REGGIO CALABRIA – ‘NDRANGHETA STRAGISTA, L’OMBRA DEL CAVALIERE.

Quelli del Tribunale di Reggio Calabria sono importanti passi in avanti nella prospettiva di ricostruire la verità. Intanto nella prossima udienza ci saranno le arringhe degli avvocati mentre la tappa successiva sarà il 21 luglio, in serata forse la sentenza.

Reggio Calabria – Ci sono voluti tre anni di processo e centinaia di testimonianze ma alla fine il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri ha chiesto la condanna all’ergastolo per il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e per Rocco Santo Filippone, ovvero colui che dagli uomini della Dda viene considerato un esponente della cosca Piromalli di Gioia Tauro. Presente in aula anche il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho. Gli imputati, nel corso del processo ‘Ndrangheta stragista”, sono stati identificati come mandanti dell’omicidio dei due carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, morti ammazzati il 18 gennaio del 1994 sull’autostrada Salerno-Reggio. Non solo, Graviano e Santo Filippone sarebbero coinvolti anche in due ulteriori tentativi di strage nei confronti delle Forze dell’Ordine. In particolare il boss di Brancaccio avrebbe pianificato il cosiddetto “attentato dell’Olimpico” che per mera fortuna ovvero il malfunzionamento del telecomando non avrebbe avuto seguito.

L’attentato fallito per un provvidenziale guasto tecnico.

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Nel ’93, in prossimità del calcio d’inizio di Roma-Udinese, una Lancia Thema imbottita di tritolo sarebbe dovuta esplodere al passaggio degli autobus di servizio che trasportavano i militari del servizio d’ordine. Se non fosse stato per un guasto tecnico la deflagrazione dell’ordigno avrebbe provocato un eccidio, un ulteriore colpo inflitto dalla criminalità allo Stato.

Giuseppe Graviano, il boss di Brancaccio.

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Forse decisivo, come scrivono i giudici della Corte d’Assise di Palermo che hanno celebrato il processo sulla Trattativa, considerato che sarebbe giunto poco dopo le più conosciute stragi del ’92.

Rimangono ancora molte ombre su quella che sarebbe stata una tra le più cruente stragi della storia italiana. A tal proposito non è passato inosservato il quesito posto dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo durante un suo intervento. Lombardo si è domandato se tra la fretta di Gravino nel portare a termine l’attentato e la prossima scesa in campo politica di Silvio Berlusconi, che sarebbe avvenuta una settimana dopo, non vi fosse una qualche sorta di collegamento. D’altronde già il processo sulla trattativa tra cosa nostra e apparati deviati dello Stato aveva evidenziato il coinvolgimento di politici nella questione. Si veda il caso Dell’Utri. A dir la verità, però, Berlusconi sarebbe stato tirato in mezzo dallo stesso Gravino. Il boss alludendo ai legami tra criminalità e imprenditoria milanese avrebbe fatto il nome del Cavaliere in varie occasioni.

Federico Cafiero De Raho.

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Quelli del Tribunale di Reggio Calabria sono importanti passi in avanti nella prospettiva di ricostruire la verità su quei giorni. Intanto nella prossima udienza ci sarà spazio per le arringhe degli avvocati mentre la tappa successiva sarà il 21 luglio, quando la Corte d’Assise, presieduta dal giudice Ornella Pastore, teoricamente dovrebbe ritirarsi per emettere la sentenza di primo grado.

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