioni Salvini, Meloni e Berlusconi salirono assieme al Quirinale.
Nelle settimane successive, però, il leader della Lega Salvini imboccò la strada del Quirinale da solo, quasi alla chetichella, per dare il suo benestare al governo Conte 1 con l’amico Luigi Di Maio, poi finito come sappiamo.
Comunque ancora “lavori in corso” per rafforzare il gruppo dei “restauratori”. Ma a tutt’oggi nessun valore aggiunto, anzi. Senza un eventuale apporto di Italia Viva i numeri per un governo solido non ci sono ancora dunque non c’è tempo da perdere e Conte lo sa bene.
Tra strategie e tattiche di guerra si cerca di capire la consistenza reale dei consensi, soprattutto in casa dei moderati. In sostanza lo sgretolamento dei gruppi definiti centristi è dietro l’angolo. Al momento non si muove foglia: tutti sono affacciati alla finestra come se il Paese fosse nelle migliori condizioni.
Se Renzi dovesse rientrare in pista la maggioranza potrebbe contare su almeno 171 voti. Inoltre vi è la necessità di organizzare a un nuovo gruppo anche alla Camera, sempre per puntare a un riequilibrio nelle commissioni. I Vescovi esortano, invece, a trovare unità d’intenti e mostrano “preoccupazione per la tenuta del Paese”, messo a durissima prova da una pandemia ormai sfuggita di mano.
Gli alti prelati chiedono a tutte le forze in campo di lavorare per ricucire il tessuto sociale lacerato. C’è reale inquietudine per il destino del Paese, ripete ancora la Conferenza episcopale italiana per bocca del cardinale Gualtiero Bassetti.
In questa fase cruciale per il presente ed il futuro dell’Italia è emersa l’urgenza di un’opera di riconciliazione che sappia sanare le diverse fratture che la pandemia ha provocato sul territorio nazionale. Una vera e propria aggressione sociale che ha colpito tutte le fasce della popolazione, in particolare i più “vulnerabili e gli ultimi”. Non c’è da essere ottimisti.
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