Il periodo terribile che stiamo attraversando passerà soltanto con una generale assunzione di responsabilità, oltre che con la somministrazione dei vaccini. Mollare adesso non ha senso. Mascherine e distanziamento per tutti ma è meglio rimanere in casa.
Roma – Italia rossa ed arancione, senza altri colori in prospettiva a breve scadenza. E’ passato un anno dall’inizio della pandemia e niente sembra essere cambiato. Neppure il tempo di assorbire la seconda ondata e già aspettiamo la terza con le varianti che impazzano e che ci cadono in testa dal Brasile, dal Sudafrica e dalla “perfida Albione” che dopo avere chiuso tutto per Natale e nei mesi successivi pare avere superato l’emergenza.
Il governo di Mario Draghi come quello di Giuseppe Conte, se prima erano tutti pronti ad attaccare l’esecutivo per le oggettive limitazioni alla libertà di movimento oggi anche il capitano Salvini, convertito all’europeismo, resta in silenzio e solo Giorgia Meloni, ormai unico leader dell’opposizione, alza la voce e protesta.
Ci aspetta la seconda Pasqua consecutiva da reclusi in casa, senza gite al mare e pranzi con i nostri parenti, con l’unica consolazione della colomba e dell’uovo di cioccolato. Ma chi è causa del suo male non pianga troppo perché il nostro comportamento durante gli ultimi mesi non è certo stato ineccepibile.
A iniziare da quei ristoratori che si sono lamentati in continuazione ma quando sono rimasti aperti si sono ben guardati dal rispettare le distanze fra i tavoli o dal limitare l’accesso nei loro locali al numero di persone previste dal regolamento. Per non parlare dei clienti che una volta seduti hanno sempre tolto la mascherina, discorrendo liberamente senza curarsi di osservare le regole.
E che cosa dire poi di coloro che durante i fine settimana gialli e arancioni hanno affollato le vie dello shopping in tutta Italia come se nulla fosse accaduto fregandosene del morbo che dilaga a più non posso. E parliamo anche di movida, ovvero di quei giovani che tra Giugno e fine Ottobre 2020, quando la vita sembrava tornata normale, si radunavano in gruppi sempre più numerosi nei centri storici cittadini, gli uni accanto agli altri, senza indossare la mascherina.
E qualcuno forse dimentica ancora le scorse vacanze estive durante le quali tantissimi ragazzi sono partiti per la Spagna e la Grecia, ballando sino all’alba privi di protezioni e contagiando, una volta a casa, nonni e genitori costretti poi a forzate quarantene quando non a ricoveri d’urgenza in ospedale.
Questo è il Bel Paese. L’Italia del bar dello Sport di Lino Banfi e Jerry Calà. Il Paese del volemose bene e tiramo a campà. La nazione dove però ci sono stati più morti che altrove e dove il virus dilaga senza che ce ne accorgiamo. E’ necessario un bell’esame di coscienza, altro che liberi tutti.
Si fa presto a protestare quando tutti noi, con comportamenti irresponsabili ai limiti dell’imbecillità, abbiamo contribuito a diffondere la pandemia rendendo vani i tentativi per contenerla. Non ci resta che il vaccino, ma anche qui sono dolori. Troppi gli intoppi burocratici e gli errori in primis dell’Unione Europea che cosi paga la sua dabbenaggine negli accordi con le case farmaceutiche.
I vaccini funzionano e se verranno dispensati a tutti fra qualche mese potremo ipotizzare al tanto sospirato ritorno alla normalità. Poi dovremo pensare a leccarci le ferite possibilmente con un altro governo. Di quelli che un tempo venivano eletti dal popolo durante certe attività politiche che si chiamavano elezioni.
Cerchiamo di arrivarci in salute. Non c’è alternativa.
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