CORSICO, BUCCINASCO E CESANO BOSCONE, IL TRIANGOLO DELLE ‘NDRINE DOVE LA DROGA SCORRE A FIUMI.

Avere sottovalutato la presenza della 'ndrangheta in Lombardia ne ha permesso sviluppo e rafforzamento in tutti i settori della devianza. Clan e 'ndrine si sono radicati nel tessuto produttivo della Regione minacciando le attività commerciali lecite e le imprese. Le operazioni di contrasto non debbono dare tregua ai criminali.

Milano – Una vasta operazione antidroga è stata sferrata dalle forze dell’ordine lombarde, con l’intento di sgominare l’attività di spaccio attiva tra Corsico, Buccinasco e Cesano Boscone. L’operazione, oltre a raffigurare un’impresa in termini di risultato, ha dimostrato ancora una volta come la ‘ndrangheta opera in maniera disinvolta alle porte di Milano in particolare, in generale in tutta la regione. Nello specifico la piazza in questione sarebbe gestita dalla ‘ndrina Barbaro-Papalina, originaria di Platì, ma trapiantata nell’hinterland milanese da parecchi anni.

A guidare gli inquirenti a colpo sicuro ci sarebbero state le confessioni di un collaboratore di giustizia. I carabinieri eseguito cosi 17 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettante persone, accusate a vario titolo di detenzione di armi clandestine e di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, in particolare cocaina e marijuana.

Corsico, punto nevralgico della ‘ndrangheta calabrese autoctona.

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In carcere sono finiti in dieci, mentre cinque persone sono state obbligate ai domiciliari e per altri due è stato imposto l’obbligo di firma in questura. Solamente per due degli indagati è stata contestata l’aggravante del metodo mafioso.

L’operazione di polizia, denominata ‘Quadrato 2’, è la continuazione di un’indagine avviata nel 2018 e coordinata dalla Dda di Milano, grazie alla quale erano stati arrestati quattro fratelli della famiglia Barbaro: Antonio, Francesco, Giuseppe e Salvatore, tutti nati a Locri. All’epoca, i carabinieri della Compagnia di Corsico, diretti dal capitano Pasquale Puca e dal tenente Armando Laviola erano partiti dal basso, da un semplice arresto per spaccio di un piccolo pusher e dalle denunce sporte dalla gente perbene che abitava e continua ad abitare il quartiere.  Un lavoro durissimo, che venne riconosciuto anche dal capo della Dda di Milano Alessandra Dolci, da lPm David Monti e dal magistrato inquirente della Dda Stefano Ammendola. Al termine di quella prima operazione, Francesco e Antonio Barbaro vennero condannati rispettivamente a 12 anni e 8 mesi e a 8 anni di reclusione con l’aggravante mafiosa, mentre Salvatore Barbaro si era beccato una condanna a 6 anni e 8 mesi. Adesso, con la seconda fase dell’operazione, il comparto antimafia milanese ha dato un ulteriore segnale di presenza sul territorio.

Le operazioni contro la ‘ndrangheta continuano in tutta Italia

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Sicuramente il successo dell’inchiesta non deve generare facili entusiasmi. La presenza della ‘ndrangheta in Lombardia continua ad essere non solo un fenomeno diffuso, ben radicato da oltre mezzo secolo, ma anche in continua e regolare ascesa. Da quanto emerge dalle ultime ricostruzioni effettuate da polizia, carabinieri e finanzieri, il clan dei Mancuso opererebbe nella zona di Monza, mentre quello dei Piromalli-Aracri su Cremona. Il cuore della capitale finanziaria italiana sarebbe invece sotto il controllo degli Arena-Nicosia, dei Rispoli e dei Novella. I De Stefano e i Pesce opererebbero su Como e dintorni mentre i Morabito su Varese e provincia. Un mosaico della criminalità calabrese e non solo che vede sempre di più la Lombardia come cuore pulsante di traffici illegali tra cui spiccano droga, appalti, riciclaggio, pizzo ed estorsioni.

Eroina e cocaina tengono banco nel mercato dello spaccio.

Uno dei problemi maggiori della lotta alla ‘ndrangheta nel Nord Italia è stato quello di ignorarne la presenza specie da parte di una certa politica poi rivelatasi collusa e connivente. Le mafie infatti sono state relegate prettamente ad una dimensione meridionale. Ciò ha fatto sì che i vari clan potessero penetrare nel tessuto produttivo locale, stringere rapporti con la politica e rinsaldare i propri legami tra clan e sodali: 

“… La ‘ndrangheta è presente da decenni in tutta Italia – ha detto più volte Nicola Gratteri – e nel Nord si comporta esattamente come in Calabria. Ma c’è stata un’enorme sottovalutazione. Per troppo tempo, addetti ai lavori, giornalisti, persino magistrati, alcuni in buona altri in cattiva fede, hanno parlato di una mafia di pastori e sequestratori. Non è così almeno dagli anni Settanta…”.

Nicola Gratteri

L’operazione contro il clan Barbaro-Papalina, intanto, è stata eseguita proprio in concomitanza del maxiprocesso “Banco Nuovo-Cumps” che si sta svolgendo davanti al Tribunale di Locri contro alcuni esponenti delle ‘ndrine operanti tra Africo e Bruzzano Zeffirio. A fare scalpore sono state le dichiarazioni del prezioso collaboratore di giustizia Maurizio Maviglia (detto Lupin) che, davanti alla Corte, ha spiegato come le ‘ndrine del vibonese avessero studiato un piano per uccidere Nicola Gratteri da diverso tempo. Almeno dal 2016. E non è improbabile che ci stiano pensando ancora. 

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