Quando si parla di toghe e di nuove norme che potrebbero ledere gli interessi ormai consolidati sono dolori. La riforma Cartabia non sembra granché nemmeno per numerosi magistrati che ne contestano diversi aspetti. Vedremo che cosa accadrà il prossimo 19 aprile quando approderà alla Camera la riforma dell’organo di amministrazione della giurisdizione che mantiene incandescenti gli animi.
Roma – Legge sulle toghe, anno zero. Sono anni che si invoca una riforma della Giustizia ma da quando sono venuti a galla diverse scandali giudiziari riguardanti magistrati il terreno è diventato più scivoloso del solito. Soprattutto quando si parla di Csm e fascicoli personali.
Pare che il 19 aprile approderà alla Camera la riforma dell’organo di amministrazione della giurisdizione e gli animi sono accesi, anzi incandescenti. Tale surriscaldamento sarebbe da addebitare alle considerazioni sui diversi punti nodali che stanno ingarbugliando le decisioni dei diversi schieramenti politici. Si parla, infatti, di blindare il testo con la fiducia.
Per i primi undici articoli si discute ancora e animatamente ma a pelle pare che un accordo sia possibile. Almeno per quanto riguarda il ruolo degli avvocati nei consigli giudiziari che avranno pieno diritto di voto. Ma è proprio sulla questione dei magistrati fuori ruolo che arriva il disaccordo con la ministra. Insomma gli interessi sono tanti e provengono da più parti.
Temi caldi ed ancora insoluti rimangono sia la questione della Legge elettorale e del sorteggio ma anche la decisione sulla separazione delle funzioni, che sarà oggetto del prossimo referendum.
La risposta, invece, a cui molti guardano con attenzione riguarda la risoluzione alla questione delle “degenerazioni” del correntismo, termine tante volte citato dal Capo dello Stato, che ha assurto gli onori della cronaca con il cosiddetto caso Palamara. Ebbene in questi casi pare che nella futura legge sarebbe stata concordata una soluzione anti-inciuci, affinché gli incarichi vengano assegnati sotto l’egida della trasparenza e secondo un ordine cronologico.
In sostanza per evitare, come avveniva prima, le nomine a pacchetto ovvero per eludere che le varie correnti si mettano d’accordo, distribuendo gli incarichi tutti insieme, determinando in tal modo una lottizzazione del potere giudiziario che cosa si fa?
Si ricorre ad un metodo “ballerino” che non elimina del tutto l’ingerenza delle correnti ma legittima un percorso che nella sostanza si potrebbe non discostare da quanto avveniva prima. Si è pensato allora di inserire nella riforma il criterio cronologico, coprendo i posti quando si rendano necessari.
Come se gli accordi anziché a valle non si possano prendere a monte. Cioè quando si determina la cronologia dei possibili incarichi, senza peraltro escludere che la graduatoria possa scivolare per l’assunzione di incarichi di diverso profilo o sede.
Insomma pur comprendendo che comunque ci si debba affidare ad un criterio e, soprattutto, alla lealtà dei componenti, non sembra che tale proposta rappresenti una garanzia di assoluto cambiamento e che tenga conto del profilo professionale azzerando cosi il probabile gioco delle correnti. Ovviamente compromettendo in particolar modo l’autonomia della magistratura assicurata dalla Costituzione.
“…Si è davanti ad una riforma gattopardesca per quanto riguarda le novità da introdurre sul sistema elettorale del Csm – afferma il magistrato Nino Di Matteo – che sembra voler cambiare ma in realtà non cambia nulla. Se lo scopo deve essere di depurare il Csm dall’influenza delle correnti, il sistema elettorale che è stato proposto con la riforma è assolutamente inidoneo allo scopo…”.
L’ex Pm, a tale proposito, aggiunge anche che “…Per evitare che i componenti del Csm vengano scelti dai gruppi associativi, l’unico rimedio veramente efficace, in questo momento, potrebbe essere quello del sorteggio di una platea di candidabili all’interno dei quali poi gli elettori scelgono chi votare…”.
Tale ultima proposta appare non solo debole ma anche inefficace. Oltretutto quando si ricorre alla “sorte” per stabilire incarichi o trasferimenti rendendo fragile il sistema, oltre ogni ragionevole dubbio. Teoricamente lo stesso sistema del sorteggio potrebbe utilizzarsi per ogni nomina della burocrazia statale. Ma sarebbe la fine del merito. Già messo a dura prova nel Paese del Trallallero.