ROMA – E’ RIMASTO SOLO: LUIGI DI MAIO CONTRO I SUOI PEONES CHE VOTERANNO NO.

Una battaglia che vede il fronte del No superare quello del Si proprio all'interno del partito che aveva promosso, anche idealmente, il referendum. Ma la casta è casta, anche fra i Grillini dissidenti.

Roma – Per il M5S il referendum del 20 e 21 settembre sul taglio del numero dei parlamentari è la madre di tutte le battaglie anti-casta. Così come lo era per Renzi. Eppure, nel 2016, pur essendo una battaglia riformatrice non fu condivisa, anzi addirittura osteggiata, in primis dagli stessi Grillini. Certamente si doveva bloccare un Presidente del Consiglio che stava andando a rinnovare e trasformare punti nevralgici della Costituzione. Pertanto doveva essere evitata la vittoria del “Si” al referendum del 4 dicembre 2016, in quanto numerosi fra senatori e deputati sarebbero scomparsi dagli emicicli dei palazzi.

Allora nel referendum costituzionale, Boschi-Renzi, aveva trionfato il No con quasi il 60% dei suffragi. Oggi, all’approssimarsi della fatidica data, anche nel Movimento 5 Stelle iniziano ad emergere posizioni di chiaro dissenso con diversi parlamentari ormai favorevoli al No in maniera palese. Gli stessi che ieri avevano sposato il Si e che, anni prima, si erano schierati per un altro No. Insomma la farsa continua. Non c’è da meravigliarsi, c’è solo da prenderne atto. Ha fatto discutere il post della deputata Elisa Siragusa la quale, rilanciando un video di Danilo Toninelli contro la vecchia riforma costituzionale targata Matteo Renzi, ha bocciato anche quella nuova reiterando il suo pensiero:

Renzi e Boschi.

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“…Le motivazioni principali del Sì, si basano sulla riduzione  dei costi – ha scritto Siragusae sulla maggiore efficienza del Parlamento… Ridurre la rappresentanza parlamentare per risparmiare un caffè all’anno non ha senso, come ben spiegato proprio dall’ex Ministro Toninelli in occasione del passato referendum… Per migliorare l’efficienza bisognerebbe rivedere innanzitutto i regolamenti di funzionamento delle Camere…”.

Così il fronte del No, interno al M5S, è molto più ampio di quanto possa apparire pubblicamente. D’altronde se la logica ancora ha un senso, analizzando le posizioni dei Grillini nel 2016 con quelle attuali, proprio il fronte del No sarebbe quello più coerente. Stanno venendo fuori, in ogni caso, tutte le contraddizioni di una battaglia che allora, come adesso, non era e non è ideale e rinnovatrice. Ma consiste solamente in uno scontro e lotta di potere.

Elisa Siragusa

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Andrea Vallascas e Andrea Colletti sono altri due Grillini per il No: “…Il vero problema è che la riforma è stata pensata e strutturata male. Il taglio dei parlamentari si doveva fare in altro modo, ovvero senza andare a ledere la rappresentatività del Parlamento...”. La prima cosa da fare è rispettare alcune garanzie, prima fra tutte la rappresentanza territoriale. Mancando questa incombe il deficit democratico. In ogni caso tutte le forze politiche presenti in Parlamento, che pure hanno votato quasi all’unanimità in Aula per la riduzione, sono attraversate da tormenti e divisioni.

Luigi Di Maio: solo contro i Grillini dissidenti…

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Così ad un mese dal referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari, l’unico leader politico che davvero sembra puntare sulla vittoria del è Luigi Di Maio, che ha iniziato un tour nelle piazze del Paese per sostenere le ragioni del voto a favore della sforbiciata. La verità adesso venuta a galla. La battaglia referendaria si incrocia pericolosamente con le eterne questioni irrisolte nel gruppo parlamentare del M5S. Nonostante, per esempio, fosse stata decisa una sorta di moratoria sulle espulsioni, per paura di nuove fughe alla Camera e soprattutto al Senato, sul tavolo dei probiviri sono finiti solo cinque nomi.

Una stella in meno…Di Maio?

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Si tratta dei deputati Andrea Colletti, Mara Lapia, Elisa Siragusa e Andrea Vallascas e dell’europarlamentare Marco Zullo. Sono, guarda un po’ il caso, gli eletti Grillini che hanno espresso il loro No al referendum sul taglio dei parlamentari. In effetti i vertici temono l’escalation di uscite pubbliche contro la linea del partito ed allora pensano di correre ai ripari con sanzioni, per dare l’esempio. Anche Angela Foti, ex 5S siciliana, attualmente vice presidente all’Ars, bacchetta aspramente i suoi ex compagni di partito:”…E’ uno dei falsi miti – scrive sui social Foti – con il quale si manipola l’ingenuo sostenitore del Sì al referendum… Questo perché basterebbe una legge, non una riforma costituzionale, per far decidere ai cittadini chi avere come rappresentante. Per abbassare i costi basta una riduzione dell’ordine del 10/15% degli “stipendi” per ottenere maggiori risparmi senza compromettere la rappresentatività dei territori…”.

Angela Foti

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Ma matura sempre più, tra i “peones“, l’insofferenza per una legge che renderebbe impossibile la rielezione e altamente improbabile la ricandidatura. Secondo Carlo Calenda, leader di Azione, la vera casta è chi arriva in parlamento senza alcuna competenza, imbroglia gli elettori sul doppio mandato e demolisce le istituzioni con la complicità degli alleati di governo. Come non dargli ragione?

Don Matteo è per il Si, forse.

Del resto tutti i partiti presenti in Parlamento, che pure hanno votato quasi all’unanimità per il taglio, sono attraversati da dubbi e perplessità. A partire dal centrodestra. La Lega ha votato a favore del taglio dei parlamentari. Matteo Salvini ha schierato ufficialmente il partito per il al referendum. Ma la linea è di basso profilo, anche perché il drastico ridimensionamento degli eletti si porterà dietro pesanti malumori a non finire tra deputati e senatori esclusi. In particolare modo in Lombardia. Insomma tutti per il SI, ma si lavora per il NO.

 

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