Il sovraffollamento delle carceri è un problema serio tanto che l’Italia ha fatto l’ennesima figuraccia davanti al Consiglio d’Europa che ha richiamato all’ordine il Bel Paese. Poi c’è il problema energetico che l’UE intende affrontare con i propri mezzi a costo di non chiedere più nulla alla Russia che, nel frattempo, chiude i rubinetti a Varsavia e Sofia. E minaccia di lasciare senza gas tutti i Paesi ostili.
Roma – Il Consiglio d’Europa richiama l’Italia all’ordine e al rispetto delle regole. L’organismo internazionale ha bocciato più volte il sistema carcerario italiano. Da almeno tre anni al quinto posto tra i Paesi UE per sovraffollamento delle celle. Una situazione che rimane invariata con una media di 105,5 detenuti per 100 posti. Da qui il nuovo monito rivolto a tutti gli Stati europei a causa del grave problema che persiste nelle case di reclusione ormai traboccanti di detenuti in sovrannumero.
L’invito è “…Affrontare questo problema con determinazione…”. Per chi non ha una soglia massima al numero di detenuti in ogni istituto penale si invita a fissarne uno, per chi ha già stabilito un limite massimo l’invito è quello di rispettare rigorosamente i parametri fissati per legge. In sostanza bisogna operare una revisione delle capacità delle celle e le misure alternative alla detenzione. Queste sono le iniziative che potrebbero farci uscire dal paradosso per cui detenuti e persone in custodia vivono in condizioni contrarie alla legge.
Una sfida anche per il governo Draghi, considerato il nuovo ceffone in piena faccia. D’altronde l’Italia ha da sempre un numero superiore di persone in carcere rispetto ai posti letto disponibili nelle case circondariali. I numeri del Ministero della Giustizia, aggiornati al 31 marzo 2022, certificano che a fronte di 50.853 posti regolamentari da nord a sud della Paese, i posti occupati sono 54.609. Ci sono dunque quasi quattromila detenuti in più di quello che l’Italia può permettersi, in una consapevole violazione dei suoi stessi standard.
Nel frattempo, Polonia e Bulgaria sono nel mirino dei russi. Gli effetti della guerra si riversano su Varsavia e Sofia. Sono i primi due Paesi UE ad aver subìto un taglio totale ai propri approvvigionamenti energetici da parte di Mosca a causa del loro rifiuto di pagare in rubli. Si tratta anche della prima grande ritorsione da parte del Cremlino per i cinque pacchetti di sanzioni varati dall’UE da fine febbraio per l’aggressione all’Ucraina. Mosca, in questo modo, usa le forniture energetiche come strumento di pressione sull’UE per la forte dipendenza che i Paesi dell’Unione hanno nei confronti degli idrocarburi russi. Nel 2021 l’UE ha comprato complessivamente dalla Russia il 45% del suo gas importato e oltre il 27% del petrolio raffinato.
La Commissione Europea ha convocato con urgenza il gruppo di coordinamento sul gas, con i rappresentanti di tutti i ventisette Stati membri, per trovare una risposta unitaria alla crisi. Bruxelles ostenta sicurezza ed afferma che lavora da mesi anche su scenari drastici di questo tipo e di essere preparata a tagli totali da parte del Cremlino, in special modo attraverso riserve strategiche e diversificazione dei fornitori di energia. In sostanza il gruppo di coordinamento è talmente pronto a dare risposte adeguate da essere ancora alla ricerca di una “risposta coordinata dell’UE”, mentre continua il lavoro per diversificare i fornitori internazionali per garantire flussi alternativi di energia.
Si ricorda che a fine marzo Putin ha firmato un decreto per cambiare le regole sui pagamenti delle forniture di gas ai “Paesi ostili” alla Russia,ovvero tutti i Paesi occidentali, obbligando la Banca Centrale a convertire in rubli tutti i pagamenti effettuati in euro e in dollari. I governi UE si sono categoricamente rifiutati di pagare il gas direttamente in rubli, appellandosi al fatto che il 97 per cento dei contratti già in essere dicano espressamente che le forniture devono essere pagate in euro o dollari, ma non in valuta locale. Intanto l’aumento del costo della vita dal punto di vista economico e sociale è divenuto un problema serio a cui porre riparo.